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La storia dello stile preppy, dai maglioni (rubati) di JFK al teak delle barche di famiglia

Analisi (+ nuovi brand che ricalcano il mito) di uno stile che ha toccato First Lady, nuove serie tv, classi sociali e poteri intellettuali.

Di Giuliana Matarrese
Princess Diana Jeans Cowboy Bootspinterest
Tim Graham//Getty Images

Ab originem dello stile preppy, ci fu un libro. Certo, quello stile fatto di gingham, cardigan in tweed e blazer blu navy, era già nato in maniera informale negli Anni 60 ed era stato portato sul grande schermo dalla serialità televisiva di Happy Days, ma come qualunque fenomeno di stile, culturale, o persino politico, che si rispetti, trovò la sua definitiva consacrazione tra le pagine di un manoscritto che divenne involontariamente manifesto del Preppy. Si chiamava The Official Preppy Handbook (la prima edizione risale al 1980) e a firmarlo furono diversi autori, che, a quello stile di vita, così come a quel guardaroba, avevano aderito. Carol Wallace, Lisa Birnbach, Mason Wailey e Jonathan Roberts su quelle pagine puntellate di ironia davano indicazioni ben precise su come coltivare la propria Jacqueline Kennedy interiore: da dove andare al college, e poi all'università (Ivy League de rigeur, meglio se per i college si sceglieva tra le Seven Sisters, gruppo elitario di scuole femminili affiliate alle università maggiori, come la Vassar, che ha avuto tra le sue alunne proprio Jackie e Meryl Streep), a come arredare la propria camera al dormitorio, passando per i corsi da frequentare, dove andare in vacanza (Martha's Vineyard e New Haven sempre ai primi posti della lista), come fare festa, e ovviamente, dove e cosa comprare.

Se l'intento era quello di fare un po' di necessaria autoironia su vizi e ossessioni di una certa fascia sociale, il risultato fu quello però di rendere quello stile di vita desiderabile, e anche ottenibile. Costruito come una guida pratica, per addentrarsi e mimetizzarsi tra i Wasp che si muovevano, costantemente a loro agio tra i sentieri in erba di Yale e il teak delle barche a vela di famiglia, alcuni imprenditori con il fiuto per gli affari, ne approfittarono, costruendoci redditizi business: Arthur Cinader, ad esempio, sulla scia del successo letterario, fondò J. Crew, mentre L.L. Bean, citato nel libro come “mecca del preppy”, vide un significativo aumento nel volume d'affari, passando da essere una piccola realtà locale a prodotto di massa. Perry Ellis e Lily Pulitzer, brand nati in quegli anni, in realtà, guardavano ad Oleg Cassini, romano dalle radici russe che, in un giro del mappamondo eclettico, trovò fortuna in America, divenendo il prediletto di Jacqueline Kennedy negli anni da First Lady. Quei maglioni in cashmere rubati dall'armadio di JFK, o di fidanzati che facevano Vanderbilt di cognome – e a volte Archibald di nome – quei costumi a righe o quadri vichy; quelle borse da weekend in tela dove si ricamavano, rigorosamente, le iniziali; il blazer ricordo dell'università, di cui si nota lo stemma sul petto, sono divenuti mantra stilistici poi di Ralph Lauren, Tommy Hilfiger e Brooks Brothers – che in effetti aveva già dei punti vendita all'interno dei campus di Yale e Harvard. Il revival più recente, è stato quello di una decina d'anni fa, con quello stile portato dalle residenze estive e ai campus alla Grande Mela da Blair Walford e Serena Van der Woodsen, menti machiavelliche dell'high-society newyorchese in Gossip Girl. E chissà che, dopo l'annunciato reboot della serie tv, non torni nuovamente anche negli armadi. Trapiantato anche nel regno d'Albione, la sua rappresentante inglese fu senza dubbio Lady D, che negli Anni 90 indossava gingham pants rosa, da abbinare a cardigan in cashmere ton sur ton e mocassini bianchi. Dall'altra parte del cielo, se gli uomini aderenti al movimento e alla religione del country club hanno trovato le loro divinità di riferimento in JFK e Paul Newman, tra gli esponenti moderni, ci sono di certo l'english (golden) boy Eddie Redmayne, molto a suo agio nei panni dello studente universitario con blazer navy e cardigan in lana intrecciata, futuro Stephen Hawking ne La teoria del tutto. Un guardaroba che gli è calzato a pennello, al punto da indossarlo poi anche fuori dal set del film per il quale ha vinto l'Oscar. Oggi, quel fascino da élite, persiste ancora, e con le dovute modifiche, quei grandi classici si indossano al mare – anche se non si è residenti a Yannis Port – o in città. Eccoli, allora, i i 4 capisaldi dello stile preppy aggiornati al 2019...

1

Beachwear in stile preppy

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Abbasso il poliestere, viva i tessuti naturali, e se ci sono cinte in vita, meglio. Hunza G è un marchio londinese che fa rivivere l'eleganza dei Fifties, con delle linee aggiornate agli Anni 10. Il costume intero (160 euro su Luisaviaroma.com) in cotone organico arricciato ad arte, piace alle epigoni di Jackie Kennedy.

2

Giacca in stile preppy

Se il preppy avesse un cognome, sarebbe di sicuro quello di Hilfiger. Impossibile non citarlo quando si parla di varsity jacket. Il modello da indossare le sere d'estate, quando si abbassa la temperatura, è in lana e cashmere (349 euro su tommy.com).

3

Scarpe in stile preppy

In estate, i mocassini si indossano solo in suède, per non rovinare il legno delle barche. Quelli di Mansur Gavriel si declinano in toni pastello o bruciati dal sole (260 euro su MansurGavriel.com).

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4

Blazer in stile preppy

Via gli stemmi e i gagliardetti. I blazer blu (455 euro su Theory.com) si indossano anche dopo il college, a patto che siano minimalisti come quelli di Theory, in lino o seersucker. Altolà, poliestere.

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