Tutte hanno in comune almeno una cosa: un bel giorno hanno gridato “azione!” e ci hanno spinto fuori. Così è potuta iniziare la nostra storia. Nella maggior parte dei casi, per fortuna, è iniziata anche una relazione, forse la più intensa e complicata del mondo. Fatta di borotalco (quando ancora non si sapeva che facesse male, e quanti altri strumenti di sincero amore, materiali e no, hanno finito per danneggiarci un po’ o tanto), baci della buonanotte con o senza schiocco a seconda dello stile personale, vestitini cuciti a mano, merende prelibate, risate complici, braccia tese ad accogliere una corsa.

E anche rimproveri taglienti come lame, divieti categorici e dolorosi, battute acide e sguardi capaci di distruggere sogni. Ma chi erano le nostre madri prima di tutto questo? Be’, intanto esistevano nonostante, e in certi casi si potrebbe dire grazie alla nostra assenza. Abbiamo le prove. Sono nelle dissolvenze chimiche di una fotografia, nei micro movimenti sfocati del volto e nei barlumi di sorriso. In certe inquietudini e tristezze degli occhi in cui è contenuto… cosa, esattamente? Magari un dispiacere del momento? Oppure un intero destino? Sfogliando Mothers Before di Edan Lepucki, da cui è tratta la selezione di storie di queste pagine, alcune figlie provano a rispondere a domande simili, guardando una fotografia delle loro madri quando erano ragazze o giovani donne con tutta la vita davanti. Che non si capisce bene come sarebbe stata, quanto diversa, senza la gravidanza. Perché è inutile, dopo sono cambiate per sempre. E più si va indietro negli anni, più, nonostante l’amore, è stato alto il prezzo da pagare: quasi un insulto, per quanto dolcissimo, alla propria identità.

La storia è iniziata nel 2015, quando Edan, scrittrice californiana classe 1981, pubblicò il suo secondo romanzo, Woman No. 17, che racconta di una relazione madre-figlia. Per promuovere il libro decise di creare un account Instagram che invitava le donne a condividere scatti ed emozioni. Credeva di lanciare un’iniziativa di promozione e interazione virtuosa come tante, e invece man mano che nell’account si assiepava materiale, corredato da brevi frasi e didascalie molto personali e significative, si è accorta che aveva lanciato il sasso in un pozzo profondissimo, pieno di echi.

Ha deciso così di invitare a questo gioco altre donne, più o meno famose, per realizzare un libro. Osservarne le fotografie e leggere i testi produce dipendenza. Se ne vorrebbero guardare ancora e ancora, con voracità, perché lì, dentro le storie individuali e strettamente personali, in queste privacy diventate pubbliche, noi tutte andiamo cercando qualche chiave per entrare nel mistero delle nostre madri. In quella parte di loro a cui non abbiamo avuto accesso, e che nasconde anche la soluzione al rebus di una parte di noi.

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Sam Rader


Sally, mia madre, pensava che sarebbe diventata una fisica e invece all’ultimo momento decise di andare a scuola di teatro. Era una capobanda, una combinaguai, e amava ballare e cantare. Una volta mi disse che era capace di passare in rassegna tutti gli invitati di una festa e beccare l’unica persona imbarazzata e sola per provare a farla sentire speciale. È la santa patrona dei naufraghi. Sono cresciuta in una casa con sette camere da letto, che erano sempre occupate da gente che non aveva altro posto dove andare. Quando avevo cinque anni, mi svegliò nel cuore della notte la vigilia di Natale per vedere “Santa”. Aveva noleggiato un tizio perché si travestisse, mangiasse i biscotti lasciati sul piattino e portasse i regali. E altri che, restando fuori, pestassero forte i piedi come fanno le renne. Mi feci la pipì addosso per lo spavento. Quando avevo nove anni organizzò una festa di compleanno per se stessa e chiese a tutti di regalarle un bicchiere. Si presentarono un centinaio di persone, e la dispensa in cucina da allora fu totalmente occupata da meravigliosi pezzi unici che l’élite creativa di Los Angeles aveva trovato setacciando la città. Durante i miei vent’anni mia madre mi diceva: «Non posso credere di aver partorito una hippie». E io ribattevo: «Io non posso credere di essere venuta fuori da una a cui piacciono l’aria condizionata e la maionese». Non ho mai riso forte con qualcuno quanto ho fatto con mia madre. (Sam Rader, psicologa e creatrice di profumi a Los Angeles).

