Il Salento è frequentato solo da due tipi di turisti: quelli che sono di casa a Spongano — e non lo dicono a nessuno — e quelli che non ci metteranno mai piede — ma tendono a farlo sapere a tutti, anche grazie all’abbondanza e alla varietà dei luoghi discutibili che tendono a instagrammare. Poco male: difficilmente sarebbero in grado di apprezzare quella che è da almeno vent’anni, in assoluto silenzio, la capitale morale del Salentoshire.

Spongano è un paesino di 3.600 abitanti che non conosce locale notturno ma vanta una tipografia di charme che ha ancora nel portfolio biglietti da visita nobiliari, con tanto di opzione coroncina impressa. Quando, in pieno agosto, all’uscita dal parco agrario e apiario, visitate la Coop locale e scoprite che, accanto alla frisa, il prodotto di punta è la baguette calda, vi rendete conto che c’è qualcosa che non torna. Questo non è il vostro paesino salentino medio, ma il centro storico decentrato del Salento chic.

Spongano: isolamento nel collegamento e perifericità nella centralità

Se ci fate caso, nessun altro paese salentino può vantare le stesse caratteristiche di Spongano: isolamento nel collegamento e perifericità nella centralità. Semplice vertice del trapezio molto scaleno che comprende anche Tricase, Castro e Poggiardo, è una specie di binario 9 e 3/4 dell’understatement salentino. Poggiardo, ad esempio, avrebbe potuto essere una grande Spongano, se non fosse diventata una piccola Maglie. Castro ha troppo mare. Tricase Porto ha troppo porto. Tiggiano, dove ha preso casa Helen Mirren, è troppo di passaggio. Depressa, pur patria del regista austro-salentino Edoardo Winspeare, ha poco slancio vitale.

Qui vige un nemico giurato del mostrare barocco, dell’ostentare leccese: il nascondere sponganese

Prima che esistesse il Salento delle masserie restaurate, e figuriamoci il Salento delle discoteche abusive, Spongano aveva già in mano la chiave del futuro del turismo locale, e non solo. Qui vige un nemico giurato del mostrare barocco, dell’ostentare leccese: il nascondere sponganese. È un’esclusività di segno meno: in questo angolo di Terra d’Otranto non si viene per essere la versione photoshoppata di se stessi, né tantomeno se stessi; ma, ciascuno secondo le proprie possibilità, qualcosa di meno di se stessi: se stessi in bermuda, Timberland e camicia con maniche arrotolate, ed è valido anche per le signore. Il solo difetto di questa equazione è che, per essere qualcosa di meno di se stessi e continuare a godersi la vacanza, bisogna pur essere qualcuno. Non per niente sono di casa a Spongano: duchi vignaioli, viscontesse nordeuropee, banchieri british, stilisti, scrittori, stilisti-scrittori. Per i motivi suddetti, non può esistere un orgoglio sponganese e non sarebbe vendibile una maglietta I love Spongano: basterebbe una t-shirt bianca, a dimostrare di aver capito la lezione. Chissà se, come vampiri, gli sponganesi sono impubblicabili sui social.

Chissà se, come vampiri, gli sponganesi sono impubblicabili sui social.

Il successo segreto di Spongano, però, non sarebbe mai arrivato senza il suo cuore pulsante, dal sedicesimo secolo: Palazzo Bacile di Castiglione. Un palazzo baronale, una masseria, un antico tabacchificio, tutti entro le stesse mura da cui il verde dei giardini fa capolino come lattuga freschissima da un sacchetto della spesa. Spongano non avrà il mare ma ha fiumi di Bacile. È stato calcolato che c’è quasi un rapporto 1:1 fra i padroni di casa e gli ospiti che hanno la fortuna di rientrare in una lista ben ristretta.

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PHOTO Flavio Massari Lecce ITALY

I Bacile, se non fossero degli straordinari, autentici signori, potrebbero affermare, senza tema di smentita: quando voi eravate ancora alle sagre, noi eravamo già alle experiences. Alessandro, in particolare (uno dei sei figli del Barone Fabio), il pioniere della ricettività di vera élite a queste latitudini, fin dagli anni ’90 organizza per i suoi ospiti-clienti percorsi a piedi tra i muretti a secco e gli ulivi, diretti al mare di Castro, il più verde del Salento. Condividere anche parte di uno stile di vita. E che stile di vita. I momenti cruciali della stagione sono i buffet luculliani che i Bacile chiamano, ed è già un manifesto poetico, pic-nic. Modello insuperabile di cucina locale a gestione nobiliare, comprendono orecchiette, polpettoni, spumoni per tutti, ma purché ciascuno, per quanto altolocato, si serva da sé e, in casi estremi, aiuti a sparecchiare. Un vero e proprio falò della mancanza di vanità, in cui

lo sforzo maggiore non è presenziare, ma scomparire.

Il segreto ulteriore è che gli ospiti-amici vengono abilmente invitati insieme agli amici-ospiti di sempre, coi loro figli e nipoti. Entrambe le parti traggono vantaggio da questa delicata esclusività inclusiva; tanto che, se Jane Austen fosse vissuta nel Salento del ventunesimo secolo, non avrebbe saputo immaginare conversazioni, passeggiate, amori più narrativamente accattivanti di quelli che avvengono tra i due mondi che si incontrano ogni estate a Spongano.

