Non tutti i posti di montagna sono creati uguali. Cortina è la meno uguale del mondo. Tutta Cortina somiglia all’architettura del campanile dei Santi Filippo e Giacomo, che domina il suo microscopico skyline. Non è in stile tirolese né cadorino, né tedesco né italiano: è ampezzano. Da sempre Cortina eccelle in tutte e quattro le caratteristiche base di una località sciistica desiderabile: 1) aria buona, 2) vista su cime meravigliose, 3) difficoltà logistica nell’essere raggiunta da turisti privi di Range Rover e soprattutto, una volta arrivati a destinazione, 4) possibilità di essere socialmente rilevanti anche senza sciare.

Per molti versi, Cortina è quella cosa che succede tra l’atto di tirare fuori gli sci dal soppalco e quello di riporveli, ancora perfettamente sciolinati, a fine vacanza. Tra le Tofane e il Faloria c’è così tanto da fare — oltre che accelerare il proprio decadimento articolare — che, in fin dei conti, può risultare interessante anche non fare niente. Cortina, infatti, sa essere bella e perditempo come una call girl che si paga per parlarci e basta, alla Proust, senza concludere granché, se non che l’importante è partecipare. In un’epoca di cambiamenti socio-culturali vorticosi, Cortina sembra ancora una placida sfera di vetro, con la neve sempre posata sul fondo. L’unica concessione all’attualità sembra la relativa ansia da Olimpiade Invernale: entro il 2026 verrà installata una prima ovovia (fino a oggi, gli impianti di risalita dei comprensori ampezzani sono stati considerati dagli affezionati una forma di retrogaming, essendo costituiti perlopiù da ski-lift a piattello e seggiovie biposto vintage).

Cortina D'Ampezzopinterest
Fototeca Storica Nazionale.//Getty Images

Ma la peculiarità di Cortina, che la pone su un altro livello rispetto alle sue concorrenti più agguerrite — da Gstaad a Kitzbühel, da Sankt Moritz a restare a casa — è il particolare codice, sia linguistico che comportamentale, che vi si osserva con fervore religioso e determinazione militaresca. Tutto cominciò con le regole ampezzane. Quindici secoli fa Ra Regoles istituirono la proprietà collegiale di decine di migliaia di ettari di pascoli e boschi attorno al centro abitato. Un’ossimorica aristocrazia collettivista, ancora saldamente al potere. Fu così che l’antica Cortina resistette all’avvento dei Longobardi venuti da oltralpe. A partire dalla metà del Novecento la Cortina moderna ha contrastato prima l’assedio del cemento e poi quello, ancora più temibile, dei neo-cortinesi, provenienti da ogni parte d’Italia. Così, da un big bang di contraddizioni e fascinazioni, è nato il mito di Cortina.

La Regina delle Dolomiti è il ring su cui ogni anno i due tipi umani dominanti in Italia — chi si ritiene migliore di tutti gli altri e chi ucciderebbe per diventarlo — si danno appuntamento per specchiarsi l’uno nell’altro, scoprendo che più il tempo passa e più si somigliano tra loro.

Il codice di Cortina, che potrebbe idealmente essere affisso sulla porta dell’Hotel de la Poste, alle volte può riuscire un po’ subdolo. Un discorso sul look può fare da apripista a metafore di tutto il resto.

Tutto quello che funziona ai Parioli, a Cortina finisce a schifio.

Ma, se è per questo, non è che funzioni molto meglio quello che va alla grande in Brera. A dire il vero a Cortina non funziona quasi niente, tranne ciò che riesce a cortinizzarsi.

A Cortina vincono ancora i capi che non si possono comprare o, soprattutto, noleggiare. Per la sua strade si agita un’umanità low-fi, a risoluzione da tubo catodico, sullo sfondo delle montagne, tradizionalmente in 4K.

Il benchmark sono le ragazze, tutte stufa e chiesa, che si presentano al Café Royal in tute monopezzo Zerododici che potrebbero essere loro madri. Solo dopo un paio di capodanni scoprite che sono miliardarie, non portano mai con sé un solo bagaglio dal palazzo di città e quelle tute sono lì che aspettano di essere rivivificate, puntualmente, anno dopo anno. Hanno sci lunghissimi, pre-carving, e fanno tutte le piste a piedi uniti, come se la loro vita fosse un cinegiornale Luce sulle esercitazioni della Scuola Alpina di Moena. Benvenuti in un mondo che dà valore alla gioiosa attesa delle esperienze ripetitive. Il resto del pianeta è ossessionato dalla paura di essere tagliato fuori?

A Cortina la fobia è quella di essere aggiornati.

Ogni anno più di un milione di visitatori accorre su corso Roma per farsi giudicare l’outfit dalle popolazioni locali o, peggio, dai più sediziosi di tutti, i bolognesi naturalizzati ampezzani. Corso Italia a Cortina è il punto di contatto tra gente vestita in modo improponibile che guarda dall’alto in basso gente vestita in modo impeccabile, a cicli alterni, di decennio in decennio. Passeggiare davanti alla pasticceria Lovat in cerca di ispirazione o, peggio, di spiegazioni è come essere il concorrente di una puntata kafkiana di Extreme Makeover in cui tutti i consulenti ti suggeriscano sbagliato. Il fatto è che alla Cooperativa, il Macy’s delle Dolomiti, vendono davvero di tutto, dai filati per maglieria DIY a diversi, tremendi trabocchetti, dagli orologi a cucù ai costumi tipici, e sta a te non sbagliare. L’iniziazione è superata quando capite che, pur potendo permettervi un paio di doposcì di pelliccia al giorno, finite per presentarvi in cassa con una sola chiave a brugola, che vi durerà tutta la vita.

