«È lo sport più bello che c’è, perché richiede controllo sul proprio corpo, coordinazione naturale, prontezza, assoluta velocità, resistenza e quello strano miscuglio di prudenza e abbandono che chiamano coraggio», diceva lo scrittore americano David Foster Wallace che considerava il tennis una metafora della vita. Per decenni questo sport è stato dominato da tre divinità. Campioni come Roger Federer, Rafa Nadal e Nole Djokovic si sono divisi trofei e gloria. Ma da qualche mese, nel loro regno si cominciano a intravedere delle crepe. Uno scossone alla leadership dei magnifici tre potrebbero darlo a Wimbledon (1-14 luglio) una nuova generazione di talenti under 23, i ragazzi della Next Gen. Sono gli esponenti di una potente onda di fenomeni come non se ne vedevano da decenni, che ai top spin e agli smash associano bicipiti da urlo e magnetismo. Molti di loro arrivano da Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, quasi fosse il segno di un nuovo rinascimento, di una voglia di rivalsa dopo anni di crisi economica, e non solo.

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Stefanos Tsitsipas

Il migliore, emblema di questo contrappasso è Stefanos Tsitsipas. 20 anni, cresciuto a Vouliagmeni, un quartiere residenziale a sud di Atene. Ha un fisico che sembra scolpito da Fidia, spalmato su un metro e 93 centimetri di muscoli. Ha i capelli lunghi da rockstar, pizzetto da moschettiere e occhi sottili. Spara il servizio a oltre 200 km all’ora e usa il rovescio a una mano, una rarità nel tennis di oggi. È sui campi da quando aveva tre anni. Ha un gioco aggressivo fatto di bordate e tocchi lievi e non ha punti deboli. Primo di quattro fratelli, sua madre, Julia Salnikova, è stata la numero uno del tennis sovietico; il padre invece è il suo coach da quando aveva 6 anni. E suo nonno Sergei ha vinto la medaglia d’oro di calcio alle Olimpiadi di Melbourne nel 1956 con l’Unione Sovietica. Quando, a gennaio, Stefanos ha schiantato il suo idolo Federer agli Australian Open («Non riuscivo ad addormentarmi, non riuscivo a elaborare il tutto», raccontò poi), il mondo ha capito che faceva sul serio. Eppure lui non fa una piega e tira dritto: parla tre lingue, ama la fotografia («non sono uno di quelli che scatta una foto con l’iPhone, la posta su Instagram e si crede fotografo. Ho una macchina fotografica professionale e passo ore a editare le immagini. La vita non è solo tennis»), è molto social (soprattutto su YouTube) e sogna di incontrare il Dalai Lama. Di fidanzate ufficiali, nemmeno l’ombra. «Ma per eventuali candidature», dice scherzando, «c’è la chat di Instagram».

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Berrettini dopo la vittoria a Stoccarda a giugno

Poi c’è Matteo Berrettini, 23 anni, romano. Ha il viso da attore che piace alle ragazzine e colpi da assoluto campione. Alto quasi due metri, punta tutto su un servizio dirompente e su un gioco d’attacco e di potenza (il rumore che fa la palla sul suo piatto corde sembra l’esplosione di un petardo). Il suo bel volto è il miglior spot per il riscatto della sua città, da tempo in profonda crisi. Quest’anno Matteo ha già vinto un torneo a Budapest, uno a Stoccarda e raggiunto la finale a Monaco di Baviera. I margini di crescita: grandi quanto l’Urbe. Lui viene da Roma Nord, area della capitale che ha la fama di essere un po’ snob. Ma guai a dirglielo. «In realtà sono un pariolino adottato, perché sono nato al Nuovo Salario che è lì vicino», ha detto. «Ma non mi sono mai seduto sugli allori e ho sempre dovuto lottare». Anche quando, da ragazzino, gli dissero che non avrebbe più potuto giocare a causa della spondilolisi (gli manca un ossicino che tiene una vertebra nella schiena). Ha collezionato varie distorsioni alle caviglie e infortuni ai polsi, ma si è sempre rialzato. Durante uno dei suoi tanti periodi di convalescenza ha incontrato Lavinia, la sua attuale compagna. Faceva il maestro di tennis al Circolo Aniene e lei era una delle sue allieve. Impossibile non innamorarsi di un insegnante così.