È bandito ogni simbolo di ricchezza e potere. Diversi capitani d’impresa sono costretti ad allontanarsi di qualche isolato per parcheggiare l’eventuale autovettura uguale o superiore, in prestigio, a una R4, lontano dagli sguardi delle mogli che li attendono al varco, davanti al portale del Palazzo, in modalità nu jeans e na maglietta. Principesse assistono critici d’arte e scrittori nelle fasi più delicate della preparazione di una frisella, giacché quelli sono sì dotati di una fervida immaginazione, ma non abbastanza per intuire autonomamente come funzioni uno sponzafrise. Discendenti di un Grande di Spagna, ormai salentini da 15-20 generazioni, sorvegliano le mosse dei loro figli a bordo piscina, con la stessa attenzione con cui i loro antenati viceré guardavano le coste locali dalle invasioni turche. Infatti, spesso si sente un tonfo e, in seguito, pianti. Niente è più lontano dalla visione del mondo espressa da una hit dell’estate come Mambo Salentino, in questo valzer sponganese.

Guida Bacile, si tratta della via migliore che conosciamo a una felicità in Salento

Il Vangelo (e Atti degli Ospiti) di questa inusuale comunità è la Guida Bacile. Questo documento bilingue, ciclostilato per evitare forme di pirateria (provate voi a trovare una fotocopiatrice a Spongano, il 15 di agosto) è redatto e aggiornato ogni anno da Eugenio, terzo dei cinque figli di Giancarlo, un altro dei sei figli del Barone Fabio. Si tratta della via migliore che conosciamo a una felicità in Salento. Siccome Eugenio d’inverno è consulente in una grande firma multinazionale — e migra ogni estate da Milano verso i paesi caldi, come una rondine — è impaginata come un PowerPoint, ma è colma di sincero affetto e vera ammirazione verso i luoghi raccontati, che sono anche i luoghi della sua infanzia e adolescenza, come del resto di suo padre e di suo nonno.

Chi ha la fortuna di poterla sfogliare — è rigorosamente riservata agli ospiti-amici, e neppure gli amici-ospiti possono averla — ha la possibilità di godere di un Salento non solo a prova di trappole, ma genuinamente, autenticamente nobile. Vi figurano non solo i luoghi dell’arte da visitare, da Lecce a Leuca, ma anche consigli impagabili su casari, calette e piste da ballo. Chi è fuori dalla guida non sarà mai visitato dalle signore di Spongano.

Cresciuti a pane e bouganvìllee, i giovani Bacile sono un team eccezionale. Sono bravissimi a farti pesare poco il loro heritage. Quando passeggiano per piazza Vittoria, addobbata con le parature per la festa patronale, non ti guardano mai con l’aria: un mio antenato ha instaurato il culto di Santa Vittoria trasferendosi qui dalle Marche nel 1600. È più un: conosco un ottimo indirizzo per sfondarti di Negroamaro rosato (a Scorrano, nella cantina del Duca Carlo Guarini) e non ho alcuna remora a divulgartelo. A volte, facendo la conoscenza di ospiti giovani come loro, inizialmente spingono verso discoteche, anche se non è che sarebbe la serata dei loro sogni. Ci vanno insieme e, al ritorno, ridacchiando, si confessano a vicenda che avrebbero preferito una semplice festa in spiaggia, e ridacchiano all’unisono per la loro reciproca timidezza. Una nuova amicizia è fatta. Anche per i consigli gastronomici c’è qualche trasgressione. Non sempre gli ospiti hanno voglia di spingersi fino allo Scalo di Novaglie (i cui scampi crudi sono stati più volte assaggiati da Jude Law e Naomi Watts). Allora capita che Bacile e ospiti si ritrovino, più semplicemente, nell’osteria a due passi da Spongano, nel feudo di Castiglione: Vardaceli, una delle pochissime venues della guida a poter vantare il bollino rosso “Super good”.

La livella — verso l’alto — di Spongano pone tutti sullo stesso piano, tutti allo stesso buffet.

Come hanno risolto, questi innovatori, il problema del numero chiusissimo delle loro strutture? Andando oltre la singola famiglia e costituendo, nel tempo, una vera e propria piccola rete di case ospitanti. Sono aggregate, per comodità, in un sito fondato da Esmeralda Winspeare, Salento Nascosto.

Capita che alcuni di questi ospiti-amici di rango, dopo qualche anno, comprino casa o la facciano comprare a qualche amico, nei paraggi. Così la rete è sempre più larga.

La livella — verso l’alto — di Spongano pone tutti sullo stesso piano, tutti allo stesso buffet. Probabilmente la best practice di integrazione nel Salento post-sponganese è a Marittima di Diso. Qui l’ex consigliere di Margaret Thatcher Lord Alistair McAlpine, un tempo tesoriere dei Tory, ha ristrutturato un convento del ‘400, Santa Maria di Costantinopoli, rendendolo la sua casa e creandoci una struttura ricettiva esemplare, gestita sì col pugno di ferro, ma anche con evidente pollice verde. In paese molti ricordano le sue apparizioni nei bar e nelle botteghe, fino a poco prima della sua morte; le sue amicizie con i personaggi locali, anche i più modesti factotum, che lo salutavano, dal bancone del bar della piazza, come un marittimese può salutare un Lord inglese al bancone del bar della piazza: abrogando di fatto qualsiasi residuo di dinamica alla Downton Abbey. Anche questo, soprattutto questo, è Salento.