Se la pandemia ha messo in attesa aspettative e wishlist del guardaroba, non sembra aver fermato la creatività dei designer italiani: tra nuove leve al debutto e professionisti che hanno scelto di intraprendere un percorso in solitaria, questa stagione ha riservato sorprese e, finalmente, di nuovo, fermento tra gli insider, nell'attesa abbastanza concitata delle prossime sfilate di settembre, quando si tornerà con probabilità a eventi e sfilate dal vivo. Tra i segreti meglio nascosti degli addetti ai lavori, c'è, ad esempio, Ssheena, brand guidato dal duo nella vita e nel lavoro di Sabrina Mandelli e Luca Adami. Fondato nel 2018, e già distribuito in alcuni tra i migliori concept store italiani e internazionali (Penelope a Brescia e Antonioli a Milano, così come Helga design a Tel Aviv, Seibu in Giappone e The icon a Kiev) il desiderio di comunicare il progetto al grande pubblico è nato di recente nelle menti di Mandelli e Adami. «Il mio background passa per gli uffici stile di Dolce & Gabbana, dove mi occupavo di demi-couture e progetti speciali legati al fatto su misura» spiega Mandelli «per poi passare da Ring, la house label di Antonioli. Non vedevo nulla che mi rispecchiasse, però, nel panorama italiano, così ho deciso di dedicarmi a questo progetto personale, il cui nome è omaggio alla S, iniziale del mio nome, ma soprattutto alla Ssheena della canzone dei Ramones, Sheena is a punk rocker: nel testo, il gruppo racconta una donna indipendente, anche un po' avventata, a cui non importa di risultare contraddittoria. Insomma, una che, della tua opinione su di lei, se ne frega». E in effetti la donna Ssheena manda in cortocircuito la connessione tra moda e design, tra cappotti dai volumi affilati, tagliati con una lama di precisione, e che però creano onde sinuose sul fondoschiena, a suggerire quelle del corpo; gonne che sfuggono alla noia delle pieghe piatte salendo e scendendo con le lunghezze a seconda dell'estro; vestiti optical in jacquard piazzato; pantaloni con spacchi sul fondo, che ricordano la S del nome, qui logo tradotto su una doppia onda metallica che ritorna nei dettagli. Il gusto delle gonne a portafoglio in pelle, con risvolti a contrasto, è a metà tra steampunk e BDSM, quanto basta per solleticare i desideri di quante sognano un guardaroba "conscious", nel senso di consapevole del suo potere seduttivo, pur rimanendo intrinsecamente cerebrale. Un assunto ribadito dallo spazio Ssheena, headquarter milanese del brand, in zona Navigli: quello che era un magazzino per stagionare formaggi è stato trasformato in un Sancta Sanctorum del miglior design internazionale, che comprende un divano Tactile di Vincenzo De Cotiis illuminato dal lampadario Yumi di Shigeru Ban, e affiancato dal tavolino Madera di Paola Navone. Uno spazio che incorpora anche un bagno che guarda alle toilette punk molto frequentate dai Ramones – e da diversi altri musicisti degli anni settanta – quelle totalmente ricoperte da scritte e graffiti del CBGB di New York. Un luogo che riflette alla perfezione l'attitudine minimal ma provocatoria di slip dress in satin dal gusto Nineties, da indossare magari con stivali in vinile bicolor.

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Ssheena autunno/inverno 2021-2022

