"Tu che leggi: se finora non hai capito nulla di quello che abbiamo scritto, vuol dire che sicuramente hai più di venticinque anni e che probabilmente non hai figli adolescenti o, nel peggiore dei casi, che non ti interessa cosa guardano su YouTube". Dopo un preambolo sui 2,5 milioni iscritti al canale di Luca Denaro, in arte ilvostrocaroDexter, "uno degli youtuber più famosi in Italia", così Andrea Amato e Matteo Maffucci si rivolgono ai lettori di Rivoluzione Youtuber, il libro scritto a quattro mani edito da PaperFirst, casa editrice del Fatto Quotidiano.

"In questo libro cercheremo di cristallizzare per la prima volta una nuova generazione e la professione che si è inventata, partendo solo dall’urgenza di esprimersi", spiegano i due autori. «Cercheremo anche di analizzare la YouTubEconomy, ma soprattutto faremo parlare per la prima volta gli youtuber più influenti d’Italia". Tra questi ci sono Eugenio Scotto, Francesco Sole, Sofia Viscardi e Guglielmo Scilla, in arte Willwoosh.

Come spiegano riportano Amato e Maffucci nel libro, "secondo le statistiche ufficiali diffuse da Youtube, nel giugno 2017 gli utenti medi sono stati un miliardo e mezzo al mese in tutto il mondo, ovvero quasi un terzo di tutti quelli collegati a internet. Quindi, su tre computer accesi e collegati in rete, almeno uno è su www.youtube.com. Sempre secondo i dati forniti da YouTubet, la gente guarda più video sui device mobili, dove la sessione media di visualizzazione è di 40 minuti. un’enormità. Più della metà dei miliardi di visualizzazioni giornaliere proviene dagli smartphone, per la gioia di gestori telefonici e produttori di cellulari. Ma il dato economico che più colpisce è che il numero di canali che ottiene un fatturato annuo a sei cifre aumenta del 50% di anno in anno.Dal 14 febbraio 2005, data di nascita di youtube a San Mateo– California –, il portale ha corrisposto circa 2 miliardi di dollari agli youtuber che hanno accettato di monetizzare i loro video con la pubblicità. Tra questi, anche il giovane italiano Luca Denaro, in arte ilvostrocaroDexter". Che cosa ha quindi generato (e genererà) la rivoluzione degli youtuber? Ne abbiamo parlato con Andrea Amato.

Text, Poster, Font, Logo, Brand, pinterest
Paper First

Quando e perché hai deciso di iniziare a scrivere questo libro? C’è un momento particolare in cui hai sentito che questo fenomeno andava assolutamente raccontato, o meglio "cristallizzato" come avete scritto?
Una serie di eventi. Il primo è stata la proposta che ci ha fatto Marco Lillo, direttore editoriale della casa editrice Paper First. Ossessionato dalla figlia teenager, ci ha chiesto d’indagare su questo mondo che per gli over 25 è quasi sconosciuto. Molti nostri coetanei sono all’oscuro di tutto e questo ci ha fatto capire che era in atto una profonda frattura generazionale. Per la prima volta nella storia “giovani” e “vecchi” hanno abitudini completamente differenti. Il giorno dopo la chiacchierata con Lillo, poi, abbiamo visto su Youtube il video di FaviJ, giovanissimo gamer, che ringraziava i suoi follower perché con i suoi video si era potuto comprare a 18 anni una casa a Milano. E da lì è partito tutto.

Nel libro parlate di rivoluzione culturale. Credi davvero che possa avvenire tramite gli youtuber?
Se negli anni Sessanta è stata la musica, nei Settanta la politica, negli Ottanta la televisione commerciale e nei Novanta internet. Questo è l’inizio dell’era dei creator. Chiunque può caricare un video e intercettare pubblico, influenzando inevitabilmente il linguaggio e i consumi di chi lo segue senza più nessuna mediazione da parte di terzi. Non ci sono direttori di rete che decidono i programmi che devono andare in onda, direttori di radio che decidono che musica devi ascoltare o direttori di giornale che decidono cosa devi leggere. Se poi questo spontaneismo assoluto sia un bene lo scopriremo solo fra qualche anno.