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Jennifer Egan


Mia madre e io non impazziamo per questa foto. Non le assomiglia granché - dà più che altro l’idea di come dovrebbe apparire una ragazza carina alla fine degli anni 50. È prima di aver partorito me (quando aveva a 24 anni) e presto si sarebbe sposata con un uomo da cui avrebbe divorziato due anni più tardi. La foto è stata scattata durante un picnic a Chicago, con alcuni compagni copywriter della Marshall Field, dopo che si era laureata al college. Aveva 21 anni qui. Il fotografo era un corteggiatore non corrisposto. Sembra quasi che stia leggermente strabuzzando gli occhi, vero? Mia mamma è una donna molto bella, e nell’America anni 50 bellezze come le sue devono essere state interpretate come un destino. Ricordo che una volta mi disse che l’obiettivo dell’educazione alla Vassar, il suo college esclusivo, era di fare di lei il miglior “accessorio ornamentale” per qualunque uomo avesse sposato. A volte mi chiedo che tipo di vita avrebbe avuto se fosse nata dieci, o anche cinque anni più tardi. Avrebbe perseguito una carriera nel casting teatrale, dice; è stata una maniaca del teatro per tutta la vita, e un’appassionata di cultura e arte. È forse l’unica madre ad essersi davvero emozionata quando la figlia le ha detto di voler diventare romanziera. La sua personale carriera non è iniziata fino alla fine del secondo matrimonio, nei suoi primi quarant’anni. Aprì una galleria d’arte moderna a San Francisco e vendette arte per 25 anni. Ha avviato artisti a brillanti carriere e ha favorito la mia dal primo momento. Quando mise fine a quel matrimonio precoce nel 1965, all’età di 26 anni, per lei sarebbe di sicuro andata diversamente se non fosse stata vincolata da una bambina di due anni. Ma mi ha fatto sempre percepire il mio arrivo e poi quello di mio fratello come le più grandi gioie della sua vita. (Jennifer Egan, scrittrice).

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Ry Russo Young


Questa è l’unica foto che le mie madri hanno potuto trovare di se stesse, insieme, prima di avere figli. Il che la dice lunga sulla loro storia. Robin e Russo si incontrarono nel 1979, si innamorarono all’istante e tre mesi più tardi stavano cercando di avere bambini. Servendosi di un donatore conosciuto, un uomo gay, Russo si è auto inseminata usando una siringa di vetro senza ago. Cade, la mia sorella maggiore, è nata nel 1980, e come la descrive mia madre, «Era così perfetta che volevamo rifarlo subito». Così si misero a cercare un altro uomo che desiderasse donare il suo sperma e contribuire a realizzare una famiglia lesbica, in un periodo storico in cui una cosa del genere quasi non esisteva. Pensavano che gli uomini gay come donatori avrebbero capito meglio una famiglia simile. Robin fece un’inseminazione e diede alla luce me, Ry Russo-Young, nel 1981. I nostri nomi, uniti col trattino, riflettono entrambe le madri, le loro identità e l’uguaglianza nella loro unione. Non erano artiste, ma la loro creazione più grande è stata la loro famiglia. (Ry Russo-Young, scrittrice e regista)

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Fran Melmed


Non so dove sia stata presa la foto, o da chi, ma questa è mia madre, Jill, mentre scoppia in una meravigliosa, spavalda risata. Il suo modo di ridere era unico - e rumoroso! Potevi sentire i suoi ululati squillanti in fondo ai corridoi e nei vani degli ascensori. Molti anni dopo questo scatto, ha riso gioiosamente con me e mia sorella intorno al tavolo della cucina, dove sedeva per la prima volta al posto del capofamiglia. Più tardi ha ridacchiato con gioia nel vedere un nipotino riuscire in qualche impresa. E ancora un po’ dopo, con un insieme di fragilità e fatalismo, si è sciolta in una risata mentre affrontava con coraggio la sua diagnosi di cancro al polmone e le terapie che ne sono seguite. La sua capacità di trovare il divertente in tutti i dolori e le contrarietà della vita è solo uno dei molti suoi insegnamenti a cui attingo, specialmente nei giorni in cui sento più forte la sua mancanza. (Fran Melmed, fondatrice del Jmb Award, un premio che sostiene i progetti e la formazione di giovani donne "grintose")

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Alycia Elizabeth


Qui ci sono mia madre e mio padre alla loro festa di fidanzamento. Hanno iniziato a uscire insieme a 19 anni. La mamma dal Queens, papà da Brooklyn, si trasferirono entrambi a Fort Lauderdale, in Florida, quando erano adolescenti. Si sono conosciuti là, in un centro commerciale! In questa foto la mamma indossa un vestito della sua futura suocera. La nonna glielo prestò per questa occasione speciale. (Alycia Elizabeth, studentessa di college del Sud Carolina)

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Genny Siegel


Mia madre, Addie, amava stare dietro, non davanti alla macchina fotografica. Imbattersi in scatti di lei da giovane è come trovare l’uovo di Pasqua, e per pudore difficilmente condivide immagini di sé con le sue tre figlie, al punto che abbiamo dovuto procacciarcele bussando alla porta dei suoi amici storici. Qui la mia rilassata, morbida madre è stata catturata nel suo primo appartamento a New York; il fatto che le vettovaglie non siano riposte ma impilate in cima al frigorifero mostra quanto lo spazio fosse angusto. Adoro la sua carnagione abbronzata e lentigginosa, la sua permanente anni 80 e il maglione ancora più anni 80. Oggi sa qual è il momento giusto per ridere di una battuta, anche se non è lei a farne. Qui la immagino sorpresa come un cervo dai fari, mentre tutti ridono. Si imbarazza ogni volta che guardiamo questa foto insieme, però ha deciso di tenerla tutti questi anni. Deve essere per lei un ricordo dolce, da andare a trovare ogni tanto. (Genny Siegel, fotografa e videomaker)

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