La copertina di questo mosaico di immagini generate dagli utenti della pandemia è per il sorriso invisibile ma palese di Chiara Parisi. Il suo piccolo capolavoro di arte selfistica, giuntoci grazie all’hashtag #quarantenamood, è capace di ridefinire in un solo scatto il concetto di sorridere con gli occhi. Enigmatica e ingombrante come una Gioconda del Coronavirus, questa dama con la mascherina non ha alle spalle un paesaggio atmosferico leonardesco, ma una serie di balconate condominiali. Tutte hanno le serrande abbassate tranne una, che interrompe la trafila di pieni col suo vuoto da finestrella di dentatura da latte fermamente concentrata nel suo proposito di tornare raggiante come prima, più di prima.

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Eleonora Cocco posa coi suoi gemelli nati questo aprile. Il loro abbraccio è una rappresentazione plastica di futuro, scolpita con in mente la prefigurazione di ogni bene. Dalla vetrina del nail salon di Eleonora, esposti accanto ai prodotti di bellezza, due biberon attendono i neonati. Il mondo racchiuso da quella vetrata torinese sembra farsi improvvisamente più grande. Anche se guarda nella stessa direzione del trio, non è lo stesso per l’Épagneul Breton di casa: per lui la bottega comincia a farsi decisamente più stretta. Hashtag di riferimento: #vicinimalontani.

Da Brescia vanno in onda le vite parallele di una mamma smart worker e di una figlia di due anni e mezzo, sua datrice di lavoro. Si capisce subito chi è il CEO di casa. Una è accomodata in poltroncina, la mano posata sul ginocchio, con fare legittimamente imperioso. Ha un mini laptop giallo e celeste aperto davanti, ma col mouse penzoloni. Del resto, dall’alto del vertice aziendale che occupa, non ha alcun reale bisogno di usarlo. L’altra, dopo aver ottenuto il permesso di aprire uno strapuntino per il suo computer e l’agenda, è da qualche parte a scattare foto o a sbrigare altre commissioni (cucinare, rassettare, respirare). In un groviglio di cavi e amore il loro ufficio domestico, strettamente condiviso, è la rivisitazione intimista e affettivamente sostenibile dello spazio lavorativo a cubicoli. Per la serie: quando sei qui con me questa stanza non ha più pareti ma open space. Le trovate alla voce #lavorodacasa, ma anche #casino.

L’hashtag #andràtuttobene è il più ecumenico del momento che viviamo: autoscatti di personale medico privi di ogni ostentazione si accompagnano a quelli di perdigiorno colmi di speranza. Ma vale sempre la pena provare ad andare oltre le apparenze, perfino su Instagram. Scavandoci, possono venire alla luce immagini straordinarie. Come questo commiato a un anziano paziente guarito in un ospedale di Castel San Giovanni (provincia di Piacenza). Lo sguardo del soggetto buca lo smartphone in un’espressione tanto gioiosa quanto stupita. È la versione struggente e neorealista degli applausi ai medici di mezzogiorno (che forse, viceversa, è la sua validissima riscrittura sotto forma di commedia all’italiana).

Tutt’altro tipo di viaggio è evocato dall’esperienza di un videogame per Nintendo Switch uscito il 20 marzo scorso, e dunque anch’esso nativo della quarantena. Si tratta di una simulazione di vita ambientata su un’isola deserta che, col tempo, può essere personalizzata in ogni suo aspetto — sociale, paesaggistico, architettonico — e infine aperta alle visite degli avatar di amici reali. In questo tweet, un giocatore italiano di Animal Crossing: New Horizon ringrazia uno dei suoi amici per il dono di una mascherina chirurgica virtuale, che era stato accompagnato da un messaggio in siciliano: “Accùra al corona tvb”. Il dialetto come espressione dell’universale, il digitale come forma di sensibilizzazione alla realtà.

Alfred Hitchcock ci ha insegnato meglio di chiunque altro che, col giusto storytelling, non c’è niente di più interessante o, perlomeno, distraente, di una finestra sul cortile. Le facciate dei palazzi, in questi giorni, sono un palinsesto televisivo completo. Uno dei format più diffusi è il talent show. In questo contributo, aggregato dall’hashtag #balcony (con la y finale, che fa un mondo di differenza), un uomo si esibisce nella prova di canto con “Vola Mio Mini Pony” in un turbinio di bolle di sapone. E la domanda: “Hai un costume da unicorno nell’armadio o sei solo contento di farti vedere?” ha sempre e solo una risposta: “Tutt’e due”.

La pratica della scuola a distanza ha sovvertito in fretta i ruoli tradizionali di docenti e discenti. I canti di questa rivoluzione sono i video su TikTok (accomunati dall’hashtag #videolezioni) in cui gli studenti italiani si prendono una meritata pausa dalla fatica dei corsi di Zoom e Google Meet che impartiscono ai loro professori, tra una lezione di latino e una di matematica. Uno dei capolavori del genere è quello in cui la giovane Rebecca illustra i vantaggi di saper escludere al momento giusto camera e/o microfono del proprio dispositivo smart.

Altro giro, altri corsi. È piuttosto diffuso il fitness virtuale. Le lezioni vanno dalla semplice aerobica ai più complessi casi di pilates. Sulla strada del benessere gli atteggiamenti sono i più disparati. C’è chi condivide il percorso

e c’è chi pubblica più direttamente e meno modestamente il risultato

Ancora su TikTok sta prendendo piede il trend #festaincasa, ideato dai Ferragnez per il lancio del duetto di Fedez e Cara Le feste di Pablo. Vince una visione giocosa e concettuale di party e di mondo, in cui è il pensiero quello che conta. E questo sia in assenza di effettivi omaggi al padrone di casa di turno sia, per forza di cose, anche di altri convitati, come è sintetizzato in modo esemplare da

e da

Un caposaldo della valorizzazione del cibo di tradizione ai tempi del Coronavirus non possono essere che gli agnelli di pasta di mandorle brutti, raccolti dall’omonima pagina Facebook (che adopera l’hashtag #iorestoallovile). Condividere sui social media la deformità delle proprie o altrui creazioni gastronomiche è un altro modo di stare insieme, mettendo a nudo due delle cose che si hanno più care: i ricordi e la famiglia. Al grido di: “Questo lo ha fatto mia madre ma somiglia a mia zia, quindi per favore non mettete il mio cognome”. Nel disagio della quarantena, siamo tutti agnelli di pasta di mandorle brutti: il prodotto — forse discutibile, ma certamente genuino — dei pochi ingredienti che ci sono rimasti in dispensa. Tra i quali, per fortuna, non sembrano mancare il coraggio e l’autoironia. L’irresistibile sorriso sornione di questo esemplare, posato su un foglio di carta assorbente a sua volta adagiato su un mollettone copritavolo, è il manifesto poetico di questo approccio alternativo alla Pasqua e alla vita sotto lockdown. Perché sul peggiore dramma del mondo esterno ha sempre una chance l’irrefrenabile ottimismo delle cose fatte in casa.