«La moda è un mestiere da ragazze ricche»: un vecchio adagio, che serpeggia con un certo cinismo tra le redazioni dei maggiori magazine internazionali, e, uscendo dagli open space moderni – officine futuribili dove si costruisce, ripara, assembla e distrugge, a ogni stagione, il concetto di stile – riecheggia con un certo sconforto sulle labbra di giovani virgulti, animati dal sacro fuoco della moda che non intendono dar fuoco anche alle carte di credito, per guadagnarsi l'ingresso in quell'universo apparentemente parallelo, per il quale pure si sono preparati, con un percorso di studi ad hoc per lavorare nella moda. Come tutti gli stereotipi, quella affermazione degli inizi ha però un suo fondo di verità: non che l'esposizione precoce ai denari regali, come effetto collaterale, la scienza infusa della moda e renda più competenti degli altri, ma è innegabile che, chi si approccia al mestiere di stylist o a quello di fotografo, deve affrontare sin dagli inizi una serie di costi alquanto onerosi, al netto di stipendi che, invece, poco spazio lasciano alla fantasia.


Il fatto è stato attestato nel 2018 anche oltre Manica, da un sondaggio del governo britannico, che sosteneva che oltre il 90% della "forza lavoro" all'interno dei magazine proviene da background socio economici avvantaggiati, mentre negli Stati Uniti oltre il 63% di chi lavora in aziende del settore creativo, è laureato (il doppio della media nazionale). Eppure, qualcosa oggi sta cambiando, anche perché i magazine sembrano essere alla ricerca di figure nuove, anche alla luce della discriminazione evidenziata da movimenti come Black Lives Matter, e molti marchi colpiti pesantemente dalla pandemia da Covid-19 non possono più permettersi professionalità di lungo corso (e dalle fatture salatissime) preferendo puntare su nuovi talenti. Rimane però il dato che, i costi da affrontare non sono alla portata di tutte le tasche. Se infatti chi scrive o sogna di fare il giornalista ha bisogno solo di una connessione internet, una buona dose di faccia tosta e di quello che noi chiameremmo fortuna, e che invece Seneca descriveva con molta più leggiadria come "il momento nel quale il talento incontra l'occasione", chi scatta, ad esempio, ha bisogno da subito di un'attrezzatura professionale alquanto costosa. Chi invece fa lo stylist, ed è agli inizi, ha difficoltà a reperire sia abiti – che ovviamente le maison non prestano a chi non è in grado di garantire una pubblicazione – che modelle sulle quali metterli, e anticipare i costi di produzione del servizio, così come gli eventuali viaggi. «Di escamotage per “risparmiare" nel corso degli anni ne ho inventati diversi, e tutti, in un modo o nell'altro, sono stati utili in più di un senso» spiega Alessia Vanini, stylist e insegnante della materia allo IED di Milano. Trentenne, con studi alla Central Saint Martins, Alessia ha iniziato circa otto anni fa, con shooting realizzati in maniera "artigianale".

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photo courtesy Andy Massaccesi e styling Alessia Vanini
photo courtesy Andy Massaccesi e styling Alessia Vanini

«I costi che sostengono gli stylist quando sono agli inizi, e vogliono realizzare dei servizi fotografici da inserire nel proprio portfolio, una sorta di CV illustrato, sono quelli della modella, così come i vestiti, senza neanche mettere in conto l'affitto eventuale di uno studio o di una location, o del pagamento del fotografo, che, agli inizi, si sceglie in realtà tra amici che stanno facendo il tuo stesso percorso e con il quale si ha una sintonia "estetica", che poi sono gli stessi con i quali mi piace lavorare anche adesso, formando un team abbastanza rodato. Io facevo già all'epoca, per scelta, dello street casting, quindi selezionavo tra conoscenti (ma anche sconosciuti dai visi interessanti) le persone che volevo scattare, e che si offrivano di farlo senza richiedere un pagamento. Oggi, questa pratica, paradossalmente, è molto più accettata di qualche anno fa dal sistema della moda, che sta finalmente scoprendo che esistono fisicità e volti diversi da quelli che le passerelle ci hanno insegnato a idolatrare come unico canone possibile, quindi questo tipo di ricerca è visto di buon occhio dalle agenzie, e contribuisce, anche quando ci si presenta alle porte di una redazione, a mostrare da subito molta più personalità. Una volta mi è stato chiesto di realizzare una campagna pubblicitaria per un brand di abbigliamento che disponeva di un budget limitato. Spendere quei soldi in una modella proveniente da un'agenzia, non sarebbe stato neanche coerente con l'estetica del marchio, così a un certo punto ci siamo ritrovati in un ristorante vicino alla location degli scatti, e abbiamo visto queste due gemelle bionde, figlie del titolare, con dei visi che sarebbero stati perfetti per l'idea che avevamo in mente. A volte però» prosegue Vanini «sono le agenzie di modelle a cercarti, magari perché hanno un nuovo talento e hanno bisogno di qualcuno che la utilizzi per dei servizi, per inserire le foto nel portfolio della modella, e quindi non richiedono il canonico "fee" per averla sul set». E quando si tratta di vestiti, e non si è ancora arruolati in una redazione che garantisce per te, come si fa a creare un look che funzionerebbe anche tra le pagine di un magazine, senza dover comprare un intero guardaroba in una volta sola? «Essendo appassionata dell'argomento, avevo iniziato a crearmi un "archivio personale" da anni, che però ovviamente non era sufficiente a mostrare il mio stile, o magari non era adatto per uno specifico shooting» spiega Vanini. «Per ovviare al problema, si può acquistare del vintage, che ha sempre il suo fascino, oppure affittare abiti (come succede già in istituzioni come A.N.G.E.L.O, ndr) che, per una porzione del prezzo originale abbastanza ridotta, ti consentono di noleggiare pezzi vintage delle maggiori maison. Inoltre, facendo agli inizi da assistente a una stylist, e avendo con lei un rapporto di totale collaborazione, mi prestava pezzi del suo archivio personale: un ulteriore vantaggio di fare la "gavetta", imparando da qualcuno che ha più esperienza di te».