Cortina d'Ampezzopinterest
Slim Aarons//Getty Images
Cortina d’archivio: Isa Genolini and Maria Antonia

In materia di solidarietà sociale Cortina è il contrario del classico luogo montano chic, come certe vie di Gstaad, in cui gli sguardi torvi dei passanti ti spingono rapidamente all’automiglioramento, né più né meno di lampeggianti in prossimità di un autovelox. A Cortina, se sbagliate outfit — e potete sbagliarlo profondamente — vi spetta subito la pena capitale: essere considerati invisibile da una ronda di ampezzani. La divisione in caste qui è molto semplice: ci sono solo sacerdoti del Loden ed emarginati del Moncler. Il resto sono sfumature: Montgomery o K-way.

Del resto, non tutti hanno la fortuna di avere un canederlo per madeleine.

Nessuno a Cortina vi tenderà la mano, fino a che non si sarà compiuto il vostro destino: l’autoeliminazione per sfinimento o l’ambita naturalizzazione, che avviene solo a partire dalla terza stagione invernale consecutiva senza errori o comunque dopo almeno dieci anni dal primo skipass. A Cortina non si abbassa mai la guardia e si dà quasi tutto per scontato, tranne l’abbigliamento tecnico nelle vetrine. Il massimo che si può concedere all’altruismo, sulle piste, è qualcosa come: Hai uno ski-lift tra le gambe o sei solo contento di vedermi ogni anno con la stessa salopette?

Da qui il tentativo di tanti neo-cort di simulare trascuratezza, più illusorio perfino di cercare di imitare forme di raffinatezza. Cortina è la capitale mondiale dell’understatement di estrazione non radical-chic. Fake it until you make it non vale, da queste parti. Al massimo, il contrario. Dal Brite de Larieto a Passo Tre Croci, dove un allievo di Massimo Bottura produce i suoi stessi formaggi, industriali del divano, abbigliati come sovrani in borghese, guardano schifati notaie zen, senza un filo di perle, neanche fossero gattare delle nevi. Non sanno che, dopo stagioni e stagioni di piccoli step, dopo tanti chalet chiusi in faccia, le signore, avendo rinunciato a ogni velleità di fitting in, proprio per questo, hanno finalmente avuto accesso al cellulare di Beppe Sello, e dunque anche alla saletta privata del suo bar, dove si mangia la stessa Chateaubriand del ristorante, ma spendendo quasi la metà.

Cortina D'Ampezzopinterest
Fototeca Storica Nazionale.//Getty Images

I romani in odore di cortinizzazione sono giudicati ammissibili in base al numero di veneti che gli ricambiano il saluto. I tanti passaggi televisivi di Vacanze di Natale hanno giovato poco a questa categoria di frequentatori di Cortina, che un tempo erano usati addirittura alla stregua di uomo nero nella formazione dei bambini autoctoni, se discoli. Nel loro caso, il battesimo del fuoco è rinunciare a una serata al Vip Club per bere un Pomì da Emma (un gusto acquisito), e poi a letto senza Maracaibo.

Il locale notturno migliore di Cortina, da sempre, è stare a casa.

Poche scelte determinano il vostro destino cortinese come la scuola sci che scegliete per i vostri figli: a metà tra casa di Hogwarts e maschera pirandelliana, li condizionerà a vita. L’Ivy League è costituita dalla Scuola Rossa (Harvard, Grifondoro), l’Azzurra (Princeton, Serpeverde), la Cristallo (Yale, Tassorosso) e la Dolomiti (Columbia, Corvonero). Gli anarco-insurrezionalisti frequentano la Be Free, che è dedita a rituali fuori dalla grazia di Dio come freeride, freestyle o, i Santi Filippo e Giacomo ce ne scampino, telemark a tallone libero. Tutti gli altri sciatori dissidenti possono accomodarsi alla Boarderline, eresia di soli snowboarder che costituiscono un piccolo ghetto. Da qualche anno sono tollerati i matrimoni misti.

Gli errori più gravi sono facili da individuare negli altri quanto difficili da ravvisare su sé stessi. Ad esempio, quando non potete imitare lo sciupato-chic, non comprate mai il tipico nuovo. Evitate di incappare nel reato di ostentazione prematura dell’adesivo o, peggio, della spilla con lo scoiattolo rosso, simbolo di Cortina. Altro errore classico è manifestare anzitempo sintomi di tifo per la squadra locale di hockey, la Sportivi Ghiaccio Cortina. Conoscere i nomi di tutte le cime è da parvenu, anche perché hanno nomi complicati — Sorapiss, Pomagagnon — la cui memorizzazione richiede sforzo, e lo sforzo non va mai bene a Cortina. Viene premiato un atteggiamento socratico: So di non sapere il nome del macellaio sotto la chiesa. Se mai foste invitati, in inverno, in casa di un vero cortinese, all’ingresso, togliete sempre le scarpe. Almeno, se non voleste essere trattati come qualcuno che calpesti il mogano di un Aquarama senza lasciare prima le Hawaianas nella cesta dei sandali greci.

In nessun caso è utile farsi vedere in costume ampezzano. Neppure ai minori è più concesso di indossarlo, salvo casi di particolare fotogenia. Lo si può indossare solo se si è in casa propria (intestata come prima casa) e alla vigilia di Natale. Se proprio non resistete al richiamo del Cadore, nascondete un elastico tipico tra i capelli, o indossate un calzino con fantasia a stelle alpine. In ultima istanza, presentatevi in pantalone rosso e mocassino viola: dareste meno nell’occhio.

Ma il più grave sbaglio di tutti è anche, tristemente, il più comune: non chiamatela Cortinadampezzo.

Piuttosto dite: vado in vacanza in provincia di Belluno.