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Milano Fashion Week: 5 stilisti per trasformare 5 politiche

Perché non usare le politiche come testimonial delle sfilate femminili della primavera-estate 2016?

Di Antonio Mancinelli
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Siccome la moda è lo specchio della società e bla bla bla, le sfilate che in questi giorni si stanno abbattendo su Milano con la precisione meteorologica di un uragano già previsto, definiscono un paesaggio femminile di una donna profondamente "empowered", ma dotata di dolcezza, tatto, buona educazione. Insomma, nulla di più lontano dal bunga bunga style che ora sembra lontano nel tempo come un fenomeno giurassico. Al primo giro di boa delle sfilate, dopo le sfilate di Gucci, Prada, Moschino, Max Mara, Alberta Ferretti & co. ci vengono in mente cinque donne di potere che potrebbero diventarne testimonial. Finita l'epoca delle super-stra-top model, cerchiamo volti freschi, fisici nuovi, corpi non abituati alle passerelle. Viviamo nell'età della Ragazze - siamo tutte ragazze, ormai: maschi e femmine di età variabile tra i 16 e i 160 anni - toste ma composte. In alcuni casi, siamo addirittura tangenziali alla castità da vergine giurata albanese o, al contrario, alla rinuncia a una sana serata di ginnico divertimento corporeo perché disperse nei boschi mentali delle loro fantasie.


Maria Elena Boschi per Alberta Ferretti. Memore di quando il Cavaliere le aveva detto «Lei è troppo carina per essere comunista», invece dei mesti tailleurini di Zara le proponiamo di trasformarsi in ingenua e modesta ninfa delle foreste. Tanto è abituata a stare già tra gnomi, nani e ballerine. Perché non dovrebbe abbracciare lo stile di un défilé bucolico e raffinatamente hippie come quello proposto da un'Alberta Ferretti più in forma che mai, tra Coachella e lo shakespeariano Sogno di una notte di mezza estate? Le riforme costituzionali e i rapporti con il Parlamento magari miglioreranno, se invece di offrire delle leggi si offriranno dei florilegi di frasi che potrebbero star dentro un cartiglio di un bacio Perugina.


Angela Merkel per Moschino by Jeremy Scott. Va bene, è stata la cancellieri dal pugno di ferro in guanto di cemento seconda in tenerezza solo a Metternich. Va bene, si è comportata bene con i migranti, anche se in televisione ha fatto piangere una bambina siriana dicendole con empatia umana:«Devi smammare». Ma il Dieselgate di casa Volkswagen di cui solo ieri si è saputo che non poteva non conoscere, richiede una lavata di capo e di coscienza perfetta per l'ambientazione Car Wash - spazzoloni rotanti! Fari lampeggianti! Segnali di attenzione! - di Moschino. Uno show di couture-carture tra ispirazioni di Thierry Mugler anni 80, tailleurini in stile Chanel ma in colori da operaio Anas, tubini in camoscio traforati come i teli di plastica arancioni per segnalare lavori in corso, dovrebbe restituire a) fascino ai tailleur cartonati che indossa adesso che sembrano venire da Aiazzone e b) credibilità a un po' di leggerezza nell'averci dimostrato che, in fondo in fondo, anche i tedeschi sono un po' napoletani.

Hillary Clinton per Prada. Dato che il tailleur, come si è potuto già notare, sarà il nuovo must-have stagionale, il dio delle cose belle faccia sì che la buona Hillary, nella corsa presidenziale, sceglie il "conservative Chic" a firma Miuccia Prada. Una collezione formale ma contemporanea, elegante ma innovativa, semplice ma ultradecorata, saggia ma con una vena di distorsione della realtà canonica, impeccabile ma inaspettata. Esattamente tutto quello che una vera scalatrice alla Casa Bianca dovrebbe mettere in atto, trasportando questi concetti dal vestire al promettere (e cara Hillary, anche quei tacchi ev quelle ballerine neo-costruttiviste, potrebbero esserti d'aiuto).

Christina Kirchner per Philipp Plein. La presidenta argentina, già non particolarmente amata né dai suoi sudditi (ops! cittadini) né da Papa Francesco, non ha mai fatto mistero di aver più volte fatto ricorso al bisturi. Sia per ragioni serie (e di questo ci spiace), sia per ragioni estetiche. Insomma: per sopravvivere all'arrabbiatura delle madri di Plaza de Mayo, alla freddezza di Francesco, alle incriminazioni di essere la mandante di vari omicidi, a un malanno tosto, devi essere bionica. Perfetta, quindi, la robotizzazione allestita da Philipp Plein sulla passerella e automatizzata, con tanto di maggiordomi tutti byte e relais che erano gentilissimi perché non umani. Non sarebbe l'ideale per una come lei? Senza contare che certe spalline grosse tanto che non si vedevano così dall'84, siamo sicuri che la farebbero impazzire.


Michelle Obama per Stella Jean. La First Lady, regina democratica della patria dell'American Dream, che ha già dichiarato di appartenere alla tribù dei Maroon, troverebbe nello sfilata della stilista italo-haitiana un motivo in più per esaltare l'incisività del suo Paese. Non è stata una sfilata, ma una vera e propria dichiarazione politica che univa la gradevolezza di tutti i colori del mondo con tutte le culture del mondo. E, in tempi come questi, se hai un marito in scadenza e magari sei pure più intelligente di lui, avere una "divisa" in tono con le cose che vuoi dire, be'. Può essere una fortuna.

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Angela Merkel

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Alberta Ferretti

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Moschino by Jeremy Scott

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Maria Elena Boschi

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Prada

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Philipp Plein

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Stella Jean

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