“A Londra splende il sole”. Un ottimo inizio di stagione per Ed Wilson chef del ristorante Brawn sulla Columbia Road, East London, uno dei più silenziosi e significativi quarantenni cuochi inglesi della ristorazione di sua maestà. Che non è fatta solo dall'autoctono Gordon Ramsay o dagli acquisiti come lo stellato Giorgio Locatelli, va sempre ribadito. E certo, il cibo inglese non è solo a Londra, lo sappiamo bene. Ma la capitale britannica è da sempre uno dei posti al mondo dove mangiare qualunque tipo di cucina ti passi per la testa, italiana di altissima qualità inclusa. E questa cosa piace moltissimo anche a Ed Wilson mentre sorride al telefono alla notizia che da questa parte del Mediterraneo da lui molto apprezzato, il meteo non è granché. Di idee chiarissime, gusti essenziali e capacità imprenditoriali nel solco eterno della discrezione, a 43 anni compiuti Ed Wilson si è smarcato da tutti i ruoli profetici che la stampa foodie tende a regalare ai “giovani chef”, in un turnover continuo.

L'ex lavapiatti nato a Leeds, laureato in Design Industriale, sposato con la collega Josie Stead, due figli e quasi 30 anni di passione per la cucina incanalata dietro i fornelli, è uno chef appassionato di strutture essenziali. E un uomo che punta alla perfezione del gusto. L'impostazione di profonda eleganza è francese, ma serve a sostenere il sublime degli ingredienti italiani che predilige in purezza. Nel menu del ristorante Brawn, che segue il ritmo delle stagioni e le offerte del mercato, Ed Wilson non fa sfoggio di ego, bensì invita a scoprire una filosofia diversa. Meno appesantita, meno strutturata, volta a mostrare l'eccellenza combinata dei singoli cibi. Da grande divulgatore e ricercatore di vini naturali, Ed Wilson sarà in Italia dal 5 all’8 settembre per il festival Ricci Weekender a Catania, organizzato assieme al DJ Gilles Peterson e ai Mercati Generali: tre giorni di musica eccelsa, cibo gourmet preparato da chef di tutto il mondo (assieme a Ed Wilson e al team del Brawn ci saranno anche il re australiano del pollo fritto Morgan McGlone del Belles Hot Chicken di Melbourne, e i ragazzi del Bar Brutal di Barcellona, famoso per le sue strepitose tapas) e vini rigorosamente naturali da capogiro, selezionati su 9 cantine siciliane. Cinque sensi in un colpo solo, che Ed Wilson ama condensare in qualità semplice.

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La sua profonda inclinazione al non essere volto televisivo (più voce radiofonica, se proprio deve) e protagonista in prima fila lo hanno portato ad un sereno allontanamento dalle solite dinamiche mediatico-culinarie, tanto che è difficile scovarlo online. Anche su Instagram Ed Wilson è parecchio riservato. “È difficile spiegare perché ho deciso di non stare sotto i riflettori” mastica la voce baritonale dal marcato accento British. “Mi piace fare le cose per bene. Non è una selezione solo mia, sono gli artigiani che fanno quei cibi, e quei vini” conclude.

Credo nei prodotti, nel cibo che prepariamo e nel vino che serviamo.

Quando è iniziata la tua passione per il cibo, e quando l’interesse nei vini?

Essenzialmente nel 2008, a Londra. Sono venti anni in realtà che cucino, ma quell’anno ho aperto Terroirs, il primo locale incentrato sui vini naturali, che ha dato un incentivo alle persone per imparare a conoscere, e bere per la prima volta, quel genere di vini. Poi ho aperto altri 5 ristoranti a Londra, con uno stile simile: cucina di stagione e vini naturali, che vanno di pari passo. È stato quello il principio di tutto il lavoro che mi ha portato qui, nel 2019. I vini naturali stanno crescendo di popolarità e ci sono movimenti fantastici anche in Italia, come Vini Veri.

Come scegli e selezioni i vini per il tuo ristorante? Hai un sommelier?

Cerco di assumere sempre persone con una mente aperta, perché questa è più una filosofia, uno stile di vita. Come ti dicevo, cibo e vino vanno insieme: il denominatore comune, alla fine, è come vengono coltivati. Se lavori in modo sostenibile, metti al centro la terra quando le coltivazioni crescono, che siano frutta e verdura o persino gli animali, è questo il flusso di lavoro che ti permette di ottenere qualcosa.

Hai menzionato la parola “sostenibile”, quindi la sostenibilità per te è qualcosa che il mondo del food deve tenere a mente costantemente?

Sicuramente. Tantissimo. Dobbiamo renderci conto che tutti abbiamo la nostra responsabilità.

Hai qualche consiglio per chi approccia il mondo dei vini naturali da profano, tipo “vini naturali for dummies”? Alcuni sono quasi spaventati dalla naturalezza, come se fosse qualcosa di magico o addirittura non igienico...

