“L'Isolachenoncè è, più o meno, un’isola con meravigliose macchie di colore qua e là, e banchi di corallo, e vascelli pirati”. È un passo tratto da Peter Pan di James M. Barrie. Un’opera unica nel suo genere, in grado di trasportare bambini e adulti in un altro mondo: confortevole, onirico. Unico. Come il corallo, citato dall’autore inglese, o un vino concepito e allevato come se fosse un figlio. E così, i due mondi, della gioielleria e dell’enologia, si rincontrano, seguendo il filo rosso per eccellenza, ovvero quello degli anthozoa, parola greca attribuita ai coralli che letteralmente significa fiori animali. Dei piccoli polipi radunati in colonie - da cui poi nascono le barriere coralline - che, producendo carbonato di calcio sotto forma di calcite, formano il tipico scheletro calcareo. Una volta raccolto, viene elaborato in sculture da indossare sotto forma di collane, bracciali, anelli e orecchini, ovvero il risultato di quei giochi tra arte dell'uomo e di Madre Terra così perfetti da lasciare ogni volta stupiti. A proposito di natura e di scheletro calcareo, nell’area del Gargano in quel di Apricena (Puglia), lavora e vive Valentina Passalacqua. Una donna con una grande conoscenza e amore per i vini, tanto da definirli i suoi bambini, poiché pensa alle loro diverse identità e qualità, promuovendole nella loro speciale armonia. E quando questi sono pronti, Valentina li condivide. Al momento, ne realizza tre: Valentina, 9 is enough e Progetto Calcarius. Quest’ultimo, in particolare, è dedicato ai vini di pietra bianca. Si tratta di creazioni in cui l’enologa ha voluto esplorare l’incontro fra arte e scienza. Hanno un carattere mascolino, verticale, fresco e minerale. Nascono da speciali suoli bianchi pietrosi e calcarei di età Kimmeridgiana (epoca giurassica, sì avete letto bene), esposti al caldo sole della zona. Queste ultime parole fanno subito venire in mente gioielli in corallo da indossare specialmente d’estate, la stagione dei raggi perpetui, senza tempo. Il materiale stesso è immortale, non solo perché si trasforma continuamente nelle profondità del mare ma anche per via della sua storia, la quale trasporta direttamente all’antica Grecia e Roma. Tuttavia in quell’epoca, il corallo viene usato soprattutto per scopi medici, specialmente per le sue proprietà energizzanti. Un po’ come il vino, che nello stesso periodo viene definito, non di meno, nettare degli dei. È negli anni successivi che è lavorato e incastonato in gioielli. Specialmente quello rosso. Ma comuni sono anche il corallo nero, così come quello bianco.

Il sud Italia è il territorio in cui si ha la più importante quantità di artigiani-orafi in grado di lavorare questa speciale componente. Da Trapani in Sicilia, con le creazioni del contemporaneo Platimiro Fiorenza, considerato una leggenda vivente del settore, fino a Torre del Greco in Campania, dove sorge da 70 anni, tra le altre, la realtà Guarracino, nota in particolare per i suoi cammei in corallo. E dalla provincia di Napoli, la Puglia dista qualche chilometro, basta attraversare la Basilicata. E lì i vini corallini Calcarius vengono vendemmiati seguendo quattro parole chiave: razionalità, ricerca, minerale e, ovviamente, calcareo. A rappresentare al meglio l’ultimo concetto, quello maggiormente distintivo del progetto, è il rosé Nù Litr (la capacità della bottiglia è infatti di 1 litro e non quella standard da 0.75), il cui colore è proprio rosso corallo. Un rosato prodotto con uve 100% Negroamaro, a fermentazione spontanea in tini (vasi vinari) aperti e a pressa diretta. Il modus operandi è a stretto contatto con gli elementi, (ogni vino di Valentina Passalacqua è organico), seguendo senza troppi interventi dell’uomo, tutte le fasi del processo, non solo quello della coltivazione dei vigneti e il mantenimento del terroir. Infatti il rosé, così come gli altri della gamma, non è filtrato e non subisce alcun controllo della temperatura. L’affinamento dura 6 mesi in vasche d’acciaio. Sistemi armoniosi, lenti. Una viticoltura che sente il territorio e l’amore che Passalacqua dà ogni qualvolta giunge il momento di cominciare la vendemmia. Idem accade quando i grandi maestri del corallo si accingono a creare un gioiello mitico, da lavorare con estrema delicatezza. E mitologicamente parlando, il corallium rubrum compare ad esempio nelle Metamorfosi di Ovidio, in cui si racconta proprio la nascita dell’elemento che avviene, a quanto pare, dal sangue di una delle Gorgoni, Medusa, nel momento in cui Perseo la decapita. Notoriamente, le Gorgoni hanno la capacità di pietrificare con lo sguardo, e il sangue di Medusa, al contatto con la schiuma creata dalle onde, pietrifica alcune alghe che col sangue divennero rosse. Dal calcare, nasce quindi il corallo, così come le bottiglie dei vins siglati Calcarius.

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L’arte del vino è unica nel suo genere e, come per il Nù Litr, segue tempi precisi, tipo un dipinto rinascimentale, accademico. Didascalico. E non a caso il corallo viene rappresentato anche dai più grandi pittori del periodo come il Carpaccio o Piero della Francesca. Nella sua Pala di Brera, Gesù bambino è raffigurato con una collana di coralli, per proteggerlo dal malocchio. In epoca preraffaellita queste opere da indossare spopolano, specialmente nei ritratti. Meraviglioso è quello dedicato a Monna Vanna, a opera di Dante Gabriel Rossetti, in cui la giovane donna veste bracciali e collane in puro corallo rosso. Sacro e profano, eros e thanatos. Apollineo e dionisiaco, quindi arte - anche quella dei gioielli - e Bacco. E così, la materia rossa degli abissi s’insinua magicamente in questo liquido sublime, naturale, unico nel suo genere, dal profumo di mirtilli rossi e melograno. Al palato, la fruttata fluidità e la salinità esaltano le note floreali. Si chiude in bellezza con un finale energico e deciso.

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