“Sprofondi sulla sabbia di un bagnasciuga di un’isola greca, vai al chiringuito a prendere una coppa di gelato, compri un libro di vecchie poesie, affitti un motorino per fare il giro delle spiagge più belle, torni a casa, scottata, lo capisci dal segno dell’orologio che hai sul polso. Era l’unica cosa che avevi con te”. Forse questo potrebbe essere l’inizio della nostra lista dei desideri di espatrio immediato, penso, mentre con i gomiti sulla scrivania parlo con la voce che ha appena fatto volare la mia immaginazione altrove, oltre la finestra del mio ufficio. Carlo Giordanetti, Swatch Management, mi spiega come funziona SwatchPay!, l’ultimo orologio della maison svizzera, praticamente una carta di pagamento al polso, “puoi dimenticare smartphone e portafogli a casa, potresti portare solo lui su un’isola semi-deserta…”. “Da fuori è un normale, anzi no, uno straordinario orologio Swatch, ma al suo interno custodisce un chip che permette di pagare contactless, solo avvicinandolo a qualsiasi POS. Il pairing con la propria carta di credito si effettua in store, per controllare i movimenti basta scaricare un’app. Stop. Tutto qui”, sorride. “Il nostro obiettivo è contribuire a diffondere la cultura del pagamento digitale, grazie ai nostri partner Mastercard e Intesa Sanpaolo, per farlo diventare un gesto semplice e quotidiano. Tanto per le nuove generazioni, quanto per chi è da sempre affezionato ai pagamenti cash”.

Perché non lanciare uno smartwatch, allora?
Per garantire libertà assoluta a chi lo indossa. Mi piace dire che si tratta di un “orologio sconnesso”, perché funziona in modo autonomo, non c’è una batteria di cui preoccuparsi, il pagamento avviene senza bisogno di nient’altro se non di un polso che si muove. Potresti pagare anche a 30 metri sott’acqua, è water resistant.

In questo periodo storico abbiamo acquisito nuove gestualità…contactless. Questo ha contribuito ad accelerare il processo di creazione di SwatchPay!?
Le gestazione di SwatchPay! è pre-pandemica, anche il suo lancio in Cina, Svizzera e altri paesi europei, ma il debutto in Italia e la chiusura degli accordi con i nostri partner sono sicuramente stati accelerati dalla necessità cashless contemporanea.

Ci parli un po’ di numeri, dati, preferenze di acquisto delle persone che hanno già iniziato a usarlo negli altri Paesi.
In Olanda, Germania e Svizzera la cultura contactless è molto forte, soprattutto nella fascia giovane. Che è anche la più attenta alla sostenibilità di ciò che acquista, e il boom dei nostri ultimi orologi in plastica rigenerata ne è la prova. Non vedo l’ora di scoprire l’accoglienza del pubblico italiano, magari molti bambini degli anni 80 torneranno al loro primo amore da polso adesso che sono adulti.

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Come si rinnova un’icona?
Accettando la provocazione.

Qual è la provocazione che avete accettato?
Che il mondo è cambiato e cambierà. E che potremo avere dei limiti, ma anche tanti punti forti come semplicità e creatività.

Anche voi provocate il mercato, con i vostri prezzi da sempre ultra democratici…
Ci piace andare contro le tendenze, che vuoi farci! Per questo con 100 euro investi in un’opera d’arte da polso come uno Swatch disegnato da Damien Hirst.

Perché è così importante semplificare un prodotto?
Il concetto di semplificazione, diminuzione e svuotamento è alla base del marchio. Basti pensare che il nostro primo Swatch, lanciato nel 1983, era composto da 51 elementi, contro i 94 di ogni orologio sul mercato all’epoca. Eravamo il marchio più leggero sul polso e con meno costi di produzione alle spalle.

Cosa c’è nel futuro prossimo di Swatch?
Nuove narrative, nuovi design, nuove scelte sempre più sostenibili. Vi stupiremo con l’introduzione di materiali green.

Se potessi dire una e una sola cosa a Nicolas Hayek, fondatore di Swatch, quale sarebbe?
Mr Hayek, lei aveva ragione. E sono sicuro che capirebbe.