Queste foto sono state scattate a fine novembre durante le proteste a Santiago del Cile partite da Piazza Italia, rinominata Plaza de la Dignidad. Quasi due mesi dopo le giornate di scontri iniziate a partire dal 7 ottobre scorso il capoluogo cileno sembra aver abbassato i toni della protesta, più di 50 giorni dopo quella prima discesa in piazza che ha marchiato il mondo politico del 2019.
Violazioni dei diritti umani, consulta ciudadana, processo costituzionale: parole che hanno sorretto le lunghe giornate di disobbedienza cittadina iniziata con una protesta simbolica mossa da molti studenti iniziata il 7 ottobre, ovvero non pagare il biglietto della metropolitana simbolo di una città in cui costa troppo vivere rispetto alle effettive entrate della popolazione cilena.
Da quel giorno, Santiago è esplosa: un appuntamento con la richiesta di una nuova costituzione che fosse realmente equa. Ed è di equità femminile che si è parlato anche riscoprendo la falcata del movimento femminista cileno che ha dalla sua una potente forma di racconto fisico e verbale. Queste sono le donne che, viso coperto e seno volutamente scoperto, hanno marchiato il percorso di due mesi di proteste.
Dichiarazioni che restano: “i protestanti sono come un cancro da estirpare” ha dichiarato il generale dei Carabineros Enrique Bassaletti riassumendo i moti contro il governo di Sebastián Piñera. Molti giorni dopo il presidente cileno in un lungo editoriale sul New York Times del 18 dicembre 2019 ha provato a dare risposte, soluzioni pratiche, atti che siglerebbero la fine di tutto questo: “nelle ultime settimane abbiamo assistito a uno scoppio enorme e inaspettato di violenza, incendi, rivolte, distruzione e criminalità, che ha causato un grave danno al corpo e all'anima del Cile. Abbiamo applicato le regole più rigorose per quanto riguarda l'uso della forza, adottato una politica di piena trasparenza nelle informazioni sui diritti umani e rafforzato il sistema di difensori pubblici.”
Il 70enne Sebastián Piñera ha continuato “vi sono prove di abusi e uso eccessivo della forza, ma abbiamo concesso al nostro Istituto Nazionale per i Diritti Umani, autonomo, il pieno accesso per svolgere il suo mandato legale in materia di protezione dei diritti umani. Abbiamo invitato sia l'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sia Human Rights Watch a osservare la situazione sul campo. Inoltre, abbiamo promosso e assicurato l'indipendenza dei pubblici ministeri per indagare su eventuali reclami e dei tribunali giudiziari per giudicare eventuali abusi o crimini commessi da personale militare o di polizia (…)”.
“Questa diffusa ondata di violenza e distruzione è stata accompagnata da qualcosa di completamente diverso: il più grande movimento sociale nella nostra storia recente è nato (…) In un giorno particolare più di un milione di persone si sono espresse per le strade. Questa protesta sociale è diventata una grande opportunità per costruire un nuovo futuro per il Cile”. Basterà questa lunga dichiarazione di intenti? Ci saranno altri venerdì di scontri? Si è ottenuto davvero qualcosa all’ombra del futuro cileno del prossimo decennio?