Italiani popolo di santi, poeti, navigatori e donatori (maschi) molto emotivi. Quando si tratta di aiutare economicamente gli altri, la penisola si spacca in due. Gli uomini si mobilitano solo durante le emergenze, mentre lo zoccolo duro della generosità lo fanno le donne. Più numerose, più stabili e fedeli ai progetti. È quanto emerge dal sondaggio Italiani Solidali 2017 di Doxa, che ha messo in luce il popolo dei donatori sopra i 14 anni e il loro comportamento, intervistando a domicilio un campione di 1051 persone in 102 comuni italiani. 15 milioni sostengono le associazioni no profit e 6,3 milioni fanno donazioni informali, ovvero l’elemosina, l’offerta occasionale, la beneficienza a scuola. Le donne danno di più in entrambi i casi, con un rapporto di 6 a 4 rispetto agli uomini, il 36% contro il 22% del 2017.

Le donne donano di piùpinterest
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Italiani e generosità

«È la fotografia di un’Italia che si impegna. Un altro Paese che va comunicato, non quello della rabbia e del sospetto, ma quello che di fronte alla fatica di una crisi lunga e profonda non si è rinserrato in casa. L’associazione Vita ha stimato le donazioni annue in quasi 5 miliardi di euro, una cifra inaspettata» dice Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto italiano della donazione, che promuove la cultura della solidarietà, certifica le organizzazioni non profit virtuose e ha istituito il Giorno del Dono, «non c’è futuro per le società chiuse, lo dice la storia». Secondo Noi Doniamo, il sondaggio annuale dell’Istituto, svolto con modalità telematica insieme alla società di ricerca Gfk, i donatori sono 9,7 milioni di persone, anche in questo caso il numero di donne è maggiore.

La salute è il settore che, in assoluto, motiva di più la generosità. È un tema che sentiamo più vicino, perché è legato alle nostre relazioni e al futuro di ognuno di noi. Prima o poi riguarda tutti. L’investimento emotivo ed economico è ingente, lo dicono i dati sul 5xmille dell’Agenzia delle Entrate, in cui la ricerca medica è di gran lunga la voce più sostenuta. Stando alle ultime rilevazioni disponibili, del 2016, ad Airc, l’Associazione italiana per la ricerca sul cancro, sono stati devoluti oltre 64 milioni di euro, seguita a lunga distanza da Emergency, 13 milioni di euro. Le donazioni alla ricerca diminuiscono soltanto in occasione di grandi emergenze, come le catastrofi naturali, secondo il sondaggio Doxa. È successo nel 2005 con lo tsunami nell’Oceano Indiano, nel 2009 con il terremoto de L’Aquila, nel 2012 con quello dell’Emilia. Mentre l’urgenza del momento mobilita grandi fondi, la causa della salvaguardia dell’ambiente resta in fondo alle classifiche. «Le persone hanno la percezione di impegnarsi già molto nella vita di ogni giorno, di essere più critiche nei loro consumi» dice Paolo Anselmi, vicepresidente di Gfk Eurisko «quindi sentono meno il bisogno di delegare la questione a un’associazione rispetto, ad esempio, a problemi su cui sanno di non poter dare il proprio contributo, come la ricerca».

L’interesse per le cause di prossimità è aumentato con l’evolversi della crisi e del clima di sfiducia. La cooperazione internazionale ha visto diminuire i propri fondi. «Se vedi intorno a te persone che fanno fatica pensi meno alle realtà lontane» dice Valeria Reda di Doxa «ecco perché molte onlus si stanno riposizionando su progetti per l’istruzione e l’integrazione dei bambini migranti. Save The Children fa i Punti Luce, spazi educativi nei quartieri svantaggiati delle città». Fame e povertà nel mondo nel 2011 era al 26% ora è scesa al 7%.

La credibilità, la trasparenza, l’informazione sulla qualità degli interventi sono sempre più centrali. C’è chi preferisce dare una mano a singoli individui e chi sostiene grandi associazioni, perché fanno progetti sostenibili per il territorio, che creano comunità e vanno avanti oltre i tempi del finanziamento. «Il piccolo dà l’idea di agire su una situazione specifica, corrisponde a una crescente ricerca di concretezza, di avere prove come video e foto, ma appartiene a una sfera di relazione primaria, di amicizia» dice Anselmi, «chi dona sa di alleviare un disagio, ma non sente la pretesa di risolvere un problema. Invece, ci sono cause che richiedono una tale sistematicità che per creare un vero impatto c’è bisogno di una grande organizzazione. Sono piani diversi, ma entrambi etici».

Le cause individuali vanno soprattutto sul web, dove il riscontro di un’azione è più immediato e il bisogno di concretezza presto appagato, tra post che aggiornano sull’andamento delle raccolte e like su Facebook. Dai crowdfunding ai social, la solidarietà online cresce, soprattutto dagli smartphone, e abbraccia target giovanissimi, ma per ora sfiora solo il 5% del totale. Anche nel web le donne sono in primo piano. Lo rivela il recente sondaggio Donare 3.0, condotto dalla piattaforma Rete del Dono con Doxa 2.0 e PayPal. Tra le nuove figure femminili c’è quella del personal fundraiser, che non si limita a versare un importo, ma ci mette la faccia, si attiva in prima persona a raccogliere fondi per i progetti delle associazioni. Che nel caso di Rete del dono sono il 63%.

«In questo momento storico le donazioni fanno più della politica», dice Patriarca «perché non dimentichiamo che la generosità ha un risvolto culturale. Siamo tutti convinti che la vita si “consumi”, come dicono gli economisti, nello scambio degli equivalenti, io ti do dieci e tu mi ridai dieci. Anche se logica del mercato è importante, ricordiamo che il 90% o quasi delle azioni giuste che faremo saranno quelle nel segno della gratuità. Faremo del bene a noi stessi, sì, in questo caso saremo egoisti».