Sono a lavoro, esco all’aperto per una pausa al sole e vedo una ragazza che cammina verso di me, sta cercando di infilare la porta alle mie spalle senza far cadere niente di quello che le scappa dalle braccia. Un computer, due borse Ikea piene di tessuti e un tubo per bozzetti sotto l’ascella. Mi supera, mi giro per seguirla con lo sguardo e noto che sul dietro delle sue gambe svetta una riga nera, che dai talloni si erge dritta per nascondersi sotto l’orlo della gonna, una linea nera per confondere i passanti, tirata dritta sulle gambe nude per simulare di aver indosso un paio di calze di seta, come quelle di tanti anni fa, con la riga sul dietro. Lo facevano le ragazze che non potevano permettersi calze di seta, quelle appunto con la riga nera sul retro, e per adattarsi ai costumi del tempo se la disegnavano direttamente dietro le gambe nude. Ma la ragazza davanti a me ha scelto di disegnare la riga in un gesto che è un po’ un omaggio all’arte di arrangiarsi, alla controcultura in stile Dapper Dan del vorrei ma non posso, delle imitazioni che diventano oggetto di culto e contemporaneamente è un rimando al mondo del fetish. C’è qualcosa che attinge a una femminilità condivisa, fatta di donne che si mettono d’ingegno per ingannare il costume del tempo e si disegnano a vicenda le righe nere. Ma c’è anche qualcosa di rassicurante, di antesignano all’invenzione e il successivo sopravvento delle fibre sintetiche, in primis il nylon. A lui è dedicato questo nuovo capitolo del viaggio all’interno della storia e dei valori socio culturali di alcune tipologie di fibre. Tutti valori e passaggi del costume che sono qui davanti a me, da quella riga nera in poi: la rivoluzione del nylon.

sheer black nylons cover the legs of a seated model who wears a short cocktail dress and high heels for a fashion shoot   photo by oscar whitecorbisvcg via getty imagespinterest
Oscar White//Getty Images

Chi ha inventato il nylon?

Prima dell’invenzione del nylon, prima di quella che viene chiamata la Man-made Fashion Revolution, non esistevano che i tessuti naturali, lana, cotone, seta e varie combinazioni fra questi. Gli abiti, la tappezzeria e gli accessori erano tutti creati con fibre presenti in natura, costose e molto fragili agli attacchi del tempo e dei parassiti (come tarme e pulci). Tutto è cambiato con l’invenzione del nylon nel 1938, creato dall’azienda Du Pont. Dopo quasi un decennio di ingenti investimenti nella ricerca industriale per l’invenzione di una fibra sintetica, finalmente il 27 ottobre il vicepresidente della Du Pont annuncia al New York Herald Tribune la nascita di una nuova parola e un nuovo materiale: il nylon. Non proprio l’invenzione di uno scienziato pazzo, in un piccolo laboratorio nascosto in qualche seminterrato, bensì un annuncio con i fiocchi, davanti alla stampa più influente del mondo coniando una nuova parola, e battezzando il primo tessuto creato dall’uomo, derivato da carbone acqua e aria. Da quel momento inizia una rivoluzione roboante. Le fibre sintetiche portano velocemente a un’improbabile alleanza tra tre industrie globali, chimica, tessile e moda, ognuna basata sulla conflittualità tra tradizione e adattamento ai tempi.

crowd of you women on the street rushing a van handing out free nylons photo by cameriquegetty imagespinterest
Camerique//Getty Images

Oggi come allora, nonostante i consumatori siano diventati dipendenti da materiali inventati dall’uomo, nel profondo dalla mente collettiva aleggia sempre un pregiudizio contro le parole plastica e sintetico. Ma ai tempi di questa rivoluzione i materiali sintetici acquistano valore non per quello che sono in sé ma per quello che si crede siano o che possano diventare. Il nylon è un materiale senza espressione propria, senza uno specifico carattere e il suo valore è costruito dai designer, dagli artigiani e dai consumatori. Nella moda i materiali sintetici hanno avuto ruoli opposti, il nylon e il poliestere erano due miracoli, due fibre meravigliose prima di diventare i cugini cattivi del 100% cotone, lana o seta. Sembra impossibile immaginare che il nylon potesse essere inventato in un altro luogo, se non in negli Stati Uniti. L’Europa, in virtù della grande tradizione di artigianato e manifattura, e nonostante la rivoluzione industriale avesse meccanizzato la produzione di tessili dietro ogni immaginazione, ha sofferto di una grande lentezza nel processo di innovazione nei tessuti. La tecnologia, nel contesto tessile europeo, era storicamente considerata come una bestia pericolosa e destabilizzante e nessuno voleva essere colui che infrange il tabù della tradizione.