Ho un parallelo molto semplice, dal punto di vista della salute. Faccio un esperimento: ti metto di fronte due bicchieri di succo di mela, uno trasparente e pulito, l’altro torbido, e ti chiedo quale pensi che ti faccia meglio. La maggior parte delle persone sceglierebbe quello limpido, convinta che non sia stato lavorato o processato. Se lo applichi ai vini e alla mixology, è uguale. Le persone sono contente di comprare il cibo biologico al supermercato, è un passo importante. Ma per il vino non è ancora così, le persone non sono educate in materia, e ha un suo vocabolario complesso per comunicare. Mette paura, anche. Ma il vino è un prodotto, un ingrediente, le persone dovrebbero avere più sicurezza nello scegliere quello che a loro piace. C’è qualcosa che non va, se prendi una cosa che non ti piace…

Che il wine world sia intimidatorio non è una novità, ma a volte si potrebbe semplicemente curiosare per scoprire qualcosa di nuovo, e capire se ci piace o meno. Chef Ed Wilson fa una piccola pausa, respira e continua: “In Inghilterra le nuove generazioni di amanti del vino sono davvero inserite, ne hanno fatto una scelta di vita in pratica. Le persone scelgono di mangiare e bere in determinati posti, dove possono dire cosa vogliono bere senza problemi”.

Visto che sei un appassionato, che rapporto hai con l’Italia e con cibi e vini in particolare, che nel menu del tuo ristorante Brawn non mancano? E quale è il tuo cibo preferito della cucina italiana, anche se so è una domanda difficile?

(Ride) È difficilissima, è come decidere quali sono i tuoi tre dischi preferiti! Ogni regione ha la sua e per ragioni differenti. In Emilia Romagna, in Sicilia, in Campania, è tutto cibo italiano ma c’è comunque molto di locale, molto di regionale. Non ti so dire quale sia quello che mi piace di più, ce ne sono davvero tanti. Se poi vai stagione per stagione, probabilmente vorresti essere ad Alba ad ottobre (ride)… Ma non sai se vorresti essere lì a maggio, no?

Beh, non lo escluderei: potrebbero esserci delle sorprese, mai sottovalutare un posto solo per ragioni stagionali..

Esattamente!

Visto che hai grandi gusti musicali e hai nominato la Sicilia, dove sarai al Ricci Weekender, cosa ti aspetti da questo evento speciale?

Tutto il processo di lavoro su questo evento è iniziato lo scorso anno, quando abbiamo fatto la prima edizione. Con Gilles siamo molto amici, ci siamo conosciuti quando è venuto a mangiare al mio ristorante, tempo fa. È un DJ internazionale, ha anche questo grande festival musicale a Sète (in Francia, il Worldwide Festival, ndr) che funziona da almeno 15 anni, una volta sono andato ospite per cucinare per gli artisti. Parlando tra noi, ci siamo detti “sarebbe bello organizzare un festival dove possiamo mettere insieme il cibo e la musica”. Ma roba cool. Tutti amano musica e cibo, lo so, ma spesso l’equilibrio non è rispettato: musica bellissima ma il resto… Birra in bicchieri di plastica, ecco. Volevamo qualcosa che potesse mettere insieme tutto, quello che si ascolta, quello che si beve e quello che si mangia. Al massimo.

Eccellenza, quindi, è il mood di questo festival e anche nella tua vita?

Sì, esatto. Poi i Mercati Generali sono tipo una casa per Gilles, è un posto stupendo dove si può suonare, si può stare, c’è un profumo incredibile. L’anno scorso abbiamo fatto la prima edizione ed è stato bello, quest’anno siamo curiosi di vedere come si svilupperà. Inoltre amo Catania come città, le sue strade… Sono stato anche sull’Etna, per i vigneti. Incredibile.

Il cibo per noi è cultura.

Chi è stata la tua ispirazione primaria, e chi lo è adesso, per quanto riguarda la cucina?

Ci sono molte persone che mi hanno ispirato, ma la nostra cucina non è influenzata da nessuno in particolare. Il cibo per noi è cultura. Vogliamo che i nostri piatti siano legati a riferimenti culturali precisi, non vogliamo che sia legato ad uno chef in particolare.

Dove ti vedi nel futuro, cosa ti aspetti per te stesso e la tua famiglia?

Questo viaggio che abbiamo iniziato da poco… Spero di continuare così, vedere se raffinando la nostra filosofia riusciamo a dare alle persone quello che è meglio. Negli ultimi 5 anni a Londra si è alzato tantissimo il livello di ingredienti cui abbiamo accesso, possiamo cucinare molto più italiano rispetto a prima. E meglio. 25 anni fa a Londra invece si cucinava principalmente alla francese: ma serviva a coprire una qualità di ingredienti che non era il massimo, non era vera cucina francese. In Italia invece la qualità del prodotto è sempre la base, e il successo della cucina italiana anche all’estero si basa su questo. Oggi anche la logistica funziona meglio, difatti posso avere la mozzarella fresca direttamente per via aerea dalla Campania. Anche se questo, lo ammetto, non è molto sostenibile dal punto di vista del carbon footprint (sorride).

Ma toglici una curiosità: cosa pensi della Brexit, per quanto riguarda cibi &co?

Sta diventando tipo un mal di testa cronico (ride). Non puoi rimandarla per sempre. Sono veramente convinto che non avverrà nel modo in cui il Parlamento adesso vorrebbe, ma è stata la più grande perdita di tempo degli ultimi 3 anni. Sono stati impegnati a non prendere una decisione che era stata presa senza prove. La maggior parte delle persone non è nemmeno più interessata, vuole solo vivere la propria vita. Non sappiamo quale sarà l’impatto. Finché non succederà, non potremo saperlo. È tutto molto incerto. Non credo però che sia così pessima da rovinare tutto. Lo spero.