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Moda etica & Africa: i nuovi marchi di moda indipendente da conoscere

Usano tessuti wax o dipinti a mano con tecniche artigianali, hanno un design contemporaneo e producono in Africa cercando di sostenere i talenti e le comunità locali.

Di Laila Bonazzi
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Courtesy Endelea

Lo storytelling sulla creatività africana si è fortunatamente rafforzato anche alle nostre latitudini. Trovano sempre più spazio i racconti sull'arte e la letteratura contemporanea africana, sulla new wave di fotografi e di registi, sulle modelle africane che dominano le passerelle come Adut Akech, sulle donne, le attiviste e le politiche che abitano questo continente. E, ovviamente, si parla molto di moda africana. Il tessuto wax, dalla storia complessa e affascinante, è parte dell'immaginario della moda africana e alcuni brand indipendenti nati in Occidente lo usano per produrre capi e accessori in maniera etica, in Paesi come Mali, Ghana, Kenya, Malawi. Ne abbiamo scelti 5 per chi vuole provare a osare un abito, un accessorio o anche una giacca trapuntata dalla stampa unica, in colori accesi o in toni della terra più sfumati.

Endelea, per esempio, è un brand italiano che produce in Tanzania, fondato a Milano da Francesca De Gottardo: «L'idea nasce da un'esperienza personale. Ero in viaggio in Zambia e avevo comprato un tessuto stupendo ma la sarta locale non l'aveva tagliato bene e quindi alla fine non l'ho mai indossata. Ho pensato che sarebbe bastato farla disegnare a qualcuno con un gusto più vicino al mio». Francesca Cosentino, invece, sognava da tempo di unire la passione per la moda alla sua conoscenza del Senegal: ha fondato Waxewul, marchio con cui produce vicino Monza capi su misura e personalizzabili, ma si rifornisce di tessuti wax da comunità di donne senegalesi o acquista tessuti dipinti a mano in Mali, da artigiani specializzati in questa tecnica. Esiste poi Studio 189, un'idea dell'attrice Rosario Dawson, che fa sfilare a New York le sue collezioni confezionate in Ghana e che è ormai diventato un caso di successo portato spesso a esempio come brand che ha saputo unire business, etica e creatività. Mayamiko propone collezioni di abbigliamento, per la casa e persino pezzi di gioielleria, e contemporaneamente porta avanti progetti sociali come microcredito e salute al femminile in Malawi. Infine il brand Zuri, idea americana ma realizzata in Kenya, si è inventato un solo abito dal design iper confortevole che propone in tante varianti di stoffa, stampe e colori.

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ENDELEA: design italiano, made in Tanzania

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Courtesy Endelea

Dopo una lunga esperienza come social media manager nella moda, Francesca De Gottardo, 35 anni, ha fondato Endelea per unire il design italiano alle stoffe wax africane. Oggi vendono online e producono principalmente a Dar es Salaam, in Tanzania, ma hanno appena lanciato delle giacche wax trapuntate realizzate invece dalla sartoria di inclusione lavorativa Fiori all'occhiello di Baranzate, Milano. Endelea è una vera impresa sociale, che in Tanzania reinveste e collabora con scuole e università per fare formazione gratuita in marketing, design e modellistica. I prossimi obiettivi di Endelea, che è ancora un brand giovane, sono stabilizzare i contratti delle dieci sarte in Tanzania. Con il tempo vorrebbero produrre direttamente le proprie stoffe per proseguire su un percorso di sostenibilità e tracciabilità al 100%.

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WAXEWUL: un sogno di rinascita italiana e al femminile

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Waxewul/Alexander Pellegrin

Francesca Cosentino, 40 anni, vive nella provincia di Monza. Ha studiato arte, ma è sempre stata appassionata di cucito e sognava di sfruttare questo suo talento. La vita, poi, l'ha portata a lavorare in uno studio medico per vent'anni, finché non ha perso il lavoro. Solo allora è tornato prepotente a farsi sentire quel sogno. Questa volta si è unito alla conoscenza di un Paese lontano come il Senegal (di cui è originario il suo compagno). Oggi con le due socie Diarra e Alessandra ha fondato Waxewul, dal nome del tessuto "wax" unito alla parola in lingua wolof che significa "fortuna, buona sorte". Sono membri del circuito Sfashion che sostiene e promuove piccoli brand indipendenti e saranno presto parte di una factory collettiva con altri artigiani, recuperata da ex spazi industriali in Brianza. Oggi acquistano tessuti wax da comunità di donne in Senegal e tessuti dipinti a mano dal Mali: li utilizzano per capi su misura e personalizzati, dalla fodera alle zip. Propongono alcuni modelli ma confezionano pezzi unici tailor made che evitano gli sprechi, visto che con gli scampoli creano anche piccoli accessori.

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STUDIO 189 by Rosario Dawson

studio 189
Dan Lecca

Il brand fondato dall'attrice Rosario Dawson e da Abrima Erwiah, ex dirigente nel mondo della moda, si è fatto strada dal 2013 per il design contemporaneo unito alla forte spinta etica. Hanno base a New York, dove sfilano, e ad Accra, in Ghana, dove producono la maggior parte dei pezzi. Anche grazie alla collaborazione con l'Ethical Fashion Initiative delle Nazioni Unite hanno coinvolto comunità e artigiani in diversi Paesi africani specializzati in tecniche tradizionali di tessitura, tintura, sartoria e decorazioni di vario genere. Col tempo hanno posto sempre maggiore attenzione anche verso i materiali, puntando su fibre naturali o riciclate e colori naturali. Sono particolarmente belli i loro abiti e kimono, che reinventano ogni stagione con nuove stampe e colori. Di recente Studio 189 ha ricevuto il prestigioso premio CFDA Lexus Fashion Initiative for Sustainability, che conferma la loro storia di impegno verso la sostenibilità e la produzione etica.

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MAYAMIKO: obiettivo "zero waste"

mayamiko
Courtesy photo

Ha ottenuto il rating migliore (5 pallini) sulla app Good On You che verifica la sostenibilità e l'etica dei marchi di moda: è l'ottimo risultato di questo brand fondato da Paola Masperi. Nato come fondazione per portare avanti progetti sociali in Malawi (microcredito, salute femminile, alleviamento della povertà) è riuscito nel tempo ad affiancare a queste attività un brand di moda di successo indossato persino da Meghan Markle durante il suo viaggio in Africa nel 2019. Produce abbigliamento di ogni genere, dagli abiti ai pantaloni ai top, ma anche accessori gioielleria, pezzi per la casa. Oltre a sostenere gli artigiani locali, tra cui molte donne, e le tecniche tradizionali, Mayamiko si impegna a utilizzare tessuti di fine serie, materiali certificati biologici, tinture naturali. Gli scarti di produzione sono usati per diventare accessori per capelli o piccole borse nello sforzo di diventare "zero waste".

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ZURI: un solo abito per tutte le occasioni

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Courtesy photo

#JustOneDress è l'hashtag ufficiale di questo brand, perché producono un unico modello di abito in tanti colori e stampe, che sono in edizione limitata. L'abito è pensato per essere versatile, stare in valigia senza stropicciarsi e donare a tutte le silhouette femminili. Nasce come idea della designer americana Sandra Zhao, che ha poi trovato una spalla nell'amica Ashleigh Miller con la quale ha fondato Zuri. Gli abiti sono confezionati in Kenya con partner che garantiscono condizioni di lavoro etiche e stipendi dignitosi. Dal 2020 Zuri ha iniziato anche a produrre i propri tessuti, per avere un controllo sempre maggiore su tutta la filiera.

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