circa 1964  pale yellow nylon short overall, double breasted with fitted waist , patch pockets and three quarter length sleeves  photo by chaloner woodsgetty imagespinterest
Chaloner Woods//Getty Images

La storia del nylon, una rivoluzione della moda (e non solo)

Il modo in cui l’Inghilterra arrivò alla scoperta del rayon lo testimonia. L’invenzione del rayon rispondeva all’esigenza di creare una seta economica, non all'appetito per il nuovo. Il nylon diventa rivoluzionario perché viene percepito come la prova di un futuro lussuoso per tutti, in questo sta il suo valore sociologico, nell’allineamento della produzione del nylon con l'impennarsi del consumismo, dando vita all’utopia della moda creata in laboratorio. Siamo negli anni tra le due guerre, poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale e negli Stati Uniti il nylon incarna la moda futuristica e accessibile a tutti. Rappresenta anche la corsa all’avanguardia tecnologica che fa leva su sentimenti nazionalisti e sulla necessità di non dipendere dalle importazioni straniere prime fra tutte quelle giapponesi, nemico giurato e primo produttore mondiale di seta. Il nylon, insieme alla gomma sintetica, tinture chimiche e altri materiali creati in laboratorio ha sfidato la gerarchia dei materiali e dei tessuti in vigore fino ad allora. La presentazione del nylon crea nella seconda metà del Novecento una grande fiducia e aspettativa nel futuro e diventa un veicolo per far uscire le donne dalla cucina e dalla lavanderia e usare meglio il proprio tempo. Il nylon rende più semplice la vita delle donne, rendendo i materiali più facili da mantenere e comprare. Meno lavatrici, meno capi da stirare e cibo conservato più a lungo. La cura della famiglia non è più la cosa più importante della giornata, ma diventa qualcosa da dover ridurre il più possibile per avere più tempo libero per sé. Il nylon rappresenta una rivoluzione culturale legata al consumismo, si declina in mille modi fra cui, spazzole, bottoni, accessori per capelli, scatole, cellophane e soprattutto: vestiti. Oltre che gli ormai iconici collant.

hpinterest
LAUNCHMETRICS SPOTLIGHT

Il nylon, un materiale pensato (soprattutto) per le donne

In un colpo solo il nylon inventa il paradiso del consumatore e libera gli Stati Uniti dalla dipendenza di materie prima straniere, contribuendo a rendere più forte il mito della superpotenza che nel frattempo stava lievitando. Poi arrivano gli anni Sessanta e si rinnovano gli ideali estetici ed ideologici che vanno a incidere in maniera considerevole anche sull’abbigliamento. Il prêt-à-porter si fortifica e rende avvicinabile economicamente l’alta moda alle masse e la moda perde esclusività, le classi sociali si livellano, anche grazie allo sviluppo industriale ed è il compimento della rivoluzione del nylon e di tutti i tessuti sintetici che hanno reso accessibile a tutti un futuro che guarda al lusso e al potere d’acquisto, alla consapevolezza di poter comprare una serie di nuovi prodotti su cui si misura il benessere sociale e a farne incetta. La rivoluzione sta anche nell’aver reso le donne per la prima volta un target di marketing molto grande, dando i natali a ricerche di mercato orientate a migliorare la vita della donna nei suoi aspetti personali e indipendenti dal ruolo della donna tradizionale. Come tante altre cose anche le fibre sintetiche hanno vissuto una parabola di successo, oggi nella fase discendente della parabola, il loro difficile smaltimento e l’inquinamento che deriva dalla loro produzione fa sì che la moda, ma anche la società stessa, ne prenda distacco, relegando questi miracoli di un tempo a un uso minimo e quasi esclusivamente per oggetti e materiale tecnico.

Del resto, vale la pena ricordare che tutto passa, eccetto la plastica.