Alla fine di una settimana della moda vorticosa (e virtuosa) la situazione ideale per progettare il futuro è trovarsi in un appartamento di una giovane famiglia, con il sole che friziona lo skyline di una città, Milano, che della nebbia e dei cliché non sa più che farsene. Al tavolo c’è Carlotta Canepa, uno di quei volti no make-up che ti portano in conversazioni spontanee a tema ambiente, scelte di marketing e di qualità della vita. Nel nostro cast per il primo #MCtalks dell’ottava edizione di #casaMC in compagnia di Thayse Végas e Matteo Frigerio, ritroviamo Carlotta nel suo appartamento milanese, pronta per ri-fuggire nella Como da cui proviene una famiglia di imprenditori del tessile che, ben prima della media, ha puntato a soluzioni ecologiche per invertire le rotte di uno degli ambiti più inquinanti del mondo. In friulanine e maxi gonna che riporta le sue texture rilassanti, Carlotta Canepa sgrana gli occhi mentre raccoglie le sfide che l’attendono: “scegliere di creare un proprio brand è una responsabilità, ci sono arrivata dopo aver osservato a lungo il sistema nel quale sono cresciuta, il tessile, analizzando dettagli che potessero avere un impatto decisivo anche dal punto di vista ecologico”. Vaporizzare i tessuti invece di lavarli più e più volte è una scelta che permette agli abiti di Carlotta Canepa di vestire le donne senza limitarne la silhouette ma riducendo l’impatto di acqua, alla lunga, di molto. I suoi sono filati riciclati o rigenerati insieme al brevetto di famiglia SAVEtheWATER Kikotex, il cui fine è eliminare le microplastiche.

La naturalezza è una bellissima ambizione quotidiana che ti appartiene: come la trasmetti in un vestito che, di suo, è una sovrastruttura?
Credo che l’elemento chiave sia il colore continuo, mi dà gioia l’idea di vestirmi a righe o a chevron, che non è la normalità della vita…ma anche sì. Da ragazza ero ancora più understatement: jeans e maglietta, quasi mascolina (sono cresciuta a stretto contatto con mio padre e mio fratello). Per fortuna da che lavoro nel mondo del tessile ho preso la direzione del colore e del disegno e scelto tessuti che non sempre sono cascanti e stretch. Mi piace proporre il comfort alle donne, riscoprire una femminilità attraverso le gonne che danno un segnale distintivo, un segno coraggio nel voler essere femminili.

Quando hai detto “ora creo qualcosa di mio”, vado in solitaria?
Ho maturato l’idea con pazienza silente, per diversi anni, una messa alla prova delle mie visioni personali e sono maturata come individuo. Non ti nascondo che la maternità mi ha sconvolto, positivamente, e mi ha dato degli obiettivi più chiari che vorrei trasferire alle generazioni future.

Sei cresciuta in una famiglia legata ai tessuti: cosa non hai mai dato per scontato?
Ascolto molto chi mi circonda, cerco di trovare empatia con gli altri. Non ho mai dato per scontato che tutto andasse positivamente: mi interrogo spesso su come migliorami. So che bisogna sbagliare per arrivare a dei risultati.

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Lavorare con altri brand, dare vita a collabo pop-up è il big trend: ne valuteresti una?
Lo trovo molto interessante e sarebbe divertente aprirsi a collaborazioni in futuro, perché no?

Come se la cava il Made in Italy, non solo all’estero, quanto in Italia?
Segue delle logiche macro di mercati molto veloci. Quindi non è sempre facile da sostenere: bisogna saper giocare molto bene nei tavoli dei grandi oppure nei tavoli dei piccoli. Saper mantenere questa dimensione di brand emergente, non è facile ma tutt'ora mi piace.

Abbiamo creato troppi momenti moda e ora siamo in una fase di rallentamento?
Probabile, molte amiche, persone del settore, hanno condiviso con me quanto la velocità stia diventando…estrema. Sono sempre vissuta osservando questi ritmi dal backstage: capisco il perché, ma credo anche che prendere le cose con più calma ci permetterà di percepirle meglio e sprecare meno sostanze nell’indotto.

Consapevolezza ecologica innata dei Millennials e delle generazioni successive, acquistare meno e meglio. Come potete aiutarci voi stilisti?
È complesso: sono dei concetti giganti e circuiti chiusi. Anch’io volevo iniziare con una collezione unica per tutto l’anno. Poi mi è mancato il coraggio iniziale per essere così controtendenza perché, questa scelta, tre anni fa lo era particolarmente. Credo che in un futuro prossimo ci saranno due grandi mondi: uno molto sensibile e uno che seguirà economie che ci auguriamo tramontino…

La moda ecologica è un’emergenza, non è più una necessità: come si produce una moda davvero sostenibile?
Lavorando quotidianamente sulla filiera, sul farsi delle domande oggi scontate, che poi nella chimica e nella lavorazione meccanica nulla è scontato. Bisogna conoscere a fondo queste materie per capire come consumare meno. Io partendo dall’abc ho deciso che i miei tessuti dovevano essere vaporizzati che vuol dire non usare saponi, additivi, lavaggi, sapendo che poi la mano di uno jacquard non era particolarmente cadente, soft ma mi dava gioia l’idea di "indossare" questo grosso risparmio. L’azienda della mia famiglia è stata la prima ad alzare la mano su questo tema, prendendoci anche qualche occhiataccia perché mettevamo sul tavolo un argomento complesso. Oggi le cose sono cambiate: bisogna andare solo in quella direzione.


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Si può realizzare un prodotto di tradizione, con tutti i crismi del made in Italy, e guardare al futuro tecnologico dagli e-commerce alle esigenze di un nuovo pubblico?
Direi proprio di sì, anche se tratto ogni tema uno alla volta dato lo shift affaire del mio progetto! Sono sempre stata una sostenitrice dell’online, l’idea di arrivare tramite e-commerce dove il negozio fisico non può, raggiungere persone agli angoli del pianeta: tutto questo mi affascina. Per quanto riguarda il made in Italy: abbiamo così tante aziende meravigliose che vanno preservate. Speriamo che ci sia una forza comune che aiuti queste aziende a continuare nel futuro: possono fare alleanze, che è un tema, fare squadra che funziona nella vita e in tutti i livelli, lavorativo compreso. Io amo lavorare in team, e mi piace interagire con chi è più bravo di noi, è un do ut des molto interessante.

Come vedi i tuoi figli nel futuro?
Spero che si producano gli abiti da soli, la grande che ha 8 anni vuole già cucire tutto il tempo…

Com’eri 10 anni fa e come vedevi la moda?
Era molto più esclusiva, inavvicinabile, poi per me è sempre stato super affascinante andare alle sfilate, vedevo il risultato del nostro lavoro, mi emozionavo.

Come è nata questa collezione Autunno Inverno 2019/2020?
È nata con i propri tempi, quelli in cui si maturano idee, si sfogliano archivi, lì è un momento di meditazione sui tessuti, colori, motivi ed è come se il passato ti parlasse e l’idea è tradurlo in una contemporaneità cittadina, portata a latitudini diverse. Sono donne che si sono messe in gioco, che hanno deciso di essere scenografe o semplicemente mamme ma che lo fanno con grande passione.

Cosa non vedremo mai in una tua collezione?
Il nero, magari però chissà… invece non vedrete mai la pelle e la pelliccia.

Quindi come raggiungi questa tua naturalezza contagiosa?
Nascere in campagna, dove la vita è semplice, sì, credo che questo mi abbia davvero aiutato.