Alzi la mano chi ama i cocktail con caffè. Siamo in tanti: l’Irish Coffee. L’Espresso con Martini. Il Black Russian. Sono tutti piaceri da gustare con moderazione e in compagnia, e che non avremo mai il coraggio di mettere in discussione. Il problema è quando un drink lo si assume con delle aspettative che vanno molto oltre il piacere di far scivolare sul palato un sapore piacevolissimo. Parliamo di quel tipo di situazione in cui si beve alcol abbinato alla caffeina con l’idea che l’effetto “mente ovattata” del liquore possa essere rimandato, se non cancellato, da quello energizzante della caffeina. Le sperimentazioni fai-da-te in questo campo sono state sempre tante, al di là dell’arte del cocktail a base di caffè perfetto, e hanno condotto fino agli estremi del drink ottenuto dalla mixologia fra vodka e energy drink con taurina e simili. Ma è veramente cosa da fare? Cosa succede nel nostro corpo quando gli concediamo, esagerando, due sostanze completamente opposte? E che succede quando all’amico alticcio consigliamo di bere un caffè per riprendersi e andare a casa?

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Un recente articolo di Self racconta la storia di Four Loko, una linea di bevande alcoliche con caffeina, vendute in lattina negli Usa, che è stata al centro di una complessa controversia a inizio millennio, e che pare abbia spedito al Pronto Soccorso un bel po’ di consumatori, soprattutto teenager. La bevanda era in attesa dell’approvazione definitiva della Food And Drug Administration, ma a causa dei dosaggi un po’ spericolati dell’uno o dell’altro ingrediente, si era rivelato una bomba per la salute, finché la formula originale è stata ritirata dal mercato. Nonostante la vicenda ebbe molta rilevanza mediatica, ancora oggi, risulta dai sondaggi che i giovani americani nella fascia di età fra i 19 e 28 anni bevono, almeno una volta l’anno, un drink di alcol+caffeina convinti che possa migliorare la qualità della serata. È una convinzione dura da sfatare anche da noi.

Tutto gira intorno a una sostanza chimica chiamata adenosina. L’adenosina è la sostanza che si accumula nel nostro cervello durante il giorno e che, quando raggiunge livelli di guardia, dà il segnale che è ora di dormire. La caffeina, detto in modo molto semplice, è un inibitore dell’adenosina, oltre ad avere l’effetto ben noto di accelerare i battiti cardiaci e di alzare la pressione, a seconda della sensibilità individuale. In linea di massima, la media tollerabile è di 400 milligrammi di caffeina al giorno. Al contrario, l’alcol favorisce l’accumulo di adenosina nel cervello conciliando il sonno. Ma è anche un inibitore della capacità di giudizio, e alza pressione sanguigna e frequenza cardiaca, come la caffeina. La prima sorpresa, quindi, è che le due sostanze insieme non sembrano riuscire a raddoppiare il loro effetto sul cuore, a meno che non si bevano tanti cocktail con caffeina da evocare i danni di una caraffa di caffè.

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Il problema invece sta in un'altra parte del corpo, il cervello. L’idea di evocare il sonno e di cacciarlo con la guerra fra alcol e caffeina, di rimanere lucidi mentre si beve molto, è più pericolosa dello sbaglio di bere molto in generale. Se infatti la caffeina ha effettivamente il potere di tenere svegli mentre si beve, non riesce a influire sulla capacità di ragionare con chiarezza. Il risultato è che dopo aver bevuto un paio di Irish Coffee, o anche di più se la tolleranza all’alcol è alta, ci si ritrova a essere come cuccioli di elefante in una cristalleria. Vivaci, vigili, ma privi di razionalità. Con la combinazione di queste sostanze (il discorso vale anche per la Vodka con energy drink) i processi decisionali sono infatti alterati. Si crea una di quelle situazioni emotive in cui, nella migliore delle ipotesi, potremmo prendere il cellulare e chiamare il nostro ex per dirgli che lo amiamo ancora, e pentircene amaramente il giorno dopo. Nella peggiore potremmo metterci alla guida, convinti che sia tutto ok. Molto meglio, quindi, essere brilli senza l’addizione di caffeina. Almeno, ci si sente così ko da chiedere a un amico sobrio: “per favore, mi riaccompagna a casa?”.

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