Un paese, l’Estonia, che nell’immaginario collettivo italico rimanda alla memoria i resti dell’Impero Sovietico, restrizioni da cortina di ferro, e estetica inceppata sui cardini estetici dello stalinismo. Nella realtà, il paese corredato da 2,222 isole, distante due ore di traghetto da Helsinki, ha maggiori affinità elettive con i paesi del Nord, che con il resto degli stati satelliti della Russia. Verde, verdissima, con più della metà della superficie coperta dalle foreste, Tallinn è la capitale green e delle start up, che qui nascono a velocità vertiginosa. Una rete internet che riesce a penetrare anche nelle foreste, o nel Bog, la palude sommersa sulla quale nascono foreste e laghi dove gli estoni si immergono volentieri anche in inverno, la visione dell’armadio guarda più al minimalismo nordico, che all’iconografia post regime, che ha connaturato, sempre all’est, i georgiani come Demna Gvasalia.

August, ad esempio, fondato da Ali Karkoja (con un cv nel quale figura la militanza nell’ufficio stile del santo protettore del minimalismo, Martin Margiela) costruisce un guardaroba dai tagli affilati, puliti, senza fronzoli. Total white o quasi, dalla vestibilità rilassata, i blazer sono asimmetrici eppure raffinatissimi, da indossare con culotte in cotone con le pences e camicie dall’abbottonatura laterale. Una purezza che è anche nella ricerca materica: a lavorare il cotone organico, o tessili che provengono da aziende certificate dalla Global Organic Textile Standard, sono sarti e piccoli produttori locali, creando una linea eco friendly e biodegradabile.

instagramView full post on Instagram

L’attenzione alla sostenibilità è anche core business di Guild, streetwear label nato nel 2012 dalle menti di Joan Hint e Sten Karik, coppia nella vita e sul lavoro. I ritagli di tessuto che di solito finiscono nella pattumiera, nel loro caso vengono riutilizzati attraverso patchwork in altri pezzi, le etichette contengono all’interno dei semi, da piantare senza sensi di colpa nel terreno, i bottoni sono anche vegetali, cercando delle alternative ai classici in corno. Boho chic, bomber street ma decorati con motivi floreali dall’appeal rètro, il brand ha visto la sua nascita come jeanseria. L’origine è in uno dei più classici interrogativi femminili, quello del jeans perfetto: Joan lo ha cercato a lungo, senza mai trovarlo, decidendosi infine a crearlo da sé. Quando con Sten sono riusciti a contattare l’ultimo artigiano estone esperto in materia, e con i telai del caso, ci hanno messo molto a convincerlo a rimettersi a lavoro, ma cercavano degli artigiani locali che potessero produrre sul posto, avvalendosi di tele di cotone europee e giapponesi. Il passo successivo è stato quello dei cappelli, per poi espandersi al ready-to-wear, in un negozio nella Old Town di Tallinn che è una wunderkammer dall’estetica che rimanda alla pittura di Hyeronimus Bosch, calda, avvolgente, eppure über-chic. All’incrocio tra eclettici dandy sovietici e algide vestali di un gusto che infila le radici nella severità finnica, Guild – nome che è un omaggio alle gilde medievali, corporazioni di persone unite dagli stessi ideali e obiettivi – ha trovato tra i suoi fan anche il rapper Post Malone, passato per caso dal negozio e divenuto acquirente compulsivo dal sito del marchio.

Parlando invece di adepti di un certo spessore, Lilli Jahilo ha tra i suoi alcune teste coronate, come la principessa Sofia di Svezia – che, come accade spesso, aveva visto un abito indosso ad un’amica assidua frequentatrice della corte svedese, innamorandosene – e di un’altra royalty: Amal Clooney. E in effetti, non si fa fatica guardando i vestiti dalle linee morbide, con motivi a pois, a immaginarli addosso a Kate Middleton. Formatasi all’atelier parigino di Lesage di Chanel, è nell’onomastica la ragione d’essere del marchio: Lilli, come la fondatrice, e come una sua prozia, di cui ha riscoperto per caso delle foto nei bauli famigliari, svelando una storia degna di un romanzo di Gatsby. Divenuta miss Estonia nel 1931, l’augusta ava ha poi raggiunto sua sorella maggiore a Parigi, dove ha vissuto continuando a fare la modella, e, si immagina, vivendo una vita di molto lontana dalla banalità. Sono un omaggio alla sua eleganza le gonne plissé in seta, le fasce in vita dentro le quali si nascondono chiusure che ricordano quelle dei corsetti, permettendo ai drappeggi e agli scolli morbidi di non spostarsi di un millimetro, restando perfetti, come si richiede ad una reale. Colori pastellati, bianchi e neri che si alternano sui plissé, stampe grafiche ma dal tocco femminile, nel suo talento ha creduto il gigante online di Moda Operandi, piattaforma sulla quale è disponibile.

E sempre nel passato affonda le radici Marit Ilison, artista multi disciplinare che nel 2013 con il fratello Peeter ha fondato il suo marchio omonimo. Finalista di Hyères, infonde nei cappotti della speciale collezione Longing for sleep la tradizione (e i motivi grafici) delle coperte sovietiche risalenti ad inizio del secolo scorso. Un lavoro di recupero che le è valso un posto nel recentemente aperto Museo della storia estone di Tallinn. I ricami e le applicazioni, si ritrovano all’interno, a rimandare alla riservatezza del carattere stesso di Ilison, e alla bellezza interiore, spesso celata agli occhi. Volumi coccooning, i vestiti hanno linee dritte e si ricamano a mano, brillando di glitter applicati su cromie dai colori con onomastica ad hoc, blu caleidoscopio o l’arancio Aurora boreale. Un sussurro che arriva dal nord, e che, dopo essere stato ospitato da 10 corso Como a Milano, si prepara al più mite clima del Mediterraneo.