«La gavetta è fondamentale anche per chi vuole fare il fotografo» conviene Andy Massaccesi, trentenne da poco entrato nei ranghi di Bird Production, nota agenzia parigina del settore. «Quando ho iniziato come assistente, in effetti, anche io prendevo in prestito dal mio capo di allora, con il suo beneplacito, l'equipaggiamento tecnico che mi serviva per i miei lavori personali, e c'è il vantaggio di iniziare a creare una rete di conoscenze con professionisti che stimi. D'altra parte sono stato anche molto fortunato perché ho sempre prediletto scattare in analogico, e di conseguenza non avevo bisogno di affrontare costi ingenti per comprare l'attrezzatura. Certo, la fotografia è una passione cominciata molti anni fa: quando ancora lavoravo come barista, con i soldi messi da parte ho iniziato a comprare le prime macchine, il resto è venuto con la scuola, e poi con il lavoro sul campo, perché scattare un servizio fotografico di moda è qualcosa che si apprende solo lavorando. Il consiglio per chi intraprende un programma di studi è ricercare la multidisciplinarità, assecondando i propri interessi personali: io ad esempio mi sono diplomato all'ISIA di Urbino (una scuola pubblica ma a numero chiuso, ndr) con una tesi di grafica basata sul photo-editing, per la quale poi sono riuscito ad ottenere una borsa di studio da un istituto di Losanna. Chi sei? Cosa ti piace? Qual è il tuo valore aggiunto? La tua peculiarità? Cosa ti rende diverso dagli altri? Queste sono le domande che bisogna farsi, agli inizi, e credo sia il motivo per il quale oggi sono rappresentato da Bird. Personalmente ho un occhio molto legato al paesaggio, alla fotografia del territorio, coltivato studiando maestri come Luigi Ghirri, il gruppo MISA di Giacomelli: cerco di unire quella mia predilezione personale allo scatto di un cappotto o di un abito, realizzando servizi che sembrano più documentari che servizi di moda». Crearsi un proprio universo di riferimenti, una propria estetica, diventa quindi essenziale: un risultato che si può ottenere solo studiando, e rimanendo costantemente curiosi.

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photo courtesy Andy Massaccesi e styling Alessia Vanini
photo courtesy Andy Massaccesi e styling Alessia Vanini

«Nel mio lavoro come insegnante sono a contatto con ragazzi che in realtà hanno pochi anni meno di me, ma le cui metodologie di studio sono già molto differenti. Internet negli ultimi anni ci ha messo a disposizione una quantità tale di stimoli e immagini che basta cercare su Google per vedersi inondare di foto d'archivio, prive però di riferimenti rispetto alle fonti e al periodo storico nel quale si inseriscono, che io invece ritrovavo magari sfogliando i magazine in qualche biblioteca specializzata (come la Milano Fashion Library che custodisce circa 70000 volumi, ndr). In fondo, tutto è stato già detto e fatto: quello che conta è conoscere il passato per poi rielaborarlo attraverso il proprio punto di vista personale ed estetico».

Quindi in sintesi: consigli per giovani studenti di moda, come iniziare, da dove partire? «mi sono spesso proposta agli inizi a magazine che avevano un'estetica con la quale mi sentivo in sintonia" continua Alessia Vanini, scrivendo all'art director o al photo editor, non solo a chi fa parte del team moda. Meglio essere quanto più possibile specifici, evitando le frasi generali e prive di qualunque tipo di personalità: spiegare il percorso di studi, cosa vi piace, i modelli di ispirazione e allegare alcuni lavori selezionati ad hoc, funziona. Rimane un lavoro fatto di sacrificio, dedizione e costanza, che non regala niente nel breve termine. Difficile, ma non impossibile». E oggi, pare che, paradossalmente, le condizioni per potere trasformare questa passione in un lavoro vero e proprio, siano più favorevoli di sempre, anche per chi non dispone di doppi cognomi e carte di credito platinum. La moda, forse, non è più (solo) "un mestiere da ragazze ricche"?