"C'est fini". Dopo 21 anni, il ristorante di Alain Ducasse non avrà più Alain Ducasse. Dalla fine di giugno 2021 il Plaza Athénée resterà senza la guida dell'imperatore della cucina francese, 20 stelle Michelin complessive in tutti i suoi ristoranti, mentore di chef come Massimo Bottura e Davide Oldani, rivoluzionario scontroso e indiscusso della cuisine del nuovo millennio. La scadenza naturale del contratto è sembrata il modo più facile per separarsi, ma varrà solo per l'hotel di lusso al 25 di Avenue Montaigne di Parigi: lo chef resterà comunque executive dei ristoranti degli altri hotel del gruppo Dorchester, Le Meurice a Parigi (2 stelle) e il Ducasse at the Dorchester a Londra (3). Ma cosa ha spinto m'sié a scioccare l'universo del fine dining con una scelta inaspettata, perché un sodalizio così lungo e proficuo non è stato rinnovato? L'instancabile non-solo-chef stava già lavorando a formule più svelte e low cost di ristorazione intelligente, format verticali e capillari come chocolaterie, gelaterie, café decisamente più pop e accessibili. Da tempo Ducasse non era e non è solo il Plaza Athénée: da bravo anticipatore di tendenze si sta occupando di Sapid, il primo ristorante senza camerieri con ordini via app che dovrebbe aprire il prossimo 6 settembre ("un pasto completo costerà 25 euro" raccontava al Corriere), e di tre nuovi indirizzi -Le Grand Contrôle a Versailles, Rech e Les Ombres al Musée du Quai Branly- che sembrano essere più rilevanti nella nuova visione. Ma la non firma che ha portato all'addio sembrava decisamente inconcepibile.

Sul destino del ristorante Plaza Athénée dopo Alain Ducasse, la proprietà non si è lasciata sfuggire alcuna parola. Ma Le Figaro ha fatto il nome del possibile sostituto dell'empereur, uno chef avulso dalle dinamiche stellate: il televisivo Jean Imbert, classe 1981 e vincitore di Top Chef France nel 2012, proprietario del bistrot parigino di successo Mamie. Non un profilo da alta ristorazione, ironizzano les bleus del cibo. Però, seppure la trattativa non sia stata confermata da nessuna delle parti, è ampio segno di una rotta diversa intrapresa da molti ristoratori, scaturita quale reazione alla crisi nera del settore alberghiero di lusso in pandemia (che non si è affatto esaurita). Dopo anni di rincorse alle stelle e all'altissimo livello, la necessità di contenere alcuni costi sta riscrivendo l'approccio all'offerta gastronomica con formule easy chic che abbattono le spese e rendono molto, avvicinando sempre più persone al consumo. Chi fa impresa non può sottovalutare il rapporto costi/benefici e Ducasse non è più solo uno chef da parecchio tempo. Ciononostante, per i gourmand mangiare al Plaza Athénée è sempre stato il raggiungimento di un traguardo, la medaglia d'oro alle Olimpiadi delle papille gustative. Snob q.b., chic totale, parigino di rango. Specialmente da quando nel 2014 Ducasse ha ribaltato la cucina francese con l'approccio naturalité, basato su cereali, vegetali di stagione e pesce sostenibile, e sposato da tutta la filiera del ristorante fino alla désseralité della pastry chef Jessica Préalpato.

