Nessuno svegli Roma dal suo sonno eterno. Ce lo ripeteremo quando, in punta di piedi e di cuore, entreremo nell’hub artigianale dove nascono le manifatture più preziose. Ce lo ripeteremo quando, in punta di piedi e cuore, entreremo nell’ufficio di Lucia Silvestri, direttrice creativa e responsabile acquisti gems di Bulgari, e la guarderemo giocare con pietre dal valore immenso, non solo economico quanto di ricerca, eleganza, ostinazione nella contrattazione di un bello che è anche etico. Il mondo Bulgari è tutto questo: guardare l’opulenza sui décolleté più celebrati di Hollywood e avere il privilegio di scoprire come nascono, in assoluta discrezione, i gioielli Bulgari. La nuova famiglia allargata della maison si completa della nuova collezione Wild Pop, un manifesto all’epoca più potente, apparentemente frivola e invece rivoluzionaria, del nostro tempo. Basta osservare Lucia Silvestri che prova la parure dedicata al Muro di Berlino: mattoncini preziosissimi che si aprono come una maglia sul collo della donna che sceglie di quali desideri sogneranno le donne del pianeta. Come nasce la collezione Wild Pop presentata a Roma? Inizia da New York dopo la visita di Silvestri alla Andy Warhol Foundation che comprende anche le collezioni di gioielli Bulgari di proprietà dell’artista, e arriva a Roma consapevoli che il legame tra Nicola Bulgari e Andy Warhol vivrà ancora a lungo.

Inizia(mo)il tuffo nel pop entrando una mattina di prima estate nella manifattura di pelletteria di Firenze, headquarter di accessori e borse Bulgari: tra pellami pregiati e la cui provenienza è severamente certificata (gli alligatori dal Mississippi, i coccodrilli dal Nilo), ci snodiamo nella laboriosa quiete che anima l’atelier. Impariamo che la razza è un “naturale pavimento di cristalli”, che per una borsa pregiata una persona impiega “3 giorni di lavoro”, che il coccodrillo non è un rude anzi “è iper sensibile alle impronte” e che “l’artigiano che realizza borse non realizza i portafogli”. Manifattura per definizione: guanti che sfiorano struzzo, cocco, pitone e che anticipano la scelta tra le più lussuose che Bulgari si sia concessa negli anni. L’iconica borsa Serpente cambia chiusura e sostituisce la sua fibbia pitonata con una spilla preziosa che, grazie alla cerniera smart, la rende una fibbia deluxe quanto una spilla da apporre ai revers dello smoking (da uomo, perché se pop-culture deve essere che pop sia anche il look so 80s). Mireia Lopez Montoya, spagnola, responsabile della business unit accessori di Bulgari dal polso sicuro e dalla voce dolce, madre di due figlie nel rivelarci chi sia la donna Bulgari non può che negare che questa collezione di borse con gioiello sia esattamente LA borsa da tramandare alle proprie figlie. Tra i camici bianchi degli artigiani nascono le borse più lussuose del mondo: perché un pianoforte di oro bianco, onice nera e pavé di diamanti che cela lo scrigno di una donna, il taglio della pelle tinta in nuance vibranti, le cuciture impalpabili sono dna made in Italy, dna che aumenta vertiginosamente il valore di qualunque oggetto. Figurarsi di queste clutch opere d’arte.

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Riscendendo l’Arno e risalendo il Tevere sfilano le immagini potenti di Roma. Il tramonto sul palazzo bianco latte, sede di Bulgari, è l’anticipazione di quello che vedremo all’indomani di un mattino romanissimo. Il secondo laboratorio dove entriamo è un caveau di idee e talenti artigianali. C’è chi, come Fabio, ascolta Franco Battiato in cuffia mentre sta montando una collana della linea Wild Pop che riproduce un set di vinili (compresi di graffio). C’è chi, come Federica, ha studiato architettura e tratta il retro di una collana, il filetto, come fosse un rosone. C’è l’incassatore che colleziona pipe sul tavolo da lavoro mentre incide microscopiche celle che ospiteranno pavé di diamanti (per mood molto Miami Vice). C’è chi, come Domenico, ci mostra timido un collier nel quale ha inserito una cerniera a molle che permette al gioiello di allungarsi esponenzialmente, una cerniera che rivoluziona la storia della gioielleria. Ma qui non c’è voglia, spazio e tempo per gli assoli dell’ego: qui si producono sogni a cavallo tra tradizione e alta innovazione. Ingegneri caddisti che usano la stampante 3D come un chirurghi, spazzole di capra che puliscono dalle ultime imperfezioni, tenutarie in camicie che iniziano e finiscono una collana dal valore inarrivabile. Uomini dalle mani grandissime che operano su microscopici desideri. Donne dalla mano fermissima che ricamano sogni d’oro bianco.

