Che cos'è, com'è nato, come funziona TikTok ve lo abbiamo raccontato appena dopo il suo primo compleanno in Italia. Ora, invece dovremmo parlare di come si sia ormai ufficialmente aperto un fronte che si mostra diffidente o si dichiara apertamente ostile verso la piattaforma social cinese che, più e meglio di ogni suo concorrente, è riuscita a conquistare uno dei target più sensibili per questo genere di medium (e probabilmente anche di tutta l'economia digitale, più in generale).

Intanto, alla base di tanto scetticismo nei suoi confronti, c'è innanzitutto un soggetto, gli Stati Uniti, che - per bocca e per mano del suo attuale condottiero Donald Trump - hanno un'avversione a tutto tondo nei confronti della Cina, che rappresenta oggi la principale minaccia al loro predominio mondiale. Non è un caso se l'azione più forte e più clamorosa nei confronti del social network sia stata proprio la sua, sguinzagliando nientemeno che la sua intelligence per mettere in piedi un'indagine che arrivi a dimostrare come rappresenti un potenziale rischio per la sicurezza nazionale del Paese.

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Subito dopo, l'iniziativa è stata seguita da un altro intervento, questa volta arrivato direttamente dal fronte politico, attraverso una lettera che il capogruppo dell'opposizione al Senato Chuck Schumer ha inviato alle forze armate, “invitandole” a valutare attentamente l'opportunità di utilizzare la App cinese, considerati i rischi che potrebbe comportare in termini di security collettiva. All'inizio del mese scorso, a tutto ciò aveva fatto eco anche l'intervento del senatore repubblicano della Florida Marco Rubio, che si aveva rivolto richiesta formale al ministro del Tesoro americano Steven Mnuchin, invitandolo a mettere in atto tutto quanto fosse necessario per fare luce sui reali legami tra i vertici del servizio e le istituzioni cinesi. Ma anche in terra britannica le acque hanno cominciato a muoversi.

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A dare il “la” è stata un'inchiesta del quotidiano The Guardian, che accusa l'azienda a cui TikTok fa capo di aver censurato contenuti che sarebbero potuti essere considerati scomodi dal governo cinese. Ipotesi prontamente smentite, con l'affermazione che il team dell'azienda che si occupa della moderazione di tutto ciò che passa dalla piattaforma opera sulla base delle leggi statunitensi. E poi, ovviamente, ci sono i timori dei concorrenti. Tutti i player del comparto, la galassia di Mark Zuckerberg in testa, con i suoi vari Facebook, Instagram e, perché no anche WhatsApp, ma anche Google con YouTube e, naturalmente, il social che più gli si avvicina per tipologia del target, cioè Snapchat.