Damien Hirst colpisce ancora. E lo fa centrando il bersaglio grosso: le sale della Galleria Borghese di Roma, uno dei luoghi più suggestivi del mondo. L'occasione è Archaeology Now, evento clou della stagione artistica.

damien hirst, galleria borghesepinterest
© Damien Hirst and Science Ltd. All rights reserved, DACS 2021 / SIAE 2021
Reclining Woman

Un po' mostra, un po' performance, un po' fiction: l'esibizione romana -dal 6 giugno all'11 novembre - trae linfa vitale dalla leggendaria Treasures from the Wreck of the Unbelievable, messa in scena nel 2017 a Palazzo Grassi e Punta della Dogana a Venezia. All'epoca tutto era avvolto dal mistero. L'artista britannico aveva lasciato credere a pubblico, critici e appassionati che quello esposto sul Canal Grande fosse addirittura un tesoro vecchio più di duemila anni, rinvenuto in fondo all’oceano Indiano nel 2008.

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The Severed Head of Medusa

Sarebbe appartenuto a un certo Cif Amotan II, un liberto di Antiochia vissuto tra la metà del Primo e l’inizio del Secondo secolo dopo Cristo. Il tesoro sarebbe dovuto finire in dono al tempio del dio Sole ma la nave che lo stava trasportando, naufragò. Per settimane Hirst ha mescolato realtà e finzione, svelando a poco a poco i suoi segreti. Come la statua del faraone, che a un controllo più attento assomigliava maledettamente a Pharrell Williams. O la scultura dedicata alla dea greca che nascondeva le proporzioni della Barbie. Insomma, quello che in principio sembrava verità, in realtà era solo illusione.

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The Skull Beneath the Skin

“La mostra è incentrata su quello che crediamo. - aveva detto ai giornalisti l'artista - Io credo nella storia del collezionista vissuto duemila anni fa. Se chiudo gli occhi lo vedo, non mi si può dire che non sia esistito”. Come dargli torto?

Ora Hirst replica. E ripresenta a Roma oltre 80 opere di quella fantastica serie, accostandole ai capolavori presenti in Galleria. La mostra, curata a quattro mani da Anna Coliva e Mario Codognato, coinvolge arte, filosofia e letteratura. L'obbiettivo è sempre lo stesso: far riflettere, lasciar sedimentare le emozioni fino a che queste non diventino ricordo. "La grande arte o la buona arte - spiega Hirst - è quella che, quando la guardi e ne fai esperienza, ti rimane nella mente. La grande arte è quella che non ti fa smettere di pensare, dopodiché diventa memoria".

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Purple Lagoon

Archaeology Now è un'opera coraggiosissima (ma anche furbissima, in perfetto stile hirstiano). L'artista confonde, ammalia e spiazza. Si mette al cospetto di giganti come Bernini e Caravaggio. Affronta un'incredibile quantità di materiali naturali, tecnologici e preziosi. Sfida il marmo, il bronzo, il corallo, il cristallo di rocca e le pietre dure. Il tutto rispettando il desiderio del fondatore della Galleria, il Cardinale Scipione Borghese, che già nel '600 sognava di realizzare uno spazio multiforme, multidisciplinare ed eclettico.

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Pollen

Oltre ai lavori di Treasures from the Wreck of the Unbelievable, a Roma saranno esposti per la prima volta i dipinti della serie Colour Space, del 2016. Si tratta di un'evoluzione dei famosi Spot Paintings. Hirst li definisce “cellule al microscopio, perché fluttuano nello spazio, scontrandosi e fondendosi l’una nell’altra, con un senso di movimento che contraddice la staticità tipica della tela".

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Skull of a Unicorn

Sembra passato un secolo da quando nel 1995 l'ex bad boy dell'arte inglese, nato a Bristol e cresciuto a Leeds, ritirò il Turner Prize affermando senza troppi fronzoli: "È incredibile dove si possa arrivare con un 4 in arte, un'immaginazione bacata e una sega elettrica". Oggi Hirst si è fatto più sofisticato, più impegnato. Non solo nella sua arte, ma anche nei concetti che le stanno dietro. Con Archaeology Now l’artista ha infatti messo al centro di tutto alcuni dei temi fondamentali della nostra epoca: da internet ai social media passando per le fake news. E, più in generale, ha imposto una riflessione sulla nostra capacità di saper distinguere ciò che è vero da ciò che non lo è.