Ma voi lo sapete che più della metà - il 63%, per essere certosini - dei bambini che a settembre iniziano le elementari, quando “saranno grandi” faranno un lavoro che oggi non esiste ancora? Ma voi lo sapete, allora, come educarli? Come formarli? A cosa prepararli? Se dottoressa, ingegnere o avvocato sono mestieri che tanto agli occhi dei ragazzi, quanto a quelli dei genitori, hanno perso il lustro che gli veniva riservato qualche generazione fa, che tipo di investimento è più opportuno fare sul futuro dei propri figli? Più sulle passioni e meno sulle nozioni, più sull’umanità e meno sull’indottrinamento fine a se stesso. Siamo andati a testarlo con mano in una delle realtà che meglio sta costruendo un percorso di scuole sperimentali a 360°, H-Farm.

Premessa: quando immaginare, nel presente, un ipotetico mondo del lavoro di un bambino che oggi ha cinque anni risulta praticamente impossibile, altro non si può fare che smettere di inculcare modelli carrieristici ideali - e già, pressoché obsoleti - e iniziare ad educare all’autonomia, all’indipendenza di pensiero, alla creazione del proprio personalissimo archetipo di vita. Una sorta di “lavaggio del cervello positivo” è quello che insegna a sognare, a rischiare e saper gestire il cambiamento. Tanto con spirito e voglia di fare, quanto avvalendosi di ciò che la tecnologia ci mette - e ci metterà - a disposizione. Come a diventare imprenditori delle proprie uniche abilità. E pure smanettoni, ma dotati di materia grigia però! Una grande “scuola di sognatori e creatori” è quella fantasticata e poi divenuta realtà grazie a H-Farm. Realtà di innovazione made in Veneto, a supporto delle aziende italiane e dell’educazione dei giovani, appunto, in un’ottica squisitamente digitale. Un esempio di didattica innovativa tale da aver affascinato persino Tim Cook. Tra lezioni di mindfulness per migliorare l’attitudine all’inventiva, e quelle di design thinking per sviluppare la capacità di lavorare in gruppo e condividere le idee con gli altri, l’education impartita dagli insegnanti di H-Farm è completata poi dalle discipline più “classiche” che, però, strizzano l’occhio al business e alle soft skills. Le cosidette “competenze trasversali”, quelle in grado di metterci per davvero in moto il cervello.

E non pensiate che i diretti interessanti siano solo gli under 20. Seguendo il programma di Long Life Learning, infatti, l’apprendimento a scuola è rivolto a tutti. Universitari e non alla ricerca di un master, imprenditori alla ricerca di un’idea, genitori che litigano con la tecnologia compresi. Celebri (ormai e per fortuna) i Digital Summer Camp veri e propri corsi didattici - anche in lingua inglese - dedicati alla creatività e sperimentazione attraverso il digitale. I 128 laboratori, dal giornalismo alla robotica passando per il video gaming, si terranno fino al 1 settembre non solo nell’avveniristica struttura by Richard Rogers (il “papà” del Centre Pompidou di Parigi) immersa nella campagna trevigiana ma, da quest’anno, anche negli spazi della Fabbrica del Vapore, in pieno centro meneghino. Abbiamo chiesto a due mamme e due bambini come si trovano con i Digital Summer Camp di H-Farm e perché hanno scelto una “colonia alternativa”.

Elisa, architetto «Di sicuro c’è sempre più la necessità di tenere impegnati i nostri figli durante l’estate: le giornate sono lunghe e i ragazzi di oggi hanno bisogno di stimoli. Questi camp propongono percorsi alternativi rispetto alla classica offerta che si trova in giro. La didattica è completa e molto vicina agli interessi dei ragazzi. A scuola si insegna a stento un po’ di informatica, ma non ha niente a che vedere con queste settimane che sono proprio delle full immersion nel mondo della tecnologia».

Barbara, mamma a tempo pieno «Ho scelto di mandare mio figlio ai Digital Summer Camp per far sì che inizi a guardare alle cose da un punto di vista differente. Vorrei capisse che la tecnologia non è un fine, ma un mezzo attraverso cui imparare e, soprattutto, raggiungere nuovi traguardi. Sapersi relazionare con i compagni di corso e i docenti poi, è una capacità essenziale anche nella vita di tutti i giorni».

Luca, 12 anni, iscritto al corso di Digital Making «La cosa che mi piace di più di questi corsi è sperimentare e scoprire. In più, quello che imparo ai summer camp lo posso adattare anche nelle cose che faccio a casa. Per esempio, mi sono costruito un campanello che mi avvisa tutte le volte che qualcuno entra in camera mia!».

Elena, 9 anni, iscritta al corso di Digital Media «Mi piace andare ai Digital Summer Camp perché i professori stanno sempre con noi e ci insegnano passo dopo passo... L’anno scorso ho scoperto che sono bravissima a creare video, ma non solo fare le riprese, anche scrivere la storia, suddividerla in fasi, pensare a personaggi che siano credibili e dare un senso logico a tutto il mio racconto. E poi, le crostate della merenda sono buonissime!».

photo GettyImages.com