Al giorno d'oggi, per ritrovare serenità ci vorrebbero le moderne Caterine de' Medici di Max Mara, il primo nome nel calendario della giornata di giovedì. «Come le eroine indomabili del Rinascimento, le donne Max Mara stanno, in ogni campo, ricostruendo il mondo – meglio di com’era prima», si legge in una nota. L’ispirazione è offerta dai lavori di Corine Sworn, già vincitrice di un Max Mara Art Prize for Women, premio assegnato ad artiste dall’azienda: la Sworn lavora sui “caratteri” della Commedia dell’Arte e del teatro in generale. In questo caso, alcune sue opere legate all’opulenza del Rinascimento (le grandi maniche, i mantelli, le cappe) ispirano l'incontro con lo chic utile - il parka, le mini-borse portate a bandoliera, il trench, le giacche piene di tasche. E, da vere Grandi Madri, scelgono i colori della Terra: ocra, terra di Siena, nero e bianco e toni di colori delicati come i toni ombrosi degli affreschi umbri.

infoimaxtreecompinterest
Daniele Oberrauch//LAUNCHMETRICS SPOTLIGHT
Max Mara SS 21

Per Prada scende in campo - digitalmente - la coppia di fatto Miuccia Prada e Raf Simons, che dà vita a quello che è stato già scherzosamente ribattezzato il marchio Prafda. Non un esperimento, ma una collaborazione a due dove ognuno ha lo stesso potere decisionale dell'altro. In un teatro illuminato da lampadari-monitor, una serie di abiti veri che danno forma a quello che un designer bravo dovrebbe fare: rispettare la propria visione del mondo e, nello stesso tempo, capire come il mondo si vuole vestire. Il concetto di verità e benessere Miuccia lo ha sottolineato più volte, in un “domanda e risposta” con Raf Simons dopo lo show: tutti si aspettavano musi lunghi tra i due dopo litigate in Zoom e invece eccoli lì, insieme, contenti di esserci e addirittura azzardando battute spiritose. Siccome sono bravi tutti e due, la sfilata appare come una fusione tra le rispettive ossessioni (lo sportswear sofisticato, connesso a un’immagine idealizzata della gioventù, metafora di innocenti emozioni, per Raf Simons; la sovversione dei codici dell’abbigliamento borghese, per Miuccia Prada). Per loro la moda è uno strumento attraverso cui si realizza il desiderio di esprimere la propria identità, al di là della ricerca del “nuovo” a tutti i costi («Il nuovo è l’incubo di tutti gli stilisti», chiosa Miuccia ironica, ma mica poi tanto). Il risultato è avvincente, tra stampe d’archivio della mitica collezione Ugly Chic del ’96 sormontate da slogan creati da Peter de Potter, collaboratore di lunga data di Raf Simons, connessi ai temi ricorrenti del designer belga: vedi i pullover già “vissuti” con tanto di buchi, o la sua fissazione per l’oversize. Insieme concordano sul puntare all’essenziale: nasce così “The Wrap”, preciso rettangolo di tessuto in varie fibre - jersey, felpa, duchesse ricamato, taffettà chiné, nylon rigenerato - senza bottoni, da trattenere con la mano. Anche questa è una citazione: i mantelli che Raf Simons creò per Jil Sander nel 2012 le modelle li portavano proprio così. All'epoca lui era direttore creativo del marchio tedesco (chiamato proprio da Patrizio Bertelli, che ne era proprietario), che poi abbandonò per andare da Dior. «Un’esperienza che mi ha permesso di debuttare nel womenswear», ricorda lo stilista belga.

pradapinterest
Courtesy of Press Office//LAUNCHMETRICS SPOTLIGHT
Prada SS 21

La nuova “pradicità” è quindi la prossemica di un gesto gentile, quasi pudico (anche se non proprio comodissimo). Tutto è contemporaneo, non proiettato in un futuro incerto né evocatore di formule passate, al limite rielaborate: le stole dalle grandi tasche sul retro, strani grembiuli da sovrapporre alle gonne, zainetti rivisitati e loghi così onnipresenti da diventare sia elemento grafico, sia sinonimo di appartenenza. I colori - bianco, nero, rosa pallido, giallo neon e rari pastelli - tingono di rigore questa complessa semplicità. «Gli aspetti delle cose che sono più importanti per noi sono nascosti a causa della loro semplicità e familiarità», sosteneva Ludwig Wittgenstein. Quella di Miuccia e Raf è una sintesi che semplifica la complessità.

Checché ne dica Le Figaro, ingiustamente furibondo contro la fashion week milanese, stiamo osservando défilé corroboranti e tonici, dove tornano elementi comuni. Quello della tribù, per esempio, ne è un esempio. E percorre sottotraccia il film Building Dialogues con cui Giorgio Armani presenta la linea Emporio: una community di persone diverse per etnia, fisicità e percorso professionale (da Alice Pagani, protagonista della serie Baby e volto del nuovo profumo Emporio Armani, ai ballerini e coreografi Les Twins, Laurent e Larry Bourgeois, dalla cantautrice Joan Thiele a Omar Ayuso, noto per serie tv Élite, tra gli altri) che danzano dentro il quartier generale Giorgio in via Bergognone come abitanti di un pianeta in cui è difficile vivere, ma a cui rispondono con la grazia di abiti leggeri, lievi, a rinfrescare l’idea di un vestire formale "alleggerito", percepito come urgente presenza nei guardaroba.

eapinterest
Courtesy Emporio Armani
Alice Pagani per Emporio Armani

A proposito di debutti, quello del giovane (è nato nel 1990) Nicola Brognano alla guida di Blumarine risente ancora di un approccio un po' scolastico, come in una ricetta di cui abbiamo ogni ingrediente - ci sono tutti i codici del marchio: le rose, l’animalier, i volant, i cardigan bordati di pelliccia - ma di cui non sappiamo dosare le proporzioni. Ma è la sua prima volta, lo aspettiamo volentieri alla seconda prova, sperando che guardi meno gli archivi e più dentro di sé.

infoimaxtreecompinterest
Filippo Fior//LAUNCHMETRICS SPOTLIGHT
Blumarine SS 21

Per esempio, come sta facendo già da alcune stagioni, e con ottimi risultati, Veronica Etro. Stavolta preferisce al girovagare tra le culture geo-culturali così tipico della maison di famiglia, la bellezza di un'"estate italiana”: uno slogan ricamato sui pullover corti con una versione sovradimensionata del Pegaso, cavallo alato della mitologia greca simbolo del marchio. Una collezione fiduciosa nel futuro, ricca di capi “facili” - shorts, giacche brevi, top - ma impalpabili, mercuriali e stampati su seta così volatile da veleggiare a ogni passo. Anche questi, abiti come elementi gentili con cui premiarsi contro l'oscurità che stiamo vivendo. Un défilé che riporta la moda alla “meraviglia” (il titolo della canzone di Mina per l’uscita finale) e la considera un antidepressivo per i tempi che corrono. Per ripartire, tutti felici, alla conquista di un mercato che vorrebbe ritrovare l’ottimismo. E magari, acquistarlo. Anche se è solo da indossare.

etropinterest
Alberto Maddaloni / Courtesy Etro
Etro SS 21