Cosa contiene il formaggio industriale, quello confezionato nel banco frigo del supermercato, quelli che vediamo da sempre nelle pubblicità, che hanno un logo e un nome pop tutto per loro? E che dire di un tour negli States con pit-stop nei loro supermercati dove forme sottovuoto di formaggio millantano la scritta "mozzarella" ma la mozzarella non la ricordano nemmeno lontanamente? In linea di massima, a parte i negozietti di delicatessen che espongono tomini e pecorino romano come se fossero preziosissimi, i formaggi americani sono squadrati, facilmente affettabili, fondono molto nei toast bollenti, sono uniformi e lisci come il marmo e in qualche supermercato cominciano a spuntare anche da noi questi strani mutanti dell’amata caciotta. Secondo Michael Tunick, un chimico alimentare intervistato da Insider, autore del libro The Science of Cheese, questo prodotto si ottiene con i formaggi scaduti e ritirati, triturati insieme a formaggio fresco, addizionati con un emulsionante che aggrega le briciole in modo uniforme e lavorati in modo da fondere facilmente. Detto così è allarmante ma la Food And Drug Administration, il potente organo americano che si occupa della salubrità degli alimenti, non lo ha mai vietato da quando questo procedimento è stato brevettato dopo la Seconda Guerra Mondiale da J.L. Kraft (sì, il signor Kraft). Per cui, tutto bene?

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In Italia invece, come funzionano le cose? Cosa c’è dentro i formaggi non tradizionali? La biologa nutrizionista Chiara Usai ci aiuta a chiarire un po’ le idee sull’albero genealogico dei formaggi industriali, tanto amati come ripieno dei toast, e le loro parentele con quelli genuini del pastore. “Prendiamo in esame tre tipi molto comuni di formaggi industriali senza citare le marche: i formaggini, le fettine e gli spalmabili. I primi due rientrano nelle categorie dei cosiddetti formaggi fusi. I formaggi fusi non sono altro che elaborazioni di “scarti”, intesi come formaggi difettati, formaggi in scadenza, scarti vari di latticini che vengono lavorati assieme in un processo industriale abbastanza complesso e abbastanza lungo; basta leggere gli ingredienti di uno di questi prodotti e confrontarlo con i formaggi veri per accorgersi delle differenze”.

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Quando si parla della lavorazione di questi prodotti pop si sente parlare spesso dei temuti polifosfati, ma cosa sono i polifosfati, esattamente? “In questi formaggi ci sono polifosfati e citrati che sono dei sali usati durante la lavorazione di cui parlavamo prima e che servono a dare al prodotto finale la consistenza voluta, aumentando la percentuale d’acqua che viene trattenuta in modo da renderlo più filante quando si scalda. In effetti non possiamo dire che siano degli ingredienti entusiasmanti. Il vero formaggio è fatto di latte e caglio, a volte sale, e si ottiene con una lavorazione molto più semplice. I polifosfati e i citrati, invece, aumentano il contenuto di sodio nel prodotto finito. Tanto additivi, tanti ingredienti, il latte che in genere per i prodotti industriali non è eccelso, determinano inevitabilmente una qualità più bassa dell’alimento e non è possibile considerarlo particolarmente salubre, anche se a volte venga reclamizzato come sano, adatto ai bambini. Io, sinceramente, ai bambini non darei i formaggini”.

Per quanto riguarda invece i formaggi cremosi spalmabili, sì, come quello col nome di una città americana che ormai vanta un gran numero di imitazioni ben riuscite? "Il discorso è diverso. Il formaggio spalmabile richiede una lavorazione completamente diversa da quelli fusi. Si tratta di latte pastorizzato addizionato di panna, a cui si aggiunge il cosiddetto starter batterico, o biologico, con cui si avvia il processo di preparazione del formaggio tradizionale, e viene lavorato in modo tale da ottenere la cremosità. La cremosità, fondamentalmente, dipende dalla quantità maggiore di siero che in questo tipo di formaggio non viene separato nella stessa percentuale di quelli stagionati. A volte vengono aggiunti degli addensanti, ma si tratta di ingredienti comuni e abbastanza naturali. Al tutto si aggiunge del sale e spesso altri ingredienti per le varianti aromatizzate, come quelli alle erbe, al salmone, alle olive e così via. In teoria un formaggio spalmabile si può anche fare in casa perché il procedimento è semplice, partendo dallo yogurt o dal kefir: si aggiunge sale, si mescola bene per farlo sciogliere si filtra, si filtra via il siero in eccesso ottenendo un formaggio cremoso. Più o meno il processo industriale è lo stesso, per cui se dobbiamo fare un discorso di salute, un formaggio cremoso spalmabile è decisamente più sano rispetto a un formaggio fuso, anche se il meglio del meglio resta sempre e comunque un formaggio tradizionale, ottenuto con i procedimenti tradizionali e ingredienti genuini. In Italia la scelta è così vasta e di qualità che non abbiamo alcun problema a preferirli, ricordando sempre che sono comunque alimenti molto calorici, che non vanno consumati come fine di un pasto già completo, insomma, con moderazione”.