Le donne francesi custodiscono un segreto di bellezza surreale: mangiare burro. Sissignore, proprio lui, il nemico pubblico numero uno dell’alimentazione bipolare dei millennials, cresciuti a botte di grassi vegetali idrogenati e olio d’oliva. E in mezzo lui, il burro migliore. Relegato ai laboratori delle pasticcerie resistenti, a quei profondi brasati dall’umettante dolcezza, alle fette di pane di colazione e merenda. Stop. Per fortuna sono epoche passate e anche il burro inizia a spiegare le sue ali aromatiche nei vari passaggi della filiera produttiva: ne racconta l’esegesi Roberto Brazzale, presidente dell’azienda Fratelli Brazzale, autentico pasionario del burro e del suo agognato rinascimento. Tanto da aver addirittura fondato un Movimento per la liberazione dai pregiudizi sul burro, al quale aderire con fiero orgoglio. In fondo sogniamo sì di avere l’allure e la bellezza delle francesi, ma come riconoscere il burro di qualità merita davvero di diventare disciplina olimpica.

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SARA CASTIGLIONI

Il rapporto con i consumatori, la demonizzazione nell'era pre-salutista del boom economico, la lenta riscoperta, sono tutti passaggi storico-culturali che hanno infuso di complessità la concezione di questo grasso prima dell’approdo al concetto di burro di qualità. "Il burro è uno dei pochi grandi prodotti naturali, nel senso di esistenti in natura: sin dall'antichità gli uomini hanno imparato a scuotere la panna da affioramento in modo da ricavare il burro" contestualizza Brazzale. "È sempre stato il prodotto più prezioso del latte: contiene energia, vitamine, aromi. È importante capire anche che i sapori e profumi del formaggio vengono dalla parte grassa, e negli anni il formaggio è diventato sempre più buono. Il formaggio migliore è quello che ha la migliore parte grassa all'interno.

Il burro trattiene in sé la nobiltà organolettica del latte

ma anche delle vitamine trattenute dalla parte grassa, come la vitamina D, la A e la K: per questo sotto l'aspetto nutrizionale è un alimento unico e esclusivo. Il burro fa bene, benissimo: alcune funzioni dell'organismo sono nutrite solo dal burro, come l'organo della pelle". Però per lungo tempo il burro è stato additato come responsabile del colesterolo alto, dell'obesità, degli squilibri alimentari di certe diete. Un dagli all'untore dettato dalla combo tra marketing dell'industria dei grassi vegetali e ossessione salutistica: prendersela con il nobile grasso del latte era un rigore a porta vuota. A smontare le fake news sul burro ci hanno pensato studi sociologici, politici e scientifici, poi si è cominciato a restituire coscienza e fiducia alla collettività. "È una lieta novella, mi sento quasi un profeta... Bisogna cancellare quell'ombra dalla memoria, non c'è motivo che esista. Il burro non fa ingrassare. È necessario e fondamentale per una dieta sana: la convinzione diffusa è l'equivoco semplice che il grasso faccia grasso, ma non è così. E poi di burro ne basta poco, neanche per scommessa si riuscirebbe a mangiare un chilo di burro". La demonizzazione ha comunque provocato una sorta di depressione dell’industria del burro e un appiattimento di sapori e aromi, perché mancavano compratori e consumatori entusiasti. Oggi la tendenza è felicemente invertita: si lavora sulla riconoscibilità dei diversi burri e sulle loro personalità spiccate, racconta Brazzale, con un approccio mutuato dalla lavorazione di un cugino famoso: "Come per i formaggi, si possono avere tanti burri: bisogna solo cominciare a farli. Due-tre anni fa abbiamo voluto provare a fare la Rolls-Royce del burro cominciando dal latte, dalle stalle e dall'alimentazione degli animali". Le basi della filiera, come per vignaioli e olivicoltori. "È stata una mia idea eversiva, perché si erano persi fiducia e amore in questo prodotto". Il latte è destinato solo alla produzione del nobil grasso, appena arriva fresco in caseificio si lavora per trasformarlo in burro. "È normale nei paesi burrieri, ma in Italia passare dal latte appena munto al burro è quasi assurdo. Pur essendo un paese produttore di formaggi, da noi si tende a considerare il burro come derivato dai formaggi, mentre è proprio il burro che fa il buono del formaggio" specifica Brazzale. Quel panetto morbido e sodo al tempo stesso, profumato, cedevole alla spatolina, è un prodotto indipendente, non un derivato. Sfumature sottili ma importanti, aiutano a capire le differenze tra i tipi di burro in commercio: "Il centrifuga è il burro realizzato zangolando le panne ottenute dalla centrifugazione del latte. È un processo fisico semplice, il latte appena munto viene messo in centrifuga, da una parte esce il latte e dall'altra la panna freschissima, il grasso del latte va poi tutto nel burro. Il burro di affioramento deriva da un periodo di riposo di circa 8 ore, tipico della lavorazione dei formaggi grana per cui in Italia se ne trova molto, che determina una separazione di parte del grasso. C'è anche un terzo burro, poi, molto in commercio: il burro di siero. Teoricamente non è nemmeno un burro perché non viene direttamente dal latte, ma si ricava dopo che ha superato il processo di caseificazione. È il meno pregiato" chiarisce ancora Brazzale.

