Dopo essersi proclamato imperatore nel 1852, Napoleone III capì che solo una donna avrebbe potuto aiutarlo nel dare, oltre a quell’idea industriale della Francia, un alone di lusso e di stile che ben fomentava gli spiriti all’attività. Un modello di capitale internazionale e il centro di una nuova estetica, borghese nel suo funzionamento ma ancora aristocratica nelle forme. Un paese dove l’economia marciava sulle ferrovie, carbone, vapore, macchine da cucire, città da costruire e… ovviamente gioielli strepitosi.
Maria Eugenia de Palafox-Portocarrero de Guzmán, marchesa di Ardales e Moya, contessa di Teba e Montijo, conobbe Napoleone III all’hôtel particulier di Mathilde Bonaparte e poi ai balli dell’Eliseo. Eugenia, che era stata educata da Stendhal a Parigi, ebbe la fortuna di ricevere anche i complimenti di Victor Hugo. Che la descrisse come una «bella ragazza dal crine dorato, occhio turchino, naso di una purezza di forma rimarchevole e dal profilo seducente con collo di cigno e spalle di avorio più candide del marmo di Pafo». Per lei, 27enne, fu facile ammaliare Napoleone III che aveva già 45 primavere alle spalle. Lui, per calmare i suoi diplomatici disse: “è francese di memoria, d’educazione e di sangue, grazie a quello che suo padre ha versato per l'Impero".
Inutile dire che i consiglieri ambivano a un matrimonio dinastico. Prima di lei ci fu Adelaide, adolescente ma almeno nipote della regina Vittoria. Anche Harriet Howard, attrice e donna inglese di un certo livello. Un amore pericoloso, secondo i consiglieri di Stato, anche quello di Eugenia, ma almeno nobile. Che fiorì grazie a una passeggiata nel parco di Compiègne. Lei trovò un raro trifoglio di cui fece dono al suo futuro consorte. Lui chiamò Chaumet per farlo trasformare in una spilla in oro, smalto e diamanti. L’amore sbocciò e quello fu uno dei gioielli che fino all’ultimo lei portò con sé, non vendendolo mai. E così prima del matrimonio le arrivarono anche elementi da toeletta, da passeggio e da ballo per tutte le occasioni mondane che si presentavano.
Napoleone III il 22 gennaio 1853 annunciò ufficialmente il fidanzamento: «Ho preferito una donna che amo all'unione con una sconosciuta che avrebbe portato vantaggi non scevri di sacrifici. Con indipendenza, cuore e felicità (…) non sarò meno forte per il fatto d'essere più libero» recitò in una riunione. Le nozze furono celebrate in pompa magna seppure Eugenia rifiutò una parure di diamanti, da parte della città di Parigi, preferendo che la somma fosse devoluta alla costruzione di un orfanotrofio. Graditissima invece la bottiglia di Colonia Imperiale di Pierre-François-Pascal Guerlain decorata con 69 api d’oro zecchino. Da notare: anche il giorno delle nozze, Napoleone III non volle mai portare la corona lasciandola alla consorte.
Dopo sei mesi però la fiamma del passato Miss Howard, diventata grazie a lui Comtesse de Beauregard con omonimo castello, torna sulle scene. Eugenia affronta rivale e marito pretendendo per il bene della Corona di non dare scandalo. Napoleone III ubbidisce, per il momento. E impara poi ad ascoltarla anche per altre questioni politiche, dove il buon senso di lei era di grande aiuto, visto il temperamento del marito volubile, tumultuoso, quasi ribelle. Che cercava sempre momenti di leggerezza. Pare avesse piccoli appartamenti in diversi quartieri di Parigi per momenti di varia sensualità. Cora Pearl gli appariva solo con i suoi capelli fiammeggianti e poi c’erano Païva, Anna Deslion, Clara Blum che adorava le pareti di specchi, senza dimenticare Marie-Anne Walewska, Lodizia Zelewska, Valentine la figlia del prefetto Haussmann e altre meno note.
Eugenia sapeva di tutte queste presenze e si costruì anche lei un mondo di ammiratori ma soprattutto di ammiratrici che la seguivano per il suo stile e scelte di gusto. Un’eleganza ispirata a Maria-Antonietta ma con l’affettazione neoclassica del Secondo Impero, già così romantico nei colori. In un’epoca in cui la borghesia chiedeva nuovi status symbol, lei si impose con le sue crinoline di Charles Frederick Worth, i ritratti di Franz Xaver Winterhalter e i gioielli che lei stessa ordinava. Molti gli smeraldi (pietra preferita) e poi perle a profusione. Bapst, Kramer, Lemonnier, Jacouby erano solo alcune delle gioiellerie (ora scomparse tranne Mellerio) che facevano a gara per accontentare i desideri suoi e di Louis Napoleon. Se lo stile ghirlanda floreale è rimasto in voga fino alla fine del secolo è anche per merito suo.
Dopo la detronizzazione nel 1870, Eugenia e Napoleone vissero in esilio in Gran Bretagna. E lei dovette vendere le sue gioie per continuare a vivere degnamente. Grazie a Christie’s e a Sotheby's negli anni sono state molte le aste dei suoi gioielli, tutte derivanti da passaggi generazionali o dalla mitica vendita del 1887 in cui si misero all'incanto i gioielli delle corone francesi (molti dei quali comprati da Charles Tiffany). La corona di Lemonnier e la spilla di Kramer sono stati ricomprati dal Louvre ed esposti nella galerie d'Apollon, che dall’anno scorso, grazie a Cartier, si possono ammirare sotto nuove e luminose vetrine.