Una delle prime domande che è sorta spontanea all’inizio di questo boom riguarda quelle che voi giustamente chiamate “macchine da soldi”. Cosa hai scoperto intervistando gli interessanti e quanto è cambiato dai primi youtuber a oggi in termini di vero guadagno?
Gli youtuber di prima generazione, i pionieri, in quanto tali hanno dovuto conquistare la prateria, senza esempi da seguire, inventandosi tutto da zero, ma soprattutto all’interno di un sistema non così strutturato. All’inizio Youtube non pagava le visualizzazioni, perché non vendeva la pubblicità. Non esistevano poi agenzie di management, ma soprattutto i brand non avevano capito la potenzialità di affidarsi a un talent, che ha già un canale di diffusione con un target ultraprofilato. Quelli di seconda generazione, invece, hanno iniziato a guadagnare con le visualizzazioni, mentre quelli di terza oggi sono letteralmente rincorsi dalle aziende.

Illustration, Sitting, Cartoon, Art, Reading, Graphic design, pinterest
Getty Images

Nel libro raccontate non solo il punto di vista di chi produce video, ma anche quello dello spettatore. Cosa guarda, quando guarda, chi guarda. Cosa hai scoperto su questo tema, soprattutto sugli spettatori italiani?
L’Italia, da sempre, è un mondo a parte per quanto riguarda tv e radio. La nostra lingua, parlata solo da 60 milioni di persone su 6 miliardi, ci ha isolato di fatto e ha creato un gusto del tutto originale. Infatti abbiamo un sistema radiotelevisivo unico al mondo. Questo ha creato unicità anche nel pubblico. Stesso discorso per Youtube: da noi c’è poca contaminazione. Non è un caso che le uniche webstar italiane che hanno successo nel mondo sono Chiara Ferragni, di fatto esplosa con le fotografie su Instagram, e l’altra è Elisa Maino, diventata famosa grazie a Musical.ly, un social network basato sul lip sync, ovvero il playback di canzoni. Due casi in cui l’idioma e la territorialità sono stati superati in partenza. Questo per dire che gli youtuber italiani sono lo specchio del pubblico che li segue, altro grande elemento di forza: c’è molta immedesimazione in chi ti guarda, perché potresti essere tu nella tua cameretta. Noi, purtroppo, guardando Fiorello in televisione non abbiamo mai pensato di essere come lui.

La storia che ti ha più colpito tra gli intervistati?
Sono due ed entrambe di riscatto. La prima è quella di Gordon, al secolo Yuri Sterrore, che ha utilizzato Youtube per uscire da una brutta depressione giovanile. Grazie al Tubo ha trovato il suo posto nel mondo. E poi quella del manager Eugenio Scotto, che potremmo definire il Claudio Cecchetto del web: ha scoperto Frank Matano, Francesco Sole e tanti altri. È partito da Reggio Calabria con un sogno e pochissimi soldi e pur di realizzarlo e rimanere a Milano ha dormito per settimane in Stazione Centrale. Alla fine, però, ce l’ha fatta. Oggi a 32 anni è uno dei manager più influenti insieme a Francesco Facchinetti, Luciano Massa e Luca Casadei.

Sei autore, ma anche giornalista. Come pensi che questa rivoluzione cambierà (o secondo te sta già cambiando) anche il modo di fare informazione?
Purtroppo questa rivoluzione passa sopra l’informazione. Il nostro lavoro ha regole ben precise e una deontologia che dovrebbe essere ferrea. Questo spontaneismo funziona per l’intrattenimento, ma è deleterio per l’informazione, perché non c’è alcun controllo sulle fonti e da lì nasce il problema delle fake news. Il massimo che possiamo permetterci oggi in rete è una serie d’immagini di cronaca, perché un telefonino che riprende o una telecamera di sicurezza attiva ci sono sempre, ma manca completamente il lavoro d’indagine e quello alla fine genererà un vuoto pericoloso.

Ritornando all’incipit del libro, si legge: “non si tratta di passioni adolescenziali temporanee, ma di una vera e propria rivoluzione culturale, che non solo cambierà la formazione e la crescita dei nostri figli, ma anche l’industria dell’intrattenimento e del marketing. Processo, tra l’altro, iniziato già da anni”. Come pensi di evolverà nei prossimi dieci?
Se avessimo la risposta probabilmente saremmo i nuovi miliardari della Silicon Valley. Nelle conclusioni abbiamo provato a prefigurare uno scenario e abbiamo immaginato un futuro completamente in mano allo spettatore-consumatore che deciderà arbitrariamente quali prodotti consumare, anche nell’intrattenimento. Probabilmente compariranno influencer di consumi culturali, in un panorama di offerta infinita e accessibile a tutti. Mentre la tecnologia svilupperà software che permetteranno di scegliere cosa vedere in base al proprio umore: «ehi Siri, oggi mi sento malinconico, cosa posso guardare?».