«Vieni, adesso chiamiamo papà». La ragazza, carina, minorenne, ingenua, se l’è vista brutta. Protetti dalla confusione della discoteca, tre bulletti la stavano trascinando in bagno. Lei non aveva neanche la forza di ribellarsi: la cosiddetta droga dello stupro stava salendo. Due uomini si sono, come casualmente, messi in mezzo e mentre uno invitava con determinazione i molestatori e desistere, l’altro prendeva per mano la ragazza, la portava fuori dal locale e le suggeriva con delicatezza di chiamare il padre. Che ha ringraziato sentitamente. Lei non sapeva e mai saprà che quel signore così gentile e rassicurante era stato ingaggiato proprio da suo papà, affinché la proteggesse con discrezione e a distanza. Si chiama «attività di tutela per il minore con finalità preventiva»: agire prima che sia troppo tardi. E sempre di più sono i genitori che richiedono questo servizio: bullismo, rave party, discoteche, feste di compleanno; ma anche sette, bande giovanili, sale giochi, concerti allo stadio, sono le zone a rischio per i ragazzi e per le ragazze. Non solo nelle grandi città, come raccontano i dati sull’alcolismo giovanile, sull’aumento esponenziale delle droghe sintetiche e sulla drammatica cadenza delle violenze e degli stupri.

Michele Rizzo, 44 anni, già maresciallo del Ros (Raggruppamento operativo speciale) dei Carabinieri, con una lunga esperienza nell’antiterrorismo, nell’anticrimine e nell’antidroga, istruttore di arti marziali, laureato in scienze politiche, con un master in sicurezza, criminalità e gestione del rischio, ha creato un'agenzia che ha missioni specifiche tra le quali la protezione dei minori e delle personalità pubbliche.

«Un buon investigatore», dice Rizzo a Marie Claire, «non perde di vista la società: i ragazzi e le ragazze ne sono una componente importante». In questo caso torna utile a Rizzo anche la sua esperienza nella gestione della sicurezza di personaggi dello show business come Madonna. Ma niente a che vedere con, botte, azione, calci e pugni. Anzi: «Quando si arriva all’uso della forza significa che qualche cosa non ha funzionato. Il punto di partenza è che noi lavoriamo sempre in sintonia con le famiglie», precisa Rizzo.

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Courtesy Michele Rizzo
Michele Rizzo (il primo da sinistra) con la rockstar Madonna

Quattro regole d'oro per la sicurezza by night (e non solo)

Prima regola. «Se succede qualche cosa chiamare le Forze dell’ordine. Sottrarre al pericolo ed "esfiltrare" (mettere al riparo il minore). Velocità, freddezza, fermezza. Demotivare con gesti e parole ad hoc gli aggressori e portare subito via, per esempio, la ragazza molestata». No pugni, no rissa: gli aggressori capiscono che non è il caso. «Il nostro è un lavoro di interposizione tra il minore e il pericolo. E, una volta al sicuro la potenziale vittima, fare in modo che sia lei stessa ad avvertire la famiglia»


Seconda regola. Rendersi invisibili. «Per garantire l’incolumità del soggetto bisogna rendersi invisibili. Anche a lui se il mandato della famiglia è quello della massima riservatezza. Generalmente gli operatori che svolgono il servizio sono due, molto preparati. E costantemente concentrati sul giovane da proteggere». Il caso classico è quello della discoteca. Il pericolo può essere dentro, nei bagni, nel cortile interno, nel parcheggio. E non sempre il personale del locale può accorgersene e fare in tempo a intervenire. «Ci sono poi situazioni più complicate di altre. Per esempio i concerti allo stadio. Migliaia di persone accalcate possono nascondere un pestaggio, una violenza, uno stupro».


Terza regola. Leggere le situazioni. «Non contare sulla reazione positiva delle persone. L’istinto della massa, anche se numericamente potrebbe sopraffare il malintenzionato, è quello di scappare. Ed è sempre più così: nessuno interviene in aiuto. Manca totalmente senso civico. Al massimo restano a guardare, come fosse una fiction». Gli operatori ingaggiati dalle famiglie riescono a leggere le situazioni con anticipo: capiscono infatti se i ragazzi e le ragazze tendono a infilarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.


Quarta regola. «Conoscere e studiare le leggi, i codici vigenti. E agire sempre in conformità, per esempio, con gli articoli che riguardano l’estensione della legittima difesa». È l’aspetto più difficile. Non tutti i genitori sanno, per esempio, che le figure della guardia del corpo privata, dell’operatore della tutela del minore, della bodyguard, in Italia non sono regolamentate da una legge apposita. Quindi non possono intervenire per difendere fisicamente la persona, ma solo per proteggere una proprietà: una casa, una macchina un orologio. Per cui anche se diventa necessario ricorrere a un intervento fisico, nel rapporto si scriverà che si è dovuto svolgere per salvare il Rolex e non la persona tutelata che lo aveva al polso».