Ci sono libri che finiscono sottopelle, e restano sul fondo. Come il nuovo romanzo di Antonella Lattanzi, Questo giorno che incombe,
 teso fin dalla prima pagina, da quando incontriamo Francesca che con il marito e le figlie Emma 
(1 anno) e Angela (5 anni), si trasferisce da Milano 
a Roma in una casa perfetta, in un condominio perfetto e pieno di brave persone. Ma qualcosa stride (dentro, fuori?), in un crescendo inesorabile: Francesca si ritrova sempre più sola, totalmente assorbita dalle bambine, non riesce a lavorare, 
la casa sembra (sembra?) parlarle, i vicini da accoglienti le appaiono invadenti, ha ore intere
in cui non sa che cos’ha fatto. E non lo sa nemmeno il giorno in cui dal cortile scompare una bambina. Altro (chi sia, cosa sia successo) è bene non aggiungere. Basti dire che questo thriller incalzante
 ci parla di sospetti, amore, di quello che possono fare le brave persone, e dei mille lati della maternità.

Com’è nato Questo giorno che incombe? 
L’idea viene da lontanissimo. Da una cosa realmente successa nel cortile del complesso dove sono cresciuta e dove vivono ancora i miei genitori e che mio padre mi ha raccontato una ventina d’anni fa.
 I miei non me ne avevano mai parlato prima, ma era come se quell’ombra non fosse passata del tutto e avesse macchiato quel posto per sempre. Ed è una sensazione che ho avuto anche crescendo.
 Ci penso da tanto, ma il libro ha preso forma quando mi è apparso l’altro tassello, quello sentimentale. Volevo scrivere anche una storia d’amore. Quella che era una suggestione allora è diventata una storia.
Ho pensato a questo condominio dove arrivava una coppia felice e molto realizzata dal punto di vista professionale, soprattutto lei, Francesca, con due figlie piccole. Solo che appena arrivano in questo posto, il Giardino di Roma, che è un luogo che esiste davvero, si avverte subito che c'è qualcosa che non va. E non si sa, non si capisce, di cosa si tratti, se sia reale o se riguardi la protagonista, che per la prima volta si trova da sola tutto il tempo con le figlie in un posto che per una famiglia è perfetto, ma per una persona con un’interiorità piena diventa molto restrittivo, al punto che Francesca sente sempre più venir meno la sua identità di essere umano.

Cosa c'è di te qui dentro? C’è sia questa storia che è successa a casa mia tanto tempo fa, ma anche questo senso del mio lavoro, della scrittura, che mi definisce e non mi lascia mai sola. Non mi sento mai sola perché ho quest'amore, questa passione. E mi sono sempre domandata, che poi è anche quello che si chiede Francesca, se io questa passione dovessi perderla, cosa mi succederebbe? Di me che cosa rimarrebbe?

Questo è anche un romanzo sui lati meno solari dell’essere madre. 
Io non ho figli, ma mi pare che a volte la maternità venga raccontata come una cosa magica, come se per il fatto di essere donna tu dovessi avere un istinto materno. Era importante declinarne le sfaccettature: perché se da un lato la maternità quando viene scelta - e Francesca, la protagonista, le figlie le ha fortemente volute - è una storia d’amore pazzesca, dall’altro se diventa l’unica cosa che hai e non è quello che vuoi, può diventare un incubo.

Cosa volevi raccontare? Lo scontro tra la realtà e i sogni. Tu nella vita ti impegni tantissimo per delle cose, e pensi che possano diventare la realtà. Ma può succedere che di colpo la realtà viri. E tu rimani a un bivio, e devi capire se accettare quello che accade e cercare di modificarlo oppure se provare a perseguire i tuoi sogni, cosa che può voler dire anche far crollare del tutto una vita e ricostruirne del tutto un’altra.

Parliamo della casa, un personaggio con una voce precisa. Da dove arriva quest’idea? Diciamo che a Francesca accade quello che capita spesso anche a me. Lei sente la casa che
le parla, io penso qualcosa e poi ho una voce che mi dice che quello che sto pensando è sbagliato. Ho esasperato questa voce. La casa è uno dei miei personaggi preferiti, sembra essere la sua grande nemica ma è la sua unica amica, l’unica che è davvero lì per lei, quando tutti l’hanno lasciata sola.

Quante ombre ci possono essere in un appartamento pieno di luce? Tantissime. Io penso che la casa come rifugio, come nido, esista, ma se sei obbligato a stare in una casa, allora può essere una presenza ossessiva.


La realtà può essere ingannevole? La realtà come diceva Proust è il più abile dei nemici. Ti colpisce dove non hai preparato le difese. Può essere pesantissima, e quindi nemica, e in più è abile: può apparirti realtà ma contenere una serie di bugie. Puoi pensare di vivere una realtà, per esempio in una relazione di coppia, e nei fatti non sapere nulla della persona che ti sta accanto. In più la realtà può diventare ripetitiva, angusta. Credo che cercare sempre un’irrealtà nelle cose che fai, in quelle che pensi, come una specie di portale verso qualcos’altro, sia importantissimo perché ti dà la possibilità di evadere.

Siamo abituati a pensare il dentro come un riparo e il fuori come qualcosa che puòfare paura. È davvero così?
 Secondo me la scoperta continua delle persone, dei luoghi che ci sono all’esterno rispetto a quelli dove siamo, è salvifica. Se ti rinchiudi in una casa, che vuol dire anche dentro di te, a un certo punto non puoi che aggrovigliarti su te stesso e diventare sempre meno permeabile al cambiamento. Dentro casa tra l’altro anche la cronaca dimostra che accadono le cose più atroci e nessuno lo sa.

Quello che succede attiva una serie di dinamiche tra le persone che vivono in quel condominio. Cosa può fare un gruppo? Questo per me è un romanzo sul germe del sospetto. Mi interessava l’idea che una volta che inserisci un pensiero subdolo questo può diventare gigantesco e muovere le persone a fare qualcosa contro di te o a muovere te contro gli altri. Volevo indagare come può cambiare la percezione dell’altro in base a quello che dice la comunità. Che è quello che succede in questo condominio.

Con questo libro ha fatto pace con il passato?
 Il passato ti trova sempre. Penso che tutti noi se ci guardiamo indietro abbiamo delle cose, piccole o grandi, che ci fanno male. E non credo sia possibile fare pace con i grandi traumi. Quello che si può fare è guardare quello che è stato in modo più distaccato, adulto. Addolcire il ricordo e capire anche tutto l’amore che c’era e che magari non abbiamo visto. E ricordarci che sta a noi costruire
il presente e il futuro. Non siamo tutti dentro i traumi del nostro passato, siamo anche nelle cose belle.
 E siamo soprattutto nel nostro presente.



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Courtesy HarperCollins

Questo giorno che incombe, il nuovo romanzo di Antonella Lattanzi esce da HarperCollins (€ 19,50).