"A 35 anni ho ceduto al mio primo paio di stivaletti bassi stampa pitone"
Storia di un tacco cubano, una punta da Compasso d'Oro, un vezzo/vizio rosa poudre e una stampa animalier da perdonare...
Biker boots, ankle boots, chelsea boots. Camperos, texani, cropped, stretch. Con tacco o senza, effetto vinile oppure mat, in vernice, in pelle, in suède, in cuoio… Quanti modi conosciamo per dire stivaletti bassi? Quanti modi conosciamo per dire ossessione? Quanti modi conosciamo per ammettere un problema couture (e andarne fieri)? Il mio con gli stivaletti è uno di questi, nato in un pomeriggio di shopping nell’epoca ops anni in cui gli stivali - di qualsiasi larghezza e materiale - inghiottivano gli orli dei pantaloni - di qualsiasi larghezza e materiale. E se la tendenza dei pantaloni dentro gli stivali è tornata, quella degli stivaletti bassi non se n’è mai andata. E con lei, i bonifici sui siti e app di shopping online. E con lei la mia diffidenza per una e una sola cosa: la stampa pitone, lo snake effect che dir si voglia. Come “sanare” questa lacuna? Semplicemente cedendovi. Così, dopo ere su ere di cambi d’armadio, ho deciso di investire su un paio di stivaletti pitonati. E non tornare più indietro... verso il negozio con lo scontrino per il cambio.
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