Ammettiamolo: i contenitori di plastica per alimenti ci hanno facilitato la vita. Non c’è niente di più comodo di una vaschetta leggera leggera e con la chiusura ermetica in cui adagiare le nostre amate pietanzine per conservarle in frigo o portarle al lavoro. Prima di tanta inventiva c’era il vetro, che pesa e si rompe facilmente (e taglia), per cui a nessuno (finora) è mai venuto in mente di mettere in discussione le vaschette di plastica per alimenti. Mai. Eppure (già immaginate dove si sta andando a parare) forse saremo costretti a farlo adesso, e in modo molto drastico. Eh sì, sempre più ricerche confermano che tutta questa plastica nella nostra vita è troppa, e soprattutto non sappiamo se – e quando ne vedremo le conseguenze anche sul nostro corpo, oltre che nell’ambiente. Un recente articolo su Vox ha cercato di lanciare un allarme consapevolezza: “Considera ciò che hai mangiato oggi. Forse hai bevuto del succo di frutta da una bottiglia di plastica e del caffè fatto con una capsula di plastica. Per colazione, potresti aver mangiato yogurt. La tua insalata a pranzo potrebbe essere stata confezionata in un contenitore di plastica”, attacca già all'inizio. Ed è vero. Ma quindi?

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L’articolo spiega che tutte queste vaschette che contengono i nostri cibi sono fabbricate in policarbonato, che può rilasciare prodotti chimici bioattivi come il bisfenolo A (BPA) e gli ftalati, soprattutto se il cibo è caldo. Già da tempo è molto discusso il problema delle microplastiche nell’acqua, rilasciate probabilmente dai tappi delle nostre bottiglie (li smaltiamo come fibre? Chi lo sa... ), ma in questo caso le sostanze cedute dai contenitori per alimenti in plastica trasparente hanno un effetto un po’ più preoccupante. Bisfenolo e ftalati, infatti, possono interferire con la nostra produzione di ormoni, perché li “imitano”, ingannando l’organismo e mettendolo in crisi. Le conseguenze potrebbero ripercuotersi sulla ghiandola tiroidea e nella produzione di testosterone, egualmente importanti per uomini e donne. Come porre rimedio? Non è chiaro. Ognuno di noi usa la plastica in quantità e modi diversi, gli effetti cambiano anche a seconda dell’età di chi assume queste sostanze, ma secondo Vox Tom Neltner, il direttore del Fondo per la difesa ambientale, col consumo anche a basse dosi: “qualsiasi organo o sistema in sviluppo nel feto o nel bambino potrebbe essere alterato in modo significativo”. E non è una bella notizia.

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L’unica soluzione, intanto, è quella di limitare il più possibile l’uso di contenitori in plastica per alimenti e di farlo responsabilmente. Ad esempio, evitando di versarci dentro il cibo quando è ancora caldo e riducendo al minimo indispensabile la necessità di scaldare il pranzo nel microonde direttamente nel contenitore ermetico, meglio trasferirlo prima in un piatto di ceramica o di vetro. Esistono anche i portavivande in vetro che, sì, pesano un po’ di più, ma almeno non sono a rischio. Per quanto riguarda i bambini, l’Accademia Americana di Pediatria sta consigliando alle famiglie oltreoceano di evitare il più possibile che i bambini assumano troppi cibi conservati nella plastica, oltre all’incoraggiare le donne in gestazione a usare il vetro, dato che l’influenza di questi falsi ormoni può riguardare anche i feti. In generale, l’errore da non fare mai (MAI) è di sottovalutare un problema solo perché non ne vediamo subito gli effetti, come per una puntura di ape. Perché se e quando gli effetti negativi compaiono, resta solo una bella gatta da pelare che ci saremmo evitati volentieri (ma è troppo tardi).