Un focus sulle notti che torneremo presto a vivere appieno è quello di Nervi, brand fondato nel 2019 da Valentina Nervi. Un percorso che si è mosso tra gli uffici stile di Inditex, Roberto Cavalli, Ermanno Scervino, e due anni di direzione creativa da Redemption, la designer immagina un ambiente crepuscolare e seduttivo nel quale sfoggiare vestiti in seta con tagli in sbieco, pantaloni in lurex dai bagliori iridescenti corredati da piume, spezzati in colori acceso e stampe floreali dal gusto 70s. «Quando ho deciso di lanciarmi in un progetto da "solista"» spiega Nervi «avevo inizialmente pensato a lanciare una capsule focalizzata sugli abiti da cerimonia: è stato merito di mio marito se poi ho deciso di non limitarmi ad una parte della sera, e vivere la notte appieno, dividendo la collezione in quattro momenti, cocktail, dinner, party, e after-party». Il segreto di abiti con scollature a cuore decorate da glitter e vestiti dagli spacchi decisi, è, a sorpresa, in tutto quello che c'è sotto. «Quando da Roberto Cavalli ho dovuto occuparmi dell'underwear, inizialmente non ne ero particolarmente contenta» spiega la designer «poi in realtà ho capito che era un punto di forza: quando devi immaginare dei vestiti da sera, pieni di scolli e spacchi, deve esserci un attento studio di tutto quello che porti sotto il vestito. Perché una scollatura rimanga ferma lì dov'è, sotto molto spesso costruisco un vero e proprio corsetto, così come, nel caso un abito venga messo per la cena, il bustier che lo sostiene deve essere fatto da delle stecche in materiali morbidi, che ti permettano di stare seduta senza perdere il respiro». Tessuti scivolati, pantaloni a vita bassa con gamba leggermente scampanata, la produzione è totalmente Made in Italy, e si muove a suono di musica: non si tratta qui di licenza poetica, tanto quanto del QR code all'interno di ogni abito, che rimanda ad una playlist pensata ad hoc per lo specifico momento della sera al quale quel pezzo si dedica: ballando, da soli o in compagnia, di fronte allo specchio.

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Nervi, s/s 2021

Nasce invece da un percorso sentimentale e professionale, l'idea di donna – ma anche di uomo – di Antonio Tarantini, autore di ATXV. Milanese, è cresciuto negli uffici stile della couture di Dior negli anni d'oro di John Galliano, di Dolce & Gabbana e Versace. Per quanto possa sembrare un acronimo in diretta dal futuro prossimo, il nome del brand è sinonimo di un legame affettivo tra i più antichi, quello tra il fondatore, (A)ntonio, e sua nonna, (T)eresa, accomunati anche dallo stesso giorno di nascita, il 15, qui scritto in numeri romani. «Sono stato fortunato nel lavorare con i brand e i creativi sui quali fantasticavo da ragazzino» spiega Tarantini. «Affiancare John Galliano mi ha fatto scoprire come quasi tutto, persino l'oggetto più semplice e quotidiano, possa essere potenzialmente trasformato in un vestito che è un'opera d'arte, mentre Gianni Versace, avendo per metà origini del sud, era ovviamente il designer mitologico che popolava i miei sogni da ragazzino. Poi però, ho sentito la necessità di parlare in prima persona, fondando un brand la cui prima collezione è quella della prossima primavera/estate, quella del 2022». Un manifesto stilistico, il suo, che intinge il calamaio nella tela del jersey, tessuto principe della collezione, «volevo partire da una consistenza che tutti conoscono, usandone solo di certificato e sostenibile, non per una questione di tendenze, ma perché questi ultimi anni ci hanno messo di fronte alla verità che abbiamo una sola casa, questo pianeta, ed è obbligatorio prendersene cura». Un erotismo minimale, il suo, che traduce la lezione sempiterna di Helmut Lang in chiave contemporanea: ci sono top arricciati con cut out, le cui cuciture sono rifinite con siliconi recuperati, crop top che vengono dal recupero delle pezze di tessuto di solito usate in fase di test, tagliandone un buco – che qui poi diventa il collo – e sottoponendolo a lavaggi e trattamenti, e buttando il resto. «Ho sempre lavorato tra ricami ed eccessi, quindi ho una precisa consapevolezza di quanto immensi siano gli sprechi di quest'industria» spiega Tarantini «quindi ho deciso di riutilizzare tutto il possibile, creando dei pezzi che fossero speciali, senza urlare, come nel caso della felpa che può essere indossata al contrario diventando una sottoveste». Questo non esclude l'utilizzo di materiali più eccentrici, come il lurex – metà seta, metà viscosa che si traduce su pantaloni morbidi con piega centrale, o in shorts da palestra. Una linea che gioca su incroci, sovrapposizioni, ineguaglianze, volutamente accentuate dal suo creatore, nella consapevolezza che «la nostra stessa fisionomia è asimmetrica, fa parte della bellezza imperfetta della natura, che ho deciso di celebrare e sottolineare».

