Quadrettino da appendere sopra al divano? Statuetta da mettere sul comò? No grazie. A Basilea l’arte si fa monumentale, e valica i propri confini diventando UNLIMITED. Così si chiama l’iniziativa promossa da Art Basel Unlimited 2018, la fiera di arte contemporanea più influente del mondo, che dal 2000 ha deciso di destinare uno spazio (di 16 mila metri quadrati), a una piattaforma che raccoglie le opere oversize di artisti storicizzati, ma anche di quelli che fanno parte del sistema da meno tempo. Nella mirabolante Hall 1 del Messe Basel, firmata dalle archistar Herzog & de Meuron, saranno ospitati i 71 progetti dell’edizione 2018. Il curatore incaricato sarà, per la sesta volta consecutiva, Gianni Jetzer (già curatore all’Hirshhorn Museum di Washington, soprannominato “The Curator-at-Large”). Alcune opere sono divenute parte integrante della fiera, come l’intervento, rimasto permanente, dell’artista concettuale Daniel Buren, che nel 2007 aveva trasformato le scale mobili della Hall in una scultura cinetica. Mentre, per la nuova edizione, l’artista presenterà, con lo spiritoso titolo Una cosa tira l’altra, una passerella sospesa in aria sulla quale sarà possibile salire, navigando nello spazio e osservando la mostra da punti di vista assolutamente inaspettati.

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Domanda: quali sono gli artisti più attesi di Art Basel 2018 Unlimited? Matthew Barney ad esempio, che negli anni ’90, con la serie cinematografica Cremaster, ha raccontato la nascita degli Stati Uniti tramite metafore sessuali, (e un budget mai visto prima!). A Basilea la pellicola si trasformerà in realtà, e l’elegantissimo Irish Bar in stile Art Deco che compare nel film sarà un vero locale in cui entrare e sedersi. La giovane Camille Henrot invece, che a meno di 40 anni ha conquistato un pubblico internazionale, tramite il suo ultimo film Saturday porterà gli spettatori in un viaggio verso il Regno di Tonga in Polinesia: tra riprese e pennellate su video racconta della Chiesa Avventista Evangelica, del cibo, dei fiori e dei panorami che fanno dell’isola un paradiso tropicale. Il film sarà proiettato in una stanza dalle pareti viola e il soffitto nero, per una visione totalmente immersiva. Tteias invece (una parola che in portoghese unisce le parole “rete” e “senso di gratitudine”), il lavoro della brasiliana Lygia Pape, sarà un vero e proprio ambiente formato da una miriade di fili trasparenti e scintillanti che, intersecandosi, materializzano volumi e geometrie nello spazio, suggerendo un senso di invisibile e magico.

Sei sedie reclinabili (e vibranti), potenti sub-woofer e uno schermo gigante per Dream Journal 2016-2017, il lungometraggio d’animazione dell’artista Jon Rafman sul viaggio di due eroine attraverso paesaggi infernali. Grottesca e distopica, l’opera indaga le fantasie inconsce collettive e la distorsione psichica provocata dall’abuso delle tecnologie (un po’ alla Black Mirror, per capirci...). E ancora, tra gli attesissimi, Tiger Tiger Tiger di Ai Weiwei, l’installazione composta da più di tremila frammenti di porcellana raffiguranti il motivo della tigre, simbolo di coraggio nella cultura cinese. Rashid Johnson, che porta un ambiente tropicale fatto di piante, ritratti video e sculture realizzate con burro di karité e infine Katherine Bernhardt dai dipinti di dimensioni monumentali, raffiguranti coloratissimi uccelli esotici, robot e mozziconi di sigarette. Scordatevi quindi l’angolino dell’anticamera da riempire, o quel pezzo di parete sopra il televisore da arredare. Preparatevi piuttosto per una mostra in cui l’oversize non è solo la misura delle opere esposte, ma anche lo stupore che l’incontro con esse provoca.