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SARA CASTIGLIONI

Come scegliere il burro buono, di conseguenza, è un esercizio di finezza e lettura (di etichette): "Bisogna cercare il burro di centrifuga, che viene direttamente dal latte. Poi si usano i sensi: se il burro è buono, si sente. Per il piacere, il gusto della cucina e della nostra psiche, perché il burro dà una bella scarica di endorfine, dobbiamo fidarci dei sensi: il padreterno ci ha messo il naso sopra la bocca, e sono sufficienti a capire un sacco di cose" ride Brazzale. Semplicemente: assaggiare. La beurre renaissance della nuova generazione, scolara di un passato a cui è tornata per procedimenti e rispetto, non aspetta altro. "La semiartigianalità è importante perché ci permette di far esprimere caratteristiche di freschezza e personalità, noi siamo tornati anche alla confezione a mano. Il nostro ha l'84% di grasso e una spalmabilità straordinaria, ma ci sono ottimi burri di centrifuga anche industriali". Et voilà, è ora di imburrare: come si degusta il burro, c'è un rituale come per l'olio? "No, non ci sono liturgie. È molto versatile, si usa in tanti modi: mattina, pranzo, a merenda nel pomeriggio, aperitivo, cena. Per salati o dolci, in pasticceria. Quella cosa che si sogna, che fa impazzire per il profumo, non è la farina: è il burro. I biscotti, i pandori, i panettoni sono buoni se c'è il burro… Pane, burro e zucchero, per esempio, lo stiamo diffondendo anche nei nostri eventi, è un capolavoro assoluto:

Il burro dovrebbe essere sempre sulla tavola, c'è sempre spazio per il burro.

Assaggiare, provare, farsi una propria idea sul burro migliore e preferito. Ma indicativamente si può dire sotto l'82% di materia grassa non è vero amore? "È lo standard di legge. Sopra, quando si comincia a intravedere l'84, quello è amore folle" ride romantico Brazzale. Quindi sì, leggere le specifiche in etichetta può essere utile per capire se il burro è buono, ma più di ogni altra cosa è l’assaggio a darci la misura reale della sua bontà. Brazzale invita a consumarlo consapevolmente: "Non è tanto la quantità di grasso, quanto il grasso che è andato dentro, quanto rappresenta del grasso originario del latte, quanto era fresco… Andiamo a cercare questi burri speciali, che costano un filo di più ma sempre pochissimo. Fidiamoci di quello che ci piace di più, cambiamo a piacimento. Si dimentica spesso che il burro è la parte migliore del latte, l'elemento che la natura ha studiato dalla mamma al bambino. Vogliamo dire che non ci fidiamo di questo? La natura non tradisce. Non fidatevi degli uomini, fidatevi della natura" conclude Brazzale. E pure un po’ del burro.