A sud del fiume, Londra ha un suo appeal particolare, non a caso proprio qui si è giocata la sua rinascita e la sua rivincita. Southbank fu scelta da Abercrombie nel suo piano del 1943, per ricostruire la città dopo la guerra a cominciare dalla cultura. La Royal Festival Hall, primo edificio modernista, resta il simbolo di quella rivincita sul mondo, celebrata nel 1951 con il Festival of Britain. Il festival fu atto fondativo di quello che oggi è diventato il cuore culturale di Londra, il maggiore in Europa, paragonabile per affluenza ed estensione solo al Lincoln Centre di New York: il Southbank Centre. Trascorrere una giornata da queste parti, significa predisporsi a conoscere un intero distretto dedicato alla creatività dell’uomo, tanto è forte, al Southbank Centre, la saldatura tra spazi, funzioni e soprattutto contenuti culturali ad alta densità, provenienti da ogni forma d’arte, dalla letteratura, al teatro, alla musica, al cinema, allo skateboard (!). Il sito era mirabile già nel 1951 e il Festival of Britain fu un successo. La sponda sud del Tamigi ben si prestava ad offrire spazio, aria e luce ai londinesi del caotico west end, nel tempo libero del fine settimana. É qui che oggi transitano 3 milioni di visitatori all’anno. Da qui, senza nessuna interruzione, si raggiunge in passeggiata continua lungo il fiume, Bankside, Tower Bridge e Shad Thames.

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Photo by Clifford Yeo on Unsplash

Intorno a capisaldi di calibro internazionale come il National Theatre, la Tate Modern e il BFI, l’energia di rinnovamento non si è mai arrestata, tutto continua a trasformarsi in un gioco di rilanci e sfide all’innovazione. Rogers & Partners ha realizzato Neo Bankside, Herzog & De Meuron la nuova Tate, presto verrà inaugurato One Blackfriars, uno dei 270 nuovi grattacieli che trasformeranno la skyline di Londra. Un fibrillare inarrestabile di iniziative volte al cambiamento che ha contagiato i quartieri vicini. Due, tre strade più in giù c’è un mondo intero da esplorare per le novità e i new opening inarrestabili di locali, negozi, gallerie e ristoranti, a cominciare dal recente distretto food di Flat Iron Square che buca la barriera del viadotto ferroviario, trasformando 7 archi in 17 diversi tipi di ristoranti e affini, collegando con una vitalità mai vista prima, due facce della stessa zona da sempre estranee.

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Photo by Mirko Nicholson on Unsplash

La Sea Container House, a metà percorso tra Southbank Centre e London Bridge, nel progetto degli anni ’70 doveva essere un hotel di lusso con vista privilegiata sul Tamigi. Finì invece per onorare quel privilegio in maniera del tutto imprevista, quanto incompleta, diventando semplicemente un edificio per uffici di servizio nautico. Il riscatto alla sua vera vocazione è arrivato 40 anni dopo, nel 2011 quando qualcuno ha voluto ridare vita al progetto originario. Camminando ci si accorge della sua presenza discreta, per il gioco di trasparenze offerto dalle pareti interamente vetrate al piano terra. Un effetto che rende le sale interne del ristorante Sea Container e del Dandelylan bar, totalmente permeabili alla vista sulle maree del Tamigi e alla passeggiata lungofiume. La relazione dentro/fuori è assolutamente inedita, non ne esistono altre simili al di qua del Tamigi. Trascorrere un pomeriggio seduti ai divani tra un afternoon tea e un occhio alla programmazione in corso al Southbank Centre, può rivelarsi una delle esperienze più “local-insider” che si può, da non residenti nella magica Londra.

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Courtesy Dandelyan bar

L'hotel è stato progettato da Design Research Studio, sotto la direzione creativa di Tom Dixon. Ambiente e atmosfere si ispirano al mondo nautico, il nome è rimasto dall’omonima compagnia di viaggi e trasporti registrata alle Bermuda nel’65, quelli del Venice Simplon Orient Express per intenderci. La mole stessa dell’edificio, vista da North Bank, ricorda una nave da crociera di lusso. Il team di Dixon rievoca in chiave contemporanea l'età d'oro dei viaggi transatlantici. L’atrio è modellato con grandi volute rivestite di rame che ricordano la carena di una nave vista dalla banchina.

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Photo by Hamish Duncan on Unsplash

Lo stile deco del Dendelyan, premio migliore design bar 2017, divani in pelle rosa cipria e verde saturo alle pareti ricorda la sala esclusiva di un privé anni ’20. Perfino le toilettes son da visitare, tutte in nero e ottone, specchi come oblò e lampade marinare. Di una nave da crociera il Mondrian mantiene anche il numero di camere, 360, tantissime per il target diffuso da questa parte del Tamigi, ma la sensazione di estrema intimità, di trovarsi in un posto segreto è totale, una volta varcata la soglia. Al crepuscolo lo spazio interno scompare per far posto allo scenario dorato che si apre oltre le vetrate. La postazione in poltrona sul terrazzino illuminato dalle lanterne, crea un’aura al tramonto da rimaner stregati. I contrasti audaci tra la boiserie antracite, dalle linee curate di ottimo artigianato, e i dettagli che spiccano per cromature e colori saturi, tra fucsia, giallo e oro decò, attribuisce forte personalità al disegno degli interni, con l’effetto di immediato coinvolgimento empatico tra spazio e atmosfera. La Rumpus Room sul tetto completa il tour dell’hotel transatlantico. Da qui la vista spazia senza fine, la fantasia pure. Qualcuno più di 40 anni fa aveva immaginato un posto estatico, da cui osservare traffici di zattere e navi, e discettar di viaggi esotici tra un gin tonic doc e un Long Island, old fashioned per l’occasione. È vero, nel panorama manca lo Skylon, simbolo del primo Festival di tutte le rinascite. Lo stelo d’acciaio alto circa 100m piazzato lì di fronte alla RFH non reggeva al vento e andò distrutto già nel ’52, ma sarebbe bellissimo riaverlo qui, per ricordare al mondo che Londra sa rinascere, sempre.