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Borna Coric

Borna Coric, è tra i più precoci esponenti della Next Gen. Classe 1996, di Zagabria, dichiarato ragazzo prodigio a 14 anni, ha vinto lo Slam junior di New York a meno di 16. Anche lui arriva dal Mediterraneo, e rappresenta un Paese orgoglioso (e di buoni sportivi). Borna è uno dei pochissimi tennisti al mondo ad aver sconfitto Roger Federer (che Wallace definiva un mix fra Mozart e i Metallica) due volte consecutivamente. Faccia da bravo ragazzo di quelle che piacciono tanto alle mamme, è arrivato fra i primi 50 del mondo che non aveva nemmeno 18 anni. Ha avuto un flirt con la collega Donna Vekic (nota alle cronache come la fidanzata spaccafamiglie di Stan Wawrinka, tennista elvetico che per lei abbandonò moglie e figli). Attualmente ha una liaison con la bellissima modella Valentina Miletic che lo segue come un’ombra. Coric non ha un talento immenso, ma ha tenacia e fegato da vendere. E il coraggio, si sa, alla fine paga. Come quando nel dicembre dell’anno scorso decise di cambiare in un colpo solo coach, residenza (si è trasferito in Liguria) e manager. Una terapia d’urto che lo ha portato nel 2018 fino al 12esimo posto nel ranking. Ma i suoi obbiettivi sono altri. «I soldi non mi interessano», ha raccontato, «voglio diventare il migliore di tutti. Se non sognassi questo non continuerei a giocare a tennis».

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Fèlix-Auger Aliassime

Ha il carisma del top player anche Félix Auger-Aliassime, nome di charme afrocanadese. È nato a Montréal lo stesso giorno di Roger Federer (se volete credere all’oroscopo, eccovi servite) e non ha ancora compiuto vent’anni. Gioca da quando ne aveva cinque ed è così precoce da far sembrare anziani tutti gli altri suoi coetanei campioni. Gli esperti lo danno come dominatore incontrastato della scena tennistica dei prossimi anni. Un mix di potenza e agilità che trova le sue radici più profonde nell’Africa. Suo padre Sam, maestro di tennis originario del Togo (a cui è legatissimo), è volato in Canada nel 1996 quando aveva 25 anni, mentre mamma Marie Auger è del Québec. Alto 1,93 per 88 kg, un corpo statuario e sorriso dolcissimo, è stato il terzo semifinalista più giovane di sempre di un Masters 1000 (i tornei che contano davvero nel tennis, Grand Slam esclusi). E, dal 2018 a oggi, ha battuto tutti i top 20 affrontati. Una scalata impetuosa, ottenuta grazie a un gioco sempre propositivo. Quasi il segno che le nuove generazioni non vogliono più aspettare ma investono tutto su se stessi. E pensare che il nostro eroe sognava di diventare musicista, suona chitarra e pianoforte e ama il rock quasi quanto la sua racchetta. Il destino però ha deciso in modo diverso. E per questo lo ringrazieremo. Il giovane campione è la punta di diamante del trionfale melting pot canadese, che negli ultimi anni ha stravolto il tennis sfornando talenti come Shapovalov (nato in Israele da genitori russi), Françoise Abanda, canadese di sangue camerunese o Bianca Andreescu, 19enne nata in Canada da genitori romeni. Il segno evidente che il segreto del talento, anche nel tennis, sta nel mix di culture e capacità differenti: un cocktail portentoso.