La sfilata di Tommy Hilfiger Autunno Inverno 2015/16 di New York è la dimostrazione che, nelle passerelle, a vincere è un romanticismo armato, un sentimento (che non è mai sentimentalismo) ben protetto, una dolcezza incastonata in un'armatura born in the Usa. Già con la collezione di Victoria Beckham, giocata su tutte le sfumature del nero, l'elemento grafico di un corpo rivestito dentro un guscio di tessuto, è testimone di una tendenza che è anche filosofia di vita.

Si parte dell'abito e, come in un quadro fiammingo che procede velatura dopo velatura, si procede a stratificare una fisicità che necessita di un isolamento dal mondo. Spirituale e letterale.

Nero, grigio, lampi color carne modellano anche la collezione di Porsche Design, disegnata da Pierre Costin: punto focale, guarda caso, è la vita, corazzata da corsetti pelle intrecciata, da bustier "rinforzati", da cinture-Obi irrigidite. I decori su revers dei cappotti richiamano le medaglie dei soldati ma non tralasciano l'allure sexy. È una femminilità molto ben tutelata da lane spesse, pellicce, ‎pelli imbottite. Temperamento deciso che è predisposizione a una vita che può riservare grandi freddi, emotivi e non.

Con l'intera produzione realizzata da noi, il brand tedesco ha infatti scelto di sbarcare in Italia (rispetto all'Europa in generale, Germania a parte) aprendo a marzo scorso il megastore di via Spiga 42.

Ma è nel megashow di Tommy Hilfiger, dicevamo, che trionfa questa neofemminilità battagliera: per festeggiare i 30 anno del suo marchio, trasforma i meravigliosi spazi dell'Armory Show in un enorme campo da football americano, ovviamente, con tanto di pannelli luminosi giganti e segnaposti-segnapunti da arbitro.

Sfila una creatura dolce e tosta che impone un'immagine dove non si rinuncia a una panoplia da donna-donna ibridata con simboli da ultras. Le gonnelline in visone sono sotto le felpe con i numeri giganti, i twin-set si sposano ai pantaloni da palestra, la pelliccia è materia preziosa e resistente, la maglia è lavorata come un carapace che mantiene il corpo al sicuro.

Ma è nella maestosa teoria di abiti corti da sera, sottovesti a strisce cucite con punti ripresi da quelli dei palloni da gioco, che il meccanismo diventa chiaro. E i vestiti riecheggiano morbidissime e svenevoli armature neo-medievali. Perché oggi, forse più di sempre, le donne hanno bisogno di un abito che sia abitazione e bunker. Anche se questa necessità afferisce a una sfera puramente simbolica: quella del cuore. Quella della libertà. Quella della rivendicazione di un potere che non è più solo economico ma è soprattutto culturale.