Se alle 4 di mattina di un giorno di agosto ti ritrovi a dipingere un treno in una stazione lombarda questo significa che hai deciso di essere diverso dal tuo coetaneo che in quello stesso momento è spiaggiato fuori da una discoteca di qualche località marinara chic o pseudochic. E che non distingue più un cocktail dall'altro.

Se alle 4 di mattina di un giorno di agosto stai dipingendo un vagone, proprio quel vagone lì, vuole dire che ci hai pensato, che avevi un progetto in testa, che volevi che un tuo messaggio spruzzato di smalto lucido scivolasse lungo i binari da qualche parte, qualsiasi parte, rompendo il cicaleccio di questa campagna strozzata dal caldo.

Se alle 4 di mattina di un giorno di agosto, vinci la stanchezza e disegni la parete di una carrozza, vuol dire che stai immaginando di diventare domani come il grande Banksy, o come il grande Blu da Senigallia. Perché se ce l'ha fatta lui, da Senigallia, puoi farcela anche tu, da qui. E vuol dire che sogni, certo. E per fortuna, sogni. Perché a 20 anni si sogna.

Edoardo Baccin, in tag Busobiesse, avrebbe compiuto 20 anni tra pochi giorni, ma un treno merci l'ha travolto mentre stava dipingendo il “suo” vagone. Quella era la sua passione e non ci sono passioni buone o cattive, altrimenti sarebbero vizi. E ci sono anche passioni più “legali” eppure più pericolose, come il free climbing, gli sport motoristci, le immersioni, lo sci alpinismo, il surf da onda. Il prete che ha celebrato la messa nella chiesa di Somma Lombardo, Don Franco, sembrava sincero e affettuoso davanti alla crew, tutta compatta dentro la stessa lacrima: «Avete dentro tanto da dire e da esprimere, solo sarebbe bello non mettere a repentaglio la propria vita». Più o meno questo era il messaggio, troppo dolce per sembrare un rimprovero e forse troppo didascalico per toccare quel pianto sulle facce imbronciate dei writers amici di Edo. Facce che parlavano di arte, di missione, di identità collettiva, di critica sociale, forse.

Erano tutti abbracciati, come solo ci si può abbracciare se si condividono dei valori forti. Difficile dire chi tra loro diventerà famoso, chi emigrerà a Londra inseguendo una carriera creativa, chi troverà la sua strada in un'aziendina locale. Difficile dire se lui ce l'avrebbe fatta. Difficile e inutile esercizio di pensiero. Come oggi rivedere noi stessi nella band del liceo a suonare i nostri idoli degli anni 80, o a cercare la distinzione dalla massa in qualche sport particolare. O persino a trovare appartenenza in qualche gruppo di vaga ispirazione politica. A quell'età si cercano identità ma poi ci si ritrova addosso qualche etichetta che non c'entra, fatta apposta per tranquillizzare qualcuno. E poi, per dar voce a queste etichette, si usano verbi sempre troppo celebrativi o troppo denigratori. Per i writers c'è chi usa “imbrattare”, parola orrenda, sinonimo di sporcare e insozzare, che tiene insieme, nel medesimo giudizio morale, oggetti e soggetti. Tra qualche giorno a Somma Lombardo i writers celebreranno il compleanno di Edoardo dipingendo muri della biblioteca per tutta la giornata. Hanno l'ok della cittadinanza. Che forse, anche se a un prezzo troppo alto, ora capisce che quello non è “imbrattare”.