Se Samantha Jones in Sex and The city era disposta a fingersi la manager di Lucy Liu, pur di saltare la sua lista d'attesa, per una borsa di Hermès, la banda di truffatori arrestata questa mattina a Parigi, era andata ben oltre, creando persino un finto negozio, dove si vendevano borse della maison, che invece erano autentiche. Se la notizia sembra esilarante, è perché un po' lo è. Ma cosa è successo? Secondo il Times, che ha diramato la notizia in mattinata, sono state arrestate oggi, dalla polizia parigina, 10 persone, tra i 24 e i 57 anni, dopo diversi mesi di indagini. L'accusa? Secondo Le Parisien, si tratta di riciclaggio. La banda agiva assoldando giovani attori che arrivavano direttamente dalle scuole di recitazione – il cui ricambio continuo era necessario per non generare sospetti – mandandoli nella boutique della maison francese, ad acquistare, legalmente, le famose borse Kelly o Birkin per esempio. Se questi "figuranti" ricevevano un bonus fino a 500 euro, per fingersi facoltosi milionari e annoiate aristocratiche, in cerca di un nuovo feticcio per tutti i negozi di Francia e d'Europa, chi gestiva l'affare guadagnava molto di più. Una volta acquistate legalmente le borse di Hermès, i prodotti erano dunque rivenduti a prezzi triplicati. Tutto legale – come d'altronde lo è l'odiato/amato fenomeno del reselling – se non fosse che, per farlo, la banda aveva messo in piedi un finto showroom Hermès, in Faubourg Saint Honoré, poco distante dal monomarca – quello autentico – dove clienti alla ricerca dell'affare, convinti di aver furbescamente trovato il modo di saltare la notoria lista d'attesa, erano disposti a pagare un prezzo maggiorato, seppur convinti di stare acquistando presso un negozio "ufficiale". Questo mercato parallelo è stato identificato dalla polizia parigina lo scorso anno – sebbene operasse da altri 3 – e solo oggi si sono trovate le prove necessarie per procedere agli arresti.

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A capo dell'associazione criminale ci sarebbe una quarantenne francese dalle origini tunisine, che avrebbe guadagnato decine di milioni di euro (il guadagno del finto showroom è stato stimato sul milione di euro, netto, al mese), che poi avrebbe reinvestito nel mercato immobiliare in Tunisia, e, probabilmente Portogallo. Si sospetta, inoltre, anche di beni poi venduti direttamente, a un prezzo maggiorato, in Asia. Un affare al quale la polizia parigina ha messo fine, consegnandoci una notizia che sembra presa da una puntata de La casa di carta.