Alain Ducasse l'inflessibile, testardamente avanti sempre, su tutto, sin dal suo debutto nelle cucine ad appena 16 anni. Trasferitosi dalla vita agricola dell'azienda di famiglia a Sarrazin ("La Chalosse rappresenta per me la misura standard dei gusti originali. Il foie gras, il confit, i porcini... A pranzo bastava andare nell'orto a raccogliere carciofi, fagioli, pomodori e peperoni. Erano le verdure più belle del mondo. E pescavo anguille, lucci e ghiozzi. L'unica cosa che abbiamo comprato è stato il burro" raccontava a Icon Icon sulla sua formazione gastronomica) fino alle coste dell'Atlantico, per dimostrare di essere in grado di gestirsi da solo. La pratica dei fornelli lo affascina tanto da non farlo nemmeno diplomare: deve/vuole cucinare e basta. Di brigata in brigata intreccia il suo destino con tutti i mostri sacri della vera nouvelle cuisine, e a 24 anni conquista la sua prima stella Michelin. Ducasse diventa il nouveau ambasciatore del sapore di Francia nel mondo. Ma a 27 anni, dopo l'assegnazione di due macaron per La Terrasse in Costa Azzurra, un incidente rischia di fermare irrimediabilmente la sua scalata. È il 9 agosto 1984 e l'aereo da turismo Piper-Aztec, partito da Saint Tropez, sorvola le Alpi francesi in direzione Courchevel: a bordo ci sono il pilota, lo chef e tre collaboratori, diretti all'Hotel Byblos des Neiges per avviare un nuovo ristorante. Il maltempo impedisce la visibilità, l'aereo vola basso, l'impatto con il ghiacciaio è terribile. Nell'incidente Alain Ducasse è l'unico sopravvissuto e attende sei ore l'arrivo dei soccorsi in elicottero. Si parla di amputare una gamba e di perdita di un occhio, emergenze rapidamente rientrate: ma si sottopone a tredici operazioni, sta in sedia a rotelle per un lungo periodo, sarà obbligato a quattro anni di riabilitazione motoria.

La seconda vita non è avara di successi, anzi: a 33 anni Alain Ducasse è il più giovane tristellato Michelin di sempre e il primo a conquistarle con un ristorante d'albergo, il Louis XV nell'Hotel de Paris di Montecarlo, dello storico gruppo Société des Bains de Mer. Inizia ufficiosamente il sodalizio con il principato, che lo porterà nel 2008 a prendere la nazionalità monegasca rinunciando per sempre a quella francese. È anche il primo chef a lasciare le cucine per farsi re dell'executive e imprenditore del self-branding, intuendo il potere del suo nome: apre scuole di cucina (l'ultima in Thailandia nel 2021), scrive libri, firma i pasti sul Concorde Parigi-New York nel 2000 e studia i menù per astronauti con l'Agenzia Spaziale Europea. I ristoranti di Alain Ducasse sono un discorso a parte: col nuovo millennio conquista ufficialmente gli Stati Uniti e parte dell'Asia, espandendo progressivamente l'impero in un turnover di aperture/chiusure vorticoso. Non cucina più personalmente, dirige le brigate verso l'eccellenza sbriciolando primati: nel 2010 è recordman assoluto con tre tristellati in contemporanea, due anni dopo è il secondo chef più stellato al mondo (21 stelle complessive) dopo Joel Robuchon (31) e prima di Gordon Ramsay (17). Alberto e Charlene di Monaco lo chiamano per il loro pranzo di nozze nel 2011. Ma non mancano le critiche alla sua cittadinanza monegasca, che un'inchiesta giornalistica di Mediapart del 2018 intitolata La cuisine fiscale d'Alain Ducasse inchioda di fronte alla minore pressione delle tasse in principato rispetto alla Francia, e le polemiche per le dichiarazioni più politiche, dall'invito al voto a Emmanuel Macron per le elezioni del 2017, e successivo impiego nelle cene di Stato all'Eliseo per le visite di Vladimir Putin e dell'ex presidente USA Donald Trump. Ma Ducasse sembra impermeabile a tutto. "Dopo l’incidente ho capito che l’unico vero ostacolo è avere un'infermità tale da non essere autosufficiente: tutto il resto ha una soluzione" ha raccontato di recente al Corriere della Sera. "La vita mi ha concesso una seconda possibilità e l’esistenza è troppo breve per accontentarsi del tiepido e dell’insipido".