La Cina è vicina (nonostante tutto): a sancirlo è la Milano Fashion Week, ai blocchi di partenza il 18 febbraio ( fino al 24, quando passerà il testimone a Parigi). Con i voli da e per la Cina bloccati per via dell'emergenza Coronavirus, e l'impossibilità di stampa – ma soprattutto dei buyer, fondamentali per l'acquisto e l'esportazione delle collezioni in Oriente – di partecipare, la Camera Nazionale della Moda Italiana cerca di correre ai ripari per limitare i danni economici, mostrando solidarietà, attraverso una serie di misure pratiche, "alla milanese". Così nel Fashion Hub, laboratorio del futuro modaiolo saranno presentati una serie di progetti figli di collaborazioni internazionali, tra i quali Sino-Italian fashion town by Chic Group, 8 brand cinesi emergenti, i cui designer saranno presenti in maniera virtuale attraverso delle proiezioni video. E proprio al Fashion Hub, ospitato per quest'anno al Museo della Permanente, sarà presentata China, we are with you, campagna che permetterà attraverso live streaming e contenuti speciali anche ai professionisti del settore che non potranno essere a Milano, di prendere parte all'evento.

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Tra le 56 sfilate, 96 presentazioni e i 7 eventi culturali, abbondano i nuovi nomi che devono confermare le prime, buonissime, impressioni: tra di loro c'è sicuramente Act n. 1, brand la cui sfilata sarà infatti sostenuta dal CNMI e dal Camera Moda Fashion Trust. Alla prova del 9 è anche il prossimo – ci si augura – wunderkind Nicola Brognano, così come la poesia minimalista e raffinata di Daniele Calcaterra, e la prima collezione di Pucci firmata da Christelle Kocher, mentre molto attesa è la sfilata di Agnona, estensione radical chic del gruppo di Ermenegildo Zegna, che per la prima volta presenterà anche la sua collezione uomo. Attese, ma con un certo timore, sono le presentazioni di Roberto Cavalli e Romeo Gigli. Il primo è stato infatti acquistato lo scorso novembre da Vision Investements, fondo degli Emirati Arabi con il quale il marchio aveva già collaborato nel 2017, curando gli interni degli hotel Aykon, sempre di proprietà del gruppo: si fa fatica però a capire se ci sia ancora una strategia stilistica, oltre che economica – inserire nel proprio portfolio un marchio fashion dalla caratura internazionale fa sempre comodo – e quale direzione prenderà il brand. Ancora più complesso il secondo caso: Romeo Gigli è infatti stato assoluto maître à penser della moda italiana più intellettuale, in antitesi con i primi Anni 90, brand nel quale ha trovato il maggiore successo, lasciando un vuoto ancora impossibile da colmare. A guidarlo dalla scorsa stagione c'è Alessandro De Benedetti, scelto da Eccentric, compagnia di Lussemburgo che oggi ha la proprietà del brand: dopo un percorso nell'atelier Haute Couture di Thierry Mugler e diversi anni da Mila Schön – altro storico marchio sinonimo dell'italianità che, per colpa forse di una proprietà lontana dall'Italia e poco attenta, sprecò diversi anni fa l'occasione di ritornare al centro della scena, concludendo il rapporto con Bianca Maria Gervasio, stilista scelta proprio dalla signora Schön, e che aveva avuto il merito di riportarne le creazioni alla contemporaneità, addosso a influencer e giornaliste estasiate – De Benedetti si cimenterà con una prova difficilissima, di cui si spera di poter apprezzare i risultati.

Oltre ai new-classics (Bottega Veneta e Gucci, i gioielli sulla corona di Kering, così come, ovviamente, Prada), ci sono altri brand che festeggiano anniversari importanti, sinonimo di una strategia di lungo termine che ha pagato, seppure in maniere, e con età diverse: se N°21 fa spegnere al suo fondatore, Alessandro Dell'Acqua, 10 candeline, Sportmax è arrivata con una certa scioltezza alla boa dei 50. Un mestiere, quello della moda, complesso e bellissimo: a spiegarlo, per quest'occasione, ci proverà la mostra Memos - a proposito della moda in questo millennio, ospitata dal Museo Poldi Pezzoli e pensata da Maria Luisa Frisa, curatrice italiana tra le più autorevoli in materia. Il progetto sarà presentato quindi come una riflessione sul mondo della moda e sui suoi attributi, prendendo spunto dalle Lezioni Americane di Italo Calvino – lezioni sui valori della letteratura che il maestro della scrittura italiana avrebbe dovuto tenere ad Harvard nel 1985, ma a impedirgli di partecipare ci pensò sfortunatamente la morte, dovuta alle conseguenze fatali di un ictus.

Per non essere da meno di Londra, infine, anche Milano punta sulla sostenibilità: se il Fashion Hub – che ospiterà tra l'altro nel suo market 5 designer emergenti italiani, 5 africani all'interno del progetto Africa Now e 8 ungheresi nell'area Budapest Select – si servirà per il suo allestimento di strutture riciclate dall'anno prima, con colori ad acqua e moquette al 100% riciclata, anche la Camera Nazionale della Moda italiana si metterà d'impegno: sempre meno inviti cartacei – e comunque in carta riciclata – sempre più formati digitali forniti di QR Code per accedere agli eventi, bandendo infine l'uso della plastica all'interno delle proprie location. La rivoluzione, in fondo, inizia dai piccoli gesti quotidiani.