Del potere d'affabulazione della moda, chi scrive ha una chiarissima idea. E non si tratta qui delle foto degli shooting in località esotiche, le modelle agghindate di tutto punto, i loro corpi perfetti, offerti all'occhio di chi guarda, rivestito di vestiti vaporosi, mossi da un leggero soffio di vento mentre si passeggia su qualche bagnasciuga al tramonto. L'immagine - quella delle riviste, che traducono delle idee piuttosto comuni, rivisitandole con un'estetica contemporanea e fedele al pubblico a cui si rivolgono - ha di certo avuto la sua importanza, nel corso dei decenni, nel creare la mitologia che avvolge il mondo della moda. A essere parimenti affascinanti, però, sono le storie, personali e a volte molto pubbliche, dei couturier: perché Yves Saint Laurent disegnò negli anni 70 una collezione dedicata agli anni della seconda guerra mondiale che fece scandalo? E Cristóbal Balenciaga, il maestro dei volumi e dei colli che si schiudevano come fiori, perché negli anni 60, al massimo della sua fama, decise di ritirarsi? Qual era la storia personale di Gianni Versace, ragazzino della Calabria, che amò moltissimo le donne della sua famiglia, e poi quelle del mondo intero? Non si possono neanche elencare, poi, le leggende che avvolgono la figura di Coco Chanel, donna nata troppo presto per il suo tempo: dall'accusa di collaborazionismo con i tedeschi, alla competizione che sentiva per Elsa Schiaparelli, da lei chiamata solo, con un certo disprezzo, “l'italiana”, la materia meriterebbe libri e film (che in effetti, sono stati scritti e girati). I grandi designer sono stati non solo artisti che disegnavano i profili della modernità femminile nei loro atelier sempre in ordine, ma esseri umani che hanno vissuto vite spesso molto sopra le righe, anche prima di divenire affluenti abbastanza da poterselo permettere.

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Storie, le loro, che, i dati hanno scoperto, hanno un pubblico sempre più attento e desideroso di ascoltare: the Infinite Deal Study 2019, ricerca voluta da Edison Research e Triton digital, sostiene che un terzo della popolazione americana ha ascoltato almeno un podcast nell'ultimo trimestre (si parla di 90 milioni di ascoltatori mensili). L'Italia, secondo i dati della ricerca Nielsen, Mercato audio in Italia, del novembre 2018, ha 2,7 milioni di ascoltatori, classificandosi come il primo paese non anglofono al mondo e il quinto in assoluto (secondo Spreaker 2018) per fruizione di contenuti audio, disponibili sulle principali piattaforme, da iTunes a Spotify, passando appunto per Spreaker e Audible. Con un tasso di ascoltatori abituali che, sempre secondo Nielsen, in Italia, già dall'anno scorso sono cresciuti del 217%, l'occasione era troppo ghiotta per farsela sfuggire. Se lo scrittore Giovanni Montanari parlerà in Masters of Fashion, proprio di queste storie, Love & Style si incentrerà sul rapporto di elezione che legava i couturier alle loro muse (il conte Hubert de Givenchy e Audrey Hepburn, Saint Laurent con Loulou de La Falaise e Betty Catroux, solo per citarne alcuni). Ad affidarsi ai podcast, c'è anche Chanel, che ha lanciato i podcast 3.55: episodi dove si racconta il rapporto con la creatività ai quali è riuscito a partecipare anche lo stilista Karl Lagerfeld, prima di morire all'inizio dell'anno, insieme ad altri amici del marchio, da Pharrell a Kiera Knightley.

Modalità di raccontarsi ad un pubblico che sceglie di ascoltare, e quindi molto interessato, i podcast sembrano la chiave di volta di una strategia di comunicazione ormai stanca di affidarsi all'improvvisazione: in fondo come spiega The Business of Fashion "è un esperimento che le case di moda possono portare avanti con facilità. Il costo implica alcune centinaia di euro per l'attrezzatura e 30-50 euro al mese per l'hosting online". L'idea è stata sposata anche da Gucci, che sceglie di affidare la narrazione dei The Gucci Podcast non solo al creativo Alessandro Michele ma anche ai suoi più stretti collaboratori, amici, e ovviamente, muse, da Elton John a Florence Welch passando per l'iconico creativo americano Dapper Dan. Ogni episodio, in questo caso, è registrato in una location diversa e contribuisce a tracciare al meglio i profili del marchio, restituendone un'immagine autentica e non filtrata. E sempre secondo The Business of Fashion, ad essere più interessate sono le donne: un quarto di quelle americane, con un'età che oscilla tra i 18 e i 24, ascolta podcast ogni mese, nello specifico 7 a settimana. La percentuale maschile è ferma al 27%. Hermès ha così lanciato il podcast The Faubourg of Dreams: registrato nello storico store parigino, a parlare sono diversi personaggi, dal direttore artistico Pierre-Alexis Dumas ad Antoine Platteau, responsabile delle vetrine, passando per l'illustratore Pierre d'Origny.

I dati del successo sono in questo caso, registrabili: non una trasmissione radiofonica con la quale sintonizzarsi, ma un contenuto scaricabile da ascoltare quando si vuole, a raggiungere i 150 mila download è stato quello del department store di Saks, affidato a Jodi Katz, responsabile della Base Beauty Creative Agency, che conduce interviste dal titolo Where the brains meets beauty, registrate appunto nel beauty department del centro commerciale di lusso. Ad avere una location di pregio è invece Chloé, che registra i suoi Chloé Radio, proprio nella sede storica di Maison de la Radio. A raccontare la loro femminilità, libera e contemporanea, che ricalca quella del marchio, sono donne come Isabelle Huppert e Clémence Poésy.

Lo scorso giugno, invece, Maison Margiela ha lanciato su iTunes e Spotify il podcast The memory of...with John Galliano: in occasione di ogni sfilata, il marchio produce un episodio nel quale il direttore creativo racconta l'ispirazione dietro ad ogni collezione, portando virtualmente l'ascoltatore all'interno dell'atelier parigino.

Infine, anche Coach ha optato per i podcast, assoldando tra gli altri, la sua ambassador Selena Gomez: nei contenuti, denominati Dream it Real, si spronano gli ascoltatori a seguire le proprie ambizioni, portando ad esempio le storie dei suoi protagonisti. Tra loro c'è anche Maisie Williams, l'Arya di Game of Thrones: d'altronde se ha ucciso il Re della Notte, non c'è nulla che la ragazza non possa fare...