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La collezione di ATXV per la primavera/estate 2022

E se Jurgen Çanaku ha un nome che parla poco di italianità – lo stato di nascita è l'Albania – il suo percorso come buyer lo ha esposto sin da subito all'eleganza made in Italy. La sua linea, Çanaku, al debutto con questa stagione estiva, è prodotta totalmente nel Belpaese, seguendo le leggi sempiterne, e sempre valide, della sartoria napoletana, evidenziando un gusto rétro, che guarda ad una delle prime tra le icone del rock, ispiratore inconsapevole del neologismo che avremmo coniato solo 50 anni dopo dalle sue scorribande sui palchi, e nei locali di mezzo mondo, ossia la fluidità. Con Mick Jagger come santino stilistico al quale votarsi, il guardaroba della collezione di debutto (per il prossimo autunno 2021) si costituisce di camicie con collo lavallière o in seta con motivi geometrici, doppiopetto in velluto senape, da indossare, con una sensualità sfacciata, senza molto altro sotto, e pantaloni dai volumi morbidi. Una collezione completata da maglieria in lana merino o cachemire, tradotta su cromie bruciate dal sole, avana, delicati pervinca e stampe pitonate, che, pur configurandosi come "dedicata a lui", sarà di certo soggetta all'acquisto compulsivo anche da parte di una lei alla ricerca del blazer over, o della camicia maschile apparentemente rubata al fidanzato.

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Canaku, autunno/inverno 2021-2022

E ispirata ad una donna che non ha per nulla paura del rapporto con il proprio corpo, è anche Belfiori couture, creazione di Beniamino Belfiori, designer italo-greco classe 1996. Diplomato in fashion design all'Accademia Italiana di Firenze, si è fatto le ossa lavorando in sartoria, per poi lanciare il suo brand nel 2019. La collezione per quest'autunno inverno si ispira ad una tra le donne più coraggiose della mitologia erotico-politica italiana, Moana Pozzi. «Quando ho rivisto un programma del 1994, Tutte donne meno io, condotto da Pippo Baudo, nel quale Moana scendeva le scale con un abito rosso ricoperto di glitter di cui era impossibile capire la tenuta aerodinamica, sono rimasto folgorato» spiega Belfiori. «Durante l'intervista, poi, una donna dal pubblico le chiese se avesse mai avuto fidanzati gelosi del suo lavoro, una domanda alla quale Moana rispose con il suo solito charme flemmatico, sostenendo che in questo caso la gelosia era inevitabile, anche in chi si professava moderno e di ampie vedute, ma che lei cercava di vederne la parte bella. In un altro caso, negli anni del Partito dell'Amore, nel quale militava insieme alla collega Cicciolina, venne intervistata da un giornalista che le chiese "perché dovrebbero votare per lei?". Una provocazione alla quale, adagiata su una sedia con un vestito in jersey che le copriva appena le gambe, rispose con grande serenità "e perché non dovrebbero?". Quella sua incapacità di vergognarsi di se stessa, nonostante fosse sotto il mirino delle critiche per qualunque sua scelta, come accade, in gradi diversi, un po' ad ogni donna, era ammirevole ieri come oggi. Per questo la collezione è uno studio tessile sugli Anni 90 dai quali lei veniva, e si traduce su vestiti in crêpe di seta che aderiscono in maniera naturale al corpo, arricchiti da cristalli ricamati, pizzo tradotto su intimo da portare a vista o su vestiti see-through, pantaloni in rasone con piume sul finale, body con maniche ampie». Un'ode a una donna coraggiosa, che, come Moana, si rifiuta di farsi definire dalle stereotipie, coltivando una sua estetica, seppur parecchio edonista, e che si può replicare acquistando il brand sul suo e-shop, su Seezona – online store svedese dedicato esclusivamente ai designer emergenti – o nel tempio estivo dell'esposizione orgogliosa di estremità preferibilmente abbronzate, lo store Tribù all'interno del Twiga di Forte dei Marmi.

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Belfiori, a/i 2021-2022