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Prima che il sole inizia a puntare la linea perfetta - e scopriremo qual è - entriamo in quel palazzo bianco latte che custodisce il dna di una delle famiglie più antiche e potenti di Roma. Bulgari è uno stato mentale, è un’epoca che si snoda, come un serpente, tra le grandi dive quali Liz Taylor e gli artisti scomodi come Andy Warhol che a Nicola Bulgari disse “credo che i vostri gioielli siano gli anni 80, tutti cercano di copiare questo look” sentendosi rispondere da monsieur Bulgari “Ma non possono perché noi siamo costantemente al lavoro per fare meglio, sempre meglio”. Se c’è un filo rosso d’Arianna, filo che si snoda tra passato, ricerca, artigianato, futuro e rilettura del periodo d’oro della moda non può che essere lei, Lucia Silvestri, che debutta così “ma devo parlare? Io mi vergogno”. Non è vero, mente, è la più affascinante storyteller che abbia incontrato in parecchi anni. Le sue mani si muovono in quello che tutti hanno descritto nello stesso immancabile modo: tasta sacchetti di pietre senza guardarli, gioca con le pietre come fossero sassolini scovati tra la sabbia calda del tramonto. Lo stesso tramonto che la ispira quando “cala il sole sulla mia finestra (vista Trastevere ndr): è questo il momento migliore in cui creo, in cui una pietra manifesta la sua vera identità”. Lucia Silvestri ci svela la collezione Wild Pop, un grandissimo omaggio di Bulgari al mondo più edonistico della moda. “I fenicotteri mi sono venuti in mente guardando quelli di plastica che ho sul giardino, il muro di Berlino è stato un simbolo, la fine di un’epoca, e poi c’è anche questa - svela accarezzandola mentre la indossa - una parure con tema la marijuana perché gli anni del pop erano anni di trasgressione”. La collana si chiama Happy Leaves ed è realizzata in oro bianco e incastonata in pavé di diamanti e smeraldo. Trasgressione lussuosa, diciamo.

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Questa donna, mente visionaria di Bulgari, la maison che non ha eguali nell’uso delle pietre colorate, è una Wikipedia dell’haute joaillerie “non compro mai una pietra bellissima se non riesco già a immaginarne l’utilizzo” racconta mentre posa pietre che si aggirano al Pil di un paese su un vassoio di velluto bianco “quando si tratta di diamanti si inizia dal disegno, quando si tratta di pietre colorate prima le abbino e poi immagino il disegno intorno”. Apre un sacchettino trasparente da cui fuoriescono educate e coloratissime pietre di piccole dimensioni. Una pioggia intergalattica che molto ha a che fare con quegli spiritati anni 80 del Pop.

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C’è qualcosa di davvero femminista nel parlare con la jewellery creative director e responsabile acquisti gems di Bulgari: vi è il fatto che è una delle pochissime donne “ammesse” nel trattare l’acquisto di pietre uniche, di condurre la trattativa in un mondo ancora sessista “e in alcuni paesi anche la scaramanzia gioca un ruolo non da poco” di viaggiare in luoghi sperduti alla ricerca del Sacro Graal (il rubino Birmano che per questioni etiche è introvabile), entrata a 18 anni in Bulgari nel dipartimento gemmalogico di Bulgari ha abbandonato gli studi di biologia ed è diventata una colonna portante della maison. Dovrebbe condurre un podcast che mixi avventure di viaggio, segreti del mestiere, potere delle pietre “ne ho una piccola che tengo sempre con me, da moltissimo” svela muovendo le lunghe ciglia con la seduzione che solo una donna che parla con le pietre può avere.