Ne sono passate e ripassate di canzoni, e quante, attraverso le otto orecchie della nostra famiglia. A partire dall'ascolto multisensoriale di alcuni pezzi di Vivaldi, Mozart e Shubert durante la gravidanza fino ad arrivare alla playlist che da un paio di anni mette tutti e quattro d'accordo, soprattutto durante i viaggi in auto. In questa lista ci sono song come Castel of Glass dei Linkin Park, che Emma, 10 anni, chiama da un lustro La canzone dei cowboy, Yellow Submarine dei Beatles, gruppo amatissimo da Giacomo, 8 anni. Seguono in ordine sparso e completamente disarmonico brani quali Pesto di Calcutta, Man Down di Rihanna, La nostra ultima canzone di Motta, Summertine Sadness di Lana Del Rey, È sempre bello di Coez, Sex on Fire dei Kings Of Leon, Stavo pensando a te di Fabri Fibra. E l'ultima arrivata, imposta dalla prole, ma accolta a suon di twerking soprattutto dalla genitrice, I wanna be your slave dei Maneskin. Certo fa parecchio effetto sentire uscire dalla bocca di un ottenne frasi quali "Voglio essere il tuo schiavo, voglio essere il tuo maestro, voglio fare in modo che il tuo battito cardiaco corra come le montagne russe” e di una decenne parole come “Voglio toccare il tuo corpo così fottutamente elettrico”, ma quando una musica piace a tutta la famiglia è come salire insieme su una giostra magica dove siamo tutti senza età, pensieri, rimproveri e frustrazioni.

Uno studio dell’Università dell’Arizona, pubblicato sul Journal of Family Communication afferma che la musica è la chiave per costruire migliori relazioni all’interno della famiglia: aiuta a sentirsi emotivamente più vicini; migliora la qualità della relazione genitore-figlio; aiuta a condividere impressioni, sentimenti ed esperienze. “Cantare insieme ai propri figli è una bella proposta, a tutte le età e può diventare un piacevole strumento per scandire la routine familiare: può accompagnare la sveglia, il pranzo, la messa al letto dei più piccoli e diventare un piacevole sottofondo nei momenti di relax serale”, consiglia la dottoressa Angela Pellecchia, psicologa Psicoterapeuta Terapeuta EMDR. I modi di fare musica sono cambiati e ancor più il modo di ascoltare musica che dalle audiocassette ad Alexa ha democratizzato l'utilizzo delle canzoni grazie alla fruizione a richiesta. Certo ci si può isolare indossando degli auricolari per godere di un ascolto più intimo, ma c'è anche la possibilità, meravigliosa in coppia o in famiglia, di alternarsi nella selezione di una canzone, per condividere le proprie scelte che, a ben ascoltare, spesso non sono solo musicali. “La funzione della musica resta la stessa, in particolare nei giovani. Ci distrae dai problemi, dalle difficoltà e dalle fatiche di ogni giorno e ci catapulta in un rifugio sereno, imperturbabile. Questo è ancor più vero per i giovani, per gli adolescenti che cercano, trovano e usano la musica come un canale di espressione libero, universale, creativo. In questo senso, trovo assolutamente pertinente l’idea secondo cui i giovani non vivono la musica, la abitano: entrano ed escono quando ne sentono il bisogno o il desiderio, in maniera immediata con pochi clic”, prosegue Pellecchia.

La musica parla una lingua universale: attraverso il suono, il ritmo tutti siamo in grado di esprimere facilmente e in maniera comprensibile le emozioni più diverse. “Non solo. La musica è espressione di stili, culture e identità diverse e per questa ragione supporta i giovani a costruire la propria personalità individuale e collettiva. Attraverso la scelta e la pratica di determinati generi e strumenti musicali il giovane esprime se stesso e la sua “personale” personalità e al tempo stesso si riconosce e si identifica in un gruppo piuttosto che in un altro. Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che vorrei concentrarmi. Attraverso la musica, suonata e ascoltata, si costruisce e si consolida “il gruppo dei pari”, territorio fondamentale per ogni giovane perché è all’interno di esso che: si verbalizzano emozioni difficili da esternalizzare come inquietudini, paure e anche entusiasmi; si impara ad ascoltare e a dialogare con gli altri con uno strumento espressivo nuovo e alternativo a quello verbale”, continua l'esperta.

Me li ricordo i miei figli intorno ai quattro mesi quando iniziavano a dondolarsi a ritmo di musica e qualche mese più tardi quando cominciavano a canticchiare, e poi a cantare le canzoni dei cartoni animati, quelle della recita di fine anno alla scuola materna fino ad arrivare a quelle di Sanremo e a quelle “di” Alexa proposte dalla tv, dalla radio, dalla rete, dagli amici, la colonna sonora che canzone dopo canzone li sta accompagnando verso l'adolescenza. “È in età scolare che le preferenze musicali cominciano a prendere forma per poi arrivare all’adolescenza, periodo in cui la musica diventa vera e propria espressione interiore. Pensiamo alla musica punk e metal, caratterizzata da suoni forti che richiede un ascolto ad alto volume proprio come l’urlo di ribellione dei ragazzi che cercano di affermare la loro autonomia e indipendenza dai genitori. Insomma, la musica offre all’adolescente tanto: vie di fuga, modi di entrare in contatto con gli altri, canali di espressione e molto altro. Perché la musica, così come ogni espressione artistica, ci aiuta in quel costante processo di identità e differenziazione che dura tutta la vita”, conclude Pellecchia. E allora, tutti insieme: “I wanna be your slave, I wanna be your master, I wanna make your heart beat run